Tuffi gli uomini dei presidente

Tuffi gli uomini dei presidente Tuffi gli uomini dei presidente Scelta anche la squadra dei consiglieri personali LA BATTAGLIA DEGLI INCARICHI ROMA IMMI chi ti porti (sottinteso, a Palazzo Chigi), e ti dirò che presidente sarai... Per quanto necessariamente altezzosa, nel caso di D'Alema la rivelazione è interdetta, sospesa, soddisfatta a metà. Nel senso che non è ancora del tutto chiaro chi il neo-presidente si porterà a Palazzo Chigi, e molti dei «portabih» tendono a scappar via come lepri, o parlano per enigmi, o lasciano accese segreterie di telefonini. Quella di Claudio Velardi, ad esempio, maestro di palazzo dalemiano, l'uomo a cui si attribuisce l'elezione di D'Alema a segretario e adesso, a sorpresa, pure la realizzazione della staffetta con Veltroni al partito, è addirittura intasata di messaggi, e più non ne accetta. L'intensità del traffico conferma che ci sarà anche lui al governo: consigliere politico del presidente - ed è quasi un ritorno perché tempo fa Velardi era andato «in prestito» all'Unità, da cui poi si era av- venturosamente sfilato. Consigliere economico sarà Nicola Rossi; consigliere per la comunicazione, Fabrizio Rondòlino; il nuovo capo dell'Ufficio Stampa (e non più portavoce, il che starebbe a indicare una linea più istituzionale) lo annunciano oggi - e sarebbe il giornalista dell'Unità Pasquale Cascella. Capo della segreteria, Nicolino La Torre. Gianni Cuperlo, ghostwriter e sondaggi, potrebbe invece restare al partito, magari al posto della Melandri (Informazione). Questi gli incarichi più politici. Che sono anche, com'è ovvio, quelli su cui più si taglia, si cuce e si ricama nel partito e fra i giornalisti. Minniti, Velardi e Rondolino, che portano tutti e tre i capelli molto corti, sono più o meno simpaticamente considerati i Lothar di D'Alema. Anche qui la definizione starebbe a indicare una loro supposta brutalità, oltre a una dedizione che nei comportamenti si è manifestata più nei confronti del Capo che del partito. Questo ha già creato delle grane: lettere di protesta dei dirigenti che si sentivano esautorati o scavalcati, ironie sulla carta intestata «staff del segretario», misteriosi allontanamenti o libere prese di distanza. Va da sé che le grane rientrano a pieno titolo nella logica stessa dello staff. Chi l'ha studiata - il terribile professor Murray Edelman, ad esempio, in America - ritiene che a favorire le dinamiche intervengano titoli, cariche, disposizioni e addirittura dislocazioni di spazio (quindi, nel caso di Palazzo Chigi, stanze più o meno vicine al presidente). Più in alto si sale nella gerarchia, comunque, e meno diventa chiara la distinzione tra decisioni del leader e dello staff. Di solito questo comporta che la squadra presidenziale, come ha scritto Régis Debray, sia vissuta all'esterno come «clan», «cricca», «camarilla», «banda» e «guardia pretoriana» - l'abbondanza e la varietà delle definizioni dimostrando quanto sia frequente il caso in questione. D'altra parte, i politologi americani o francesi sono del tutto superflui rispetto al ricordo del clan andreottiano, dei demitiani I nomi che circolano all'interno della Querciasono quelli di Minniti Velardi e Rondolino Ironie e malumori fra i dirigenti Ds che si sentono un po' esautorati

Luoghi citati: America, Roma