D'Alema, primo esame: oggi la fiducia

D'Alema, primo esame: oggi la fiducia D'Alema, primo esame: oggi la fiducia // centrodestra rifiuta il dialogo: gente spregiudicata ROMA. E' rassicurante, misuratissimo, con un discorso calibrato al millimetro il presidente del Consiglio Massimo D'Alema davanti ai deputati ai quali chiede la fiducia per il suo governo. E' persino sottotono rispetto ai suoi standard, comI plice Ja voce arrochita dalla stanchezza. D'Alema deve rassicurare troppi fronti. Dal mondo cattolico che ancora ce l'ha con gli ex comunisti («non schiacciateci sul passato»), ai governi esteri, alle varie opposizioni il cui aiuto è necessario per approvare le riforme, per non parlare dei variegati alleati. Ivi compresi i suoi compagni di partito, i diessini, che seguono col fiato sospeso la pur esaltante sfida del loro primo dirigente alla guida di un governo. Perché sanno che la spina ce l'ha in mano Cossiga e che lui è tipo da togliere la corrente quando (mesi, anni?) più gli sembrerà opportuno. Tutto questo c'è nel fondo del discorso di un'ora di Massimo D'Alema alla Camera, dove oggi otterrà la fiducia dopo un rapido dibattito. Onestamente realista, il premier ammette che questo governo «contiene un tratto di eccezionalità», che non è stato scelto dagli elettori e che «la crisi del sistema è ancora irrisolta». Il contrario di quel che sosteneva Prodi, secondo il quale le elezioni del 1996 erano state sufficienti per chiudere col passato. D'Alema, no, non ci crede. E non ci credono neanche gli alleati vecchi e nuovi, che tributano un lunghissimo, caloroso applauso a Prodi (quando D'Alema lo cita), ma con la coscienza che si tratta di un addio. E' il sistema dei due poh contrapposti che scricchiola, instabile sulle stampelle della legge elettorale vigente. D'Alema sa che bisogna andare avanti con la riforma e ci riprova a convincere Berlusconi. Ma il Polo, al momento, rifiuta ogni dialogo, accettando il rischio (per lui) di rendere più compatta, con la sua dura opposizione, la composita maggioranza. Mentre Berlusconi ribadisce: «Siamo di fronte ad un'operazione spregiudicata che non si può passare sotto silenzio». E Pisanu annuncia cche il Polo ritirerà il proprio assenso alla sede legislativa in commissione per le proposte di legge per le quali era già stato con- cesso e «dirà no a qualsiasi altra ulteriore richiesta». D'ora in avanti anche le cosiddette leggine dovranno passare per l'Aula. Sarà il referendum di Segni contro la quota proporzionale, probabilmente, a far superare a D'Alema (che ne parla) le resistenze di tanti suoi alleati contro l'allargamento del sistema maggioritario. Nel dibattito in aula stanno intervenendo tutti i 174 parlamentari polisti, parlando ciascuno per due minuti. Ma non pronunziando tutti lo stesso discorso, come Berlusconi avrebbe voluto. Lo spirito liberale, si potrebbe dire, ha prevalso sul proposito dirigista del capo. Sembrava in imbarazzo il Polo ieri, di fronte alle grandi e cortesi aperture di D'Alema per «un dialogo franco, aperto e leale». Imbarazzato a rispondere con durezza nel dibattito e a creare il giusto clima di mobilitazione per la manifestazione di domani a Roma, inizialmente indet¬ ta per contestare il governo Prodi, che ora non c'è più. L'imbarazzo deve essere stato anche dell'oppositore all'estrema sinistra, Fausto Bertinotti, al quale D'Alema ha rimproverato di non avere speso per lui neanche una parola di solidarietà. Parola, va sottolineato, che spende persino Occhetto, il quale dice sì a D'Alema ma, se potesse, direbbe no alla sua alleanza. Ci sono diversi delusi per come si è risolta la distribuzione di ministeri e sottosegretariati. La Rete ha ritirato la firma dal programma. Di Pietro annuncia un «sì all'uomo D'Alema» ma no alla alleanza e da libertà di voto ai suoi. Il repubblicano Giorgio La Malfa dice che rimarrà a guardare «da una certa distanza». Lo scontento delle microformazioni minori porta il numero di alleati di D'Alema da dieci a sette partiti. Che sono sempre tanti. Soddisfatti sono, invece, gli uomini della Lega. Come si era già capito, D'Alema sta lavorando concretamente per agganciare Bossi e così il suo discorso di ieri è stato giudicato (da Roberto Maroni) pieno di «interessanti aperture». Tra i contenti, secondo il capogruppo dei ds, Mussi, ci dovrà essere anche il regista Nanni Moretti, visto che «di cose di sinistra D'Alema ne ha dette tante, oggi...». Sono certamente soddisfatti i popolari di Marini che guardano i loro Mattarella e Jervolino che stanno da una parte e dall'altra di D'Alema in aula, quasi a tenerlo sotto controllo, come dice scherzando Frànceschini. Di certo gioiscono i politici della Udr, che hanno incassato quattro ministri e nove sottosegretari. Una pattuglia che, a ben vedere, costituisce un'assicurazione sulla vita del governo, perché è da vedere Cossiga che li convince a rinunziare agli incarichi per andare alle urne. Alberto Rapisarda Micheli all'ex premier «Hai fatto dire che sono ministro per merito dei partiti: è una bugia» L'ostruzionismo forzato del Cavaliere irrita Rebuffa, Frattini e Tremonti Rito con scaramanzia Ieri sera «Striscia la notizia» ha mostrato che il neo ministro per gli Affari Regionali Katia Belillo ha accompagnato la formula del giuramento davanti al presidente Scalfaro con il gesto delle corna Il premier parla un'ora all'insegna del realismo: «La crisi del sistema è ancor

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