«Gattopardo», una storia in pubblico di Osvaldo Guerrieri

«Gattopardo», una storia in pubblico Comincia questa sera a Torino una lettura teatrale in 13 puntate con due dibattiti «Gattopardo», una storia in pubblico Vitalità di un romanzo e drammi politici della Sicilia —Tri TORINO Il UESTA sera alle 18 coI I mincerà al Carignano la I I lettura integrale del GatY I topardo. Per tredici giorV ni, domeniche e lunedì esclusi, la compagnia dei «Giovani» del Teatro Stabile di Torino, istruita da Andrea Battistini, si inoltrerà nella Palermo abbagliante e mortuaria della conquista garibaldina, in quel gomitolo di storie con cui Giuseppe Tornasi di Lampedusa mise a fuoco un'epopea privata che si specchiava in una seconda epopea, pessimisticamente politica. Attraverso le vicende del principe di Salina, della sua famiglia e del minuscolo entourage ecclesiastico e borghese, Tornasi di Lampedusa raccontava il passaggio della Sicilia da una monarchia all'altra, da quella borbonica alla sabauda. La lettura teatrale del romanzo, pubblicato quarant'anni fa da Feltrinelli dopo la tortuosa vicenda dei rifiuti editoriali e dopo la morte del suo autore, fornirà l'occasione per rimeditare un'opera sulla quale il dibattito critico non si è mai interrotto (le ultime bordate sono state esplose, con polveri un po' stanche, nella scorsa estate). Permetterà anche di entrare nella complessa storia umana di Giuseppe Tornasi e di ragionare su quella sua Palermo che sembra destinata a nutrirsi di drammi e di sangue. Ieri era il corpo del soldato borbonico venuto a morire nel giardino del principe, oggi sono le vittime della mafia. Ecco perciò, domani alle 17, al Circolo della Stampa, la presentazione del volume di Gioacchino Lanza Tornasi Giuseppe Tornasi di Lampedusa - Una biografia per immagini (Sellerio), cui parteciperanno, oltre all'autore, figlio adottivo di Giuseppe Tornasi, il nipote del principe, Boris Biancheri, e il critico letterario Lorenzo Mondo. Sabato alle 20,45, al Carignano, uno Speciale Gattopardo radunerà il giudice Giancarlo Caselli, l'editore Carlo Feltrinelli, Gioacchino Lanza Tornasi, padre Ennio Pintacuda S. J. e il direttore della Stampa Marcello Sorgi. Dentro l'apparato scenografico della lettura teatrale, seduti sulle poltrone e sui divani che compongono l'arredo scenico, stimolati dalle domande di Santo Della Volpe, gli invitati parleranno senza schemi prefìssati. Ma non sarà diffìcile immaginare che il filo politico del romanzo si legherà a quello di una contemporaneità nutrita da antiche ma ricorrenti analogie. E si vedrà quanto resti attuale l'amarezza di Fabrizio di Salina. Il «principone» rifiutò la propo¬ sta del cavaliere piemontese Chevalley di impegnarsi per il nuovo Stato. Credeva nell'assoluta vanità di ogni azione politica, poiché non c'era alcuna possibilità di portare un vero cambiamento nella Storia e perché la Sicilia era paralizzata da uno scetticismo senza scampo: aveva subito troppe invasioni e conquiste per credere che la sostituzione del Savoia al Borbone potesse essere un fatto diverso da quelli del passato. Si giustifica ancora questo scetticismo? La serata di sabato sarà movimentata da brani filmati e da citazioni che possano far da esca al dibattito. Certo si rivedranno alcune sequenze del film girato nel 1963 da Luchino Visconti, specie la scena grande del ballo, nella quale entrano i personaggi cardine del romanzo: il principe Burt Lancaster, il nipote Alain Delon così pronto a profittare del nuovo clima politico, il parvenu don Calogero Sedàra (Pao¬ lo Stoppa) e sua figlia Angelica (Claudia Cardinale). Soprattutto si vedranno ampi brani di 1960: la Sicilia del Gattopardo, la prima inchiesta televisiva di Ugo Gregoretti. Quel programma non si limitava ad entrare nei luoghi segreti dei Lampedusa, nelle case e nelle ville un tempo splendide a cui la guerra inferse irreparabili mutilazioni. Cercava anche di cogliere il sentimento che la gente comune aveva di un romanzo che, due anni prima, aveva messo a rumore l'Italia letteraria. Il cameriere che serviva al caffè dove il principe andava abitualmente a scrivere («arrivava con una borsata di libri») credeva che l'illustre cliente si dedicasse all'amministrazione delle proprie terre. La villa di Donnafugata, nel 1960, era diventata il palazzo dell'esattoria, mèta di pellegrinaggi culturali. L'implacabile Gregoretti vi ascoltava sfoghi come questo: «Vengono dall'Inghilterra e dalla Germania. Ma noi abbiamo da lavorare». E domandava ai solerti impiegati: avete letto il romanzo? La risposta, tra l'annoiato e lo stizzito, era: «Tutte fesserie. Noi abbiamo da lavorare». Osvaldo Guerrieri Burt Lancaster e Claudia Cardinale