Giustìzia, la Quercia si lira indietro di Giovanni Bianconi
Giustìzia, la Quercia si lira indietro I ds: «Scelta obbligata: si dovevano accontentare le richieste di Cossutta» Giustìzia, la Quercia si lira indietro Folena: Diliberto sarà un buon ministro Ma ci sono divergenze con ipopolari ROMA. «E' una scelta positiva, Diliberto ha una personalità competente ed equilibrata», commenta Pietro Folena, responsabile giustizia dei ds in attesa di diventare coordinatore della nuova segreteria della Quercia. Ma al di là del pensiero ufficiale di Botteghe Oscure, l'annuncio contenuto nella lista dei nuovi ministri è un altro: ancora una volta i democratici di sinistra rimangono fuori dalla gestione «in prima persona» della questione giustizia. Niente Guardasigilli diessino nel governo Prodi, idem nel governo D'Alema. Con Prodi i ds non avevano nemmeno un sottosegretario, con D'Alema si vedrà stamane; intanto ci si chiede perché il partito abbia fatto questa scelta. Fino all'ultimo per la poltrona che fu di Palmiro Togliatti e poi di nessun altro comunista o post-comunista è stato in corsa Cesare Salvi, capogruppo al Senato. Ma alla fine, anche quando era pronto a rompere gli indugi che lo spingevano a rimanere al Palazzo Madama, s'è dovuto fare da parte. Qualcuno - dentro il partito racconta che non ci sono retroscena, se non il prezzo politico che i ds hanno dovuto pagare alla nascita del governo D'Alema: i cossuttiani chiedevano, come l'Udr di Cossiga, un ministero di peso, e nella scacchiera disegnata dal nuovo premier l'unica casella libera rimaneva la Giustizia. Non un rifiuto a mettere in campo un proprio uomo di punta in un dicastero «caldo» e di prima linea, dunque, ma una rinuncia in nome dell'accordo di maggioranza. Qualcun altro - fuori dal partito, ma non solo - la spiega in maniera diversa. Lo stesso D'Alema sarebbe stato favorevole a non occupare con un diessino (e per di più suo fedelissimo come Salvi) un ufficio che sarà sicuramente al centro di pressioni, tensioni e polemiche, visti i problemi sul tappeto. Se si vorrà cercare un dialogo con l'opposizione per le riforme, difficilmente la questione giustizia potrà restarne fuori. E allora? Allora né un ds né un popolare, ma un nome dell'area cossuttiana che da un lato viene dalla cultura garantista autentica, e dall'altro non è certo sensibile a tentazioni da «colpi di spugna». Le vicende interne ai comunisti italiani hanno fatto cadere la scelta su Diliberto, ma se si fosse schierato con Cossutta il designato sarebbe stato Giuliano Pisapia, apprezzato presidente della commissione Giustizia della Camera. Per un po' è stato in lizza anche l'ex-vicepresidente del Csm Carlo Federico Grosso, ma c'era la volontà di ridare il ministero della Giustizia a un politico, il che non accadeva dai tempi di Claudio Martelli, a parte la parentesi polista di Alfredo Biondi. In ogni caso, le due versioni su come si è arrivati a Diliberto non contrastano tra loro, e alla guida del ministero di via Arenula approda un giovane esponente poli¬ tico (ha compiuto 42 anni la scorsa settimana) che di recente ha dichiarato: «L'attacco contro i magistrati e la strumentalizzazione continua di ogni fatto giudiziario sono cose gravissime e inaccettabili», ma anche: «L'idea che tutti i problemi si risolvano dando poteri ai magistrati è la negazione della democrazia», e ancora: «Io appartengo a quella categoria di politici che ambisce a far fare ai magistrati il loro mestiere». I temi già segnati sull'agenda del neo-ministro sono gli stessi che da anni agitano il mondo politico, e sui quali s'è infranta la Bicamerale: la distinzione quantomeno delle funzioni tra giudici e pm, la riforma del Csm, e più di recente la commissione d'inchiesta su Tangentopoli, oltre al mai sopito dibattito sull'amnistia. Tenendo sempre d'occhio il rapporto conflittuale tra la politica e le toghe, anche se ieri i vertici dell'Anm (ancora alle prese con il caso Almerighi) si sono limitati a registrare la novità «senza pregiudizi». Con i ds che hanno deciso di restare fuori da via Arenula e l'opposizione che annuncia battaglia («Se è vero che è finita la guerra fredda, con questo ministro per la giustizia inizierà la guerra calda», dice Mantovano di An), Diliberto dovrà tener conto anche del resto della maggioranza. A parte l'ombra di Cossiga, nella squadra di D'Alema c'è pure quell'Ortensio Zecchino che alla commissione Giustizia del Senato finiva per schierarsi più spesso con il Polo che con l'Ulivo. A lui è toccata la Ricerca scientifica, ma quando si discuterà di giustizia in consiglio dei ministri difficilmente rimarrà in silenzio. Le divergenze coi popolari sono esplicite su questioni come le droghe leggere e l'indulto per gli ex-terroristi, anche se Pietro Carotti, responsabile Ppi, è ottimista: «Certo le nostre posizioni non possono dirsi sovrapponibili, ma un punto di sintesi si troverà». Oliviero Diliberto è consapevole di ciò che l'aspetta, e dopo il giuramento commenta: «E' una bella rogna, ma io ho le spalle larghe». Giovanni Bianconi Carotti (Ppi) ottimista «Su droghe leggere e indulto ai terroristi siamo su posizioni lontane, ma riusciremo a trovare una sintesi» li neo ministro della Giustizia Oliviero Diliberto (Comunisti Italiani)
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