NATO PER DURARE

NATO PER DURARE NATO PER DURARE SAREBBE prematuro dare un giudizio sul governo D'Alema prima di averlo visto all'opera. Ma da subito, la composizione della lista dei ministri suggerisce una chiave di lettura. Un governo con tre ex presidenti del Consiglio, sei ministre (giovani, meno giovani e di lungo corso), il Viminale per la prima volta al femminile, la trojka economica riconfermata, un sapiente mix di vecchio e nuovo, Prima e Seconda Repubblica, prodiani e veltroniani che entrano al posto di Prodi e Veltroni usciti, partiti in più, alleati in più, ministeri in più: bene, un governo così, sembra nato apposta per durare. Il ritorno al metodo tradizionale delle coalizioni (e delle spartizioni) contrassegna insieme realismo e ambizione di metter su un esecutivo per la seconda parte della legislatura. D'Alema non a caso ha dichiarato: «Mi sento soddisfatto, nella situazione data». E tuttavia proprio quelli che, al di là di diversi giudizi estemporanei, appaiono come fattori di forza del nuovo governo, in futuro potrebbero rivelarne i limiti. Le limature, gli accomodamenti, l'accorto dosaggio delle rappresentanze, l'unione dei contrari, la scansione dei tempi fino all'immancabile lunga notte d'assedio per le poltrone, saranno serviti a consolidare le fondamenta. Forse pure a cancellare quell'ombra di usurpazione che ha accompagnato le prime trattative per la successione. Ma se dar spazio a tutte le componenti, diluire i contrasti e realizzare un miracolo di equilibrio comporta adesso rallentare i tempi delle decisioni, e sottometterle a lunghe mediazioni, D'Alema rischia di allungare all'infinito i tempi, già interminabili, della transizione italiana.

Persone citate: D'alema, Prodi, Veltroni