La Fenice affoga fra le carte bollate

La Fenice affoga fra le carte bollate POLEMICA. l'impresa designata è ferma: aspetta le deroghe dal Comune e c'è il timore di un nuovo ricorso La Fenice affoga fra le carte bollate VENEZIA DAL NOSTRO INVIATO Il cantiere deserto, l'altissima gru immobile dentro le mura perimetrali (le sole a essere rimaste in piedi) il teatro avvilito nella gabbia delle impalcature. Ecco cos'è, ora, la Fenice: un perimetro vuoto, devastato come le cattedrali irlandesi abbattute da Cromwell. La cenere, dal 29 gennaio 1996, prevale sul simbolo della rinascita. 1 lavori, iniziati nel giugno del '97 dall'Impregilo (che fa capo alla Fiat) su progetto di Gae Aulenti, erano stati bloccati dal Consiglio di Stato nel febbraio scorso. Motivo: nonostante i tempi più brevi e il costo minore rispetto ai concorrenti, il progetto non comprendeva la ristrutturazione degli edifici comunali nell'ala Sud, concentrandosi sul Gran Teatro. Pochi giorni fa la Commissione per la salvaguardia di Venezia - che riunisce la Regione Veneto e tutti gli enti della città, dal Comune alla Soprintendenza - ha in pratica assegnato i lavori all'impresa Holzmann-Romagnoli, seconda classificata nel bando per la ricostruzione. La ditta si affida a un progetto di Aldo Rossi - scomparso l'anno scorso - ma la riapertura del cantiere rimane incerta. L'ala sud è il trabocchetto che ha ingoiato i progetti della decina di imprese in lizza per l'appaltoconcorso: un rompicapo che comprende un appartamento comunale, due appartamenti privati e il magazzino dell'Antico Martini. Considerarlo o no nei lavori? Quasi tutti l'hanno escluso. Non lo fece Aldo Rossi, che lavorò in particolare su un cortile interno, da far rivivere come sala per le prove dell'orchestra e del coro e come sala autonoma per concerti da camera. Però il progetto prevede una copertura, che non può essere eseguita se non in deroga alle leggi del Comune. Perciò, dopo l'ap provazione della Soprintendenza, si è in attesa di altre approvazioni da parte del consiglio comunale. Ancora deroghe, ancora carte bollate, ancora il pericolo di ricor- si: la Fenice non rinasce più, è la grande paura di chi ama la cultura italiana e dei veneziani, che per ora affollano il PalaFenice e combattno con acqua, fuoco e burocrazia. «La grande opera di Venezia finisce in farsa», ha scritto Vlndependent. Quattro milioni di dollari - ha precisato The European ricordando la colletta internazionale per la Fenice - finiti fra ceneri di scandalo». Secondo Pier Luigi Cervellati, docente all'Istituto di Architettura di Venezia, il rifacimento «com'era dov'era», cioè la copia fedele del monumento, si sarebbe potuto fare anche senza bando, con la semplice «garanzia tecnica» di qualche grande nome. «Il progetto di Rossi - spiega Gae Aulenti - è sottoposto a varianti e deroghe: ciò dimostra che all'inizio non rispettava il bando, quindi la comissione selezionatrice ha sbagliato profondamente nei conteggi. Adesso i nodi vengono al pettine, si va in deroga su tutto, a cominciare dall'aumento del volume. Invece il nostro progetto soddisfaceva tutte le domande espresse nel bando, e anche le leggi della città di Venezia». Ma la Commissione per la salvaguardia ha deciso così, punto e a capo. Il presidente Impregilo, Franco Carraro assicura: «Chiederemo il risarcimento delle spese sostenute, ma non faremo ricorsi. Auguriamo alla Holzmann che le cose vadano bene, sperando che la Fenice si riedifichi il più presto possibile. Se ci verrà richiesta collaborazione la daremo, ma le cose non sono facili. E' una situazione kafkiana, nata per colpa del precedente prefetto, Giovanni Troiani: ha avuto da una legge dello Stato poteri straordinari e ha deciso di non usarli. Avrebbe potuto decidere lui: "Ecco il migliore architetto, ecco la migliore impresa". Come grand commis dello Stato, ha anche usato male i poteri ordinari, perché ha pubblicato un bando e ha dato pochi chiarimenti». Tutti i problemi, prosegue Carraro, sono nati di lì: «Se non se la sentiva di applicare una legge italiana e accettare la nomina a commissario straordinario, doveva andarsene. Questa triste vicenda viene pagata dalla cultura, da Venezia, dall'immagine del nostro Paese all'estero. Ci concediamo sprechi che altri Paesi, ben più ricchi, non si permettono: in tutti i Paesi europei, quando viene assegnata un'opera ad un'impresa e qualcuno ricorre, lo Stato non annulla il già fatto, ma risarcisce la ditta danneggiata e lascia continuare i lavori. Solo da noi si ricomincia tutto daccapo». Davanti ai ruderi della Fenice tutto sembra davvero assurdo. Gae Aulenti ormai non ci pensa più: «Dopo "la stangata" ho fatto di tutto per dimenticare». Dimenticare Venezia, allora, come i giapponesi e gli americani che passano in campo San Fantin e non degnano di uno sguardo la Fenice sepolta dai ponteggi. La sua anima è sparsa in decine di cassoni pieni di decori, metalli ornati, frammenti di affreschi e di stuc¬ chi, diaspora che ricorda le pietre della cattedrale di Noto. Nel settembre '99 era previsto nella nuova Fenice il concerto inaugurale di Riccardo Muti, ma il Duemila passerà senza l'inaugurazione del teatro più amato del mondo. La ditta Carena, terza classificata, ha già annunciato ricorso. Carlo Grande Gae Aulenti e la Impregilo: «Il nostro progetto rispettava il bando e le leggi, ma non ci appelleremo» Gae Aulenti, il suo progetto di ricostruzione della Fenice per la Impregilo è stato bloccato dal Consiglio di Stato Sopra la facciata della Fenice ingabbiata dalle impalcature; qui accanto il teatro nei giorni successivi al rogo

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