Giustizia: Salvato

Giustizia: Salvato Commercio estero Ci va Fassino ROMA. La giustizia, sempre lei. Ha reso impossibile la vita nella Bicamerale, sta complicando la nascita del governo D'Alema. Proprio la casella del dicastero di via Arenula è stata fino all'ultimo la più incerta. Nell'equilibrio dei ministeri principali il posto che era di Flick, sostenuto dai prodiani, sarebbe spettato a un diessino. Naturale la candidatura di Cesare Salvi, appassionato cultore della giustizia e presidente dei senatori della Quercia. D'Alema sarebbe stato anche d'accordo. Finché non è esplosa l'ira dei necomunisti, arrivati al punto di minacciare l'uscita dal governo se non avessero avuto due ministeri, uno dei quali di serie A. E, visto che gli Esteri restano a Dini, l'Interno andrà alla ppi Rosa Russo Jervolino e la Difesa certo non può essere affidata al partito di Cossutta, notoriamente anti-Nato, ecco che la Giustizia è finita nel mirino del Pdci. Così per tutto il giorno è stato un alternarsi di voci che davano Oliviero Diliberto in vantaggio su Ersilia Salvato e viceversa. Finché a tarda sera quest'ultima risultava in vantaggio. E nonostante Nerio Nesi abbia dichiarato di volersi ritirare, la Ersilia Salvato sua candidatu ra resta per Enrico Letta Trasporti, dove però avanza l'ex ministro del Lavoro Treu. Altra spina per D'Alema, l'Udr. Per far contento Cossiga il premier incaricato avrebbe deciso di sacrificare uno dei colonnelli di lungo corso della Quercia, Piero Fassino. Fino a ieri era dato per certo alla Difesa, ma dovrà ripiegare sul Commercio con l'estero: a palazzo Baracchini andrà Carlo Scognamiglio. In più l'Udr riuscirebbe a piazzare Salvatore Cardinale, vicino a Mastella al posto di Maccanico alle Comunicazioni. Mentre la terza anima del partito, uscito di scena Rocco Buttiglione, sarebbe Guido Folloni, ai rapporti col Parlamento. L'ex segretario del Cdu voleva fortissimamente la Pubblica Istruzione, ma non c'è riuscito per i veti congiimti di diessmi, popolari di sinistra e prodiani. Alla Scuola l'estera Luigi Berlinguer, sia pure orbato di Università e ricerca scientifica, dove andrebbe il senatore ppi Ortensio Zecchino. Effimero come una bolla di sapone il caso di Emma Bonino. Coiteggiatissima da D'Alema, alla fine, sia pur a malincuore, avrebbe rifiutato le Politiche Comunitarie, ministero «intermittente» riesumato apposta per lei. A questo punto lo prenderebbe uno dei due vicesegretari di Marini, Enrico Letta. I popolari mantengono comunque Rosy Bindi alla Sanità, oltre alla vicepresidenza del Consiglio, con Sergio Mattarella, mentre lo spodestato Andreatta ambirebbe a diventare capogruppo alla Camera. I prodiani conserverebbero due caselle, con Enrico Micheli ai Lavori Pubblici (avrebbe la meglio sul diessino dipietrista Antonio Bargone) e De Castro all'Agricoltura. Anche lo Sdi di Boselli otterrebbe alla fine una poltrona, quella della Funzione Pubblica, lasciata da Franco Bassanini che è stato promosso sottosegretario alla presidenza insieme a Marco Minniti, da sempre braccio destro di D'Alema. I Verdi, oltre a Edo Ronchi all'Ambiente, sicuro dall'inizio, otterrebbero di piazzare alle Pari opportunità Laura Balbo, sociologa della sinistra milanese. I diessini manterrebbero invece la Turco alla Solidarietà Sociale, mentre Bersani all'Industria e Bassolino (ancora non è chiaro se finirà al Lavoro o al Mezzogiorno) dovrebbero garantire una politica forte in un settore cruciale per la sinistra. La Quercia manterrebbe anche la Cultura dove si fa il nome della new entry Giovanna Melandri, vicina a Veltroni Maria Grazia Bruzzone Piero Fassino Giustizia: Salvato Enrico Letta Piero Fassino Ersilia Salvato

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