Nella giornata dei ricatti vincono gli eredi della Dc

Nella giornata dei ricatti vincono gli eredi della Dc salirà al Quirinale stamani. Forse nel pomeriggio il giuramento, venerdì la fiducia Nella giornata dei ricatti vincono gli eredi della Dc DALLA LA nuova moda della seconda Repubblica, quella che obbliga a rivendicare le poltrone a viso aperto, ha complicato tutto. Gli ha fatto fare, scomporre, e rifare chissà quante volte la compagine di governo. Gli eredi del Psi - quelli che hanno aderito al centrosinistra - non hanno avuto problemi a minacciare apertamente di «non entrare a far parte organicamente della maggioranza» per un posto di ministro. Per strappare un'altra sedia hanno dimenticato anche il passato socialista di Giuliano Amato, uno dei pochi nomi sicuri del nuovo governo. «D'Alema - è arrivato a dire ieri Giuseppe Albertini - ha fatto la scelta di Amato come quella di un commissario liquidatore, pensando di chiudere così la questione socialista». Come dire: pensava di accontentarci solo con quel posto. E invece niente. I nuovi socialisti senza peli sulla lingua e senza falsi infingimenti si sono calmati solo quando il presidente incaricato li ha assecondati nelle loro richieste, ha dato, a quanto pare, il ministero della Funzione pubblica ad un certo Angelo Piazza. Ancor più sorprendente è ciò che è capitato tra gli eredi della De. Quelli di razza popolare hanno dimenticato del tutto, quasi rimosso, il costume di un tempo. Gerardo Bianco, che ha perso il duello con Sergio Mattarella per la vicepresidenza del Consiglio e con Rosa Russo Jervolino per il ministero dell'Interno, ha deciso di dare battaglia nel partito. Ha anche annunciato l'intenzione di dimettersi dalla carica di presidente in uno scontro al fulmicotone con Franco Marini combattuto a colpi di «vaff...». «Hai ridotto il Ppi è stato il suo j'accuse - al livello dei cristiano sociali. Ad un clan, il clan di Rocco e i suoi fratelli. La mia lunga storia di sopportazione e prudenza finisce qui. C'è bi- sogno di un congresso e non certo per un posto da ministro». Sarà anche vero che Bianco non pensa a se stesso, ma non si può dire che i popolari siano stati trattati male con quei sei posti tra i quali la vicepresidenza del Consiglio e il ministero dell'Interno. n sono erno» orti Tanta generosità, ovviamente, ha fatto arrabbiare gli altri cugini, quelli dell'Udr, che hanno tentato per tutta la giornata di assicurare un ministero a Rocco Buttigliene. Qualcuno di loro ha anche minacciato l'astensione dal governo con un comunicato all'Ansa alle 21,30 che ha fatto saltare sulla sedia il plenipotenziario Clemente Mastella: «Ma chi l'ha dettato? - si è incavolato l'uomo delegato a trattare -. Io non ne sapevo niente». E certo, il vicepresidente della Camera non aveva nulla da protestare visto che era stato appena assegnato ad uno dei suoi uomini, a Salvatore Cardinale, il ministero delle Comunicazioni, un ruolo chiave che gli dà un forte strumento di pressione su Silvio Berlusconi e le sue Tv. Alzando la voce hanno avuto il loro tornaconto an¬ che altre tribù post-democristiane. Romano Prodi e i suoi come risarcimento del posto di Flick alla Giustizia si sono beccati alla fine l'Agricoltura per De Castro (un uomo dello staff dell'ex presidente del Consiglio), le Politiche comunitarie per Enrico Letta e i Lavori pubblici per Enrico Micheli. Protestando, protestando, anche quel parente prossimo dei De che è Lamberto Dini ha ottenuto qualcosa in più. Prima ha chiesto la vicepresidenza del Consiglio in cambio del ministero delle Politiche comunitarie (nel passato governo era accomunato alla Farnesina): «Non sono la cenerentola del governo». Ha fatto il duro per qualche ora ma alla fine ha sorriso quando uno dei suoi uomini, Tiziano Treu, nel gioco delle caselle si è ritrovato al ministero dei Trasporti. Il timo«Ma aE tutto Eh già, alla fine nella battaglia delle poltrone gli eredi della De si sono dimostrati i più bravi. I neo-comunisti si sono dovuti accontentare di quella patata bollente che è il ministero di Grazia e Giustizia, finito nelle mani di Ersilia Salvato, e del ministero degli Affari regionali. Per non parlare dei diessini che, poveretti, nel balletto di marca democristiana, hanno perso tutti i ministeri chiave: la Giustizia come la Difesa. Ne hanno avuti solo sei come i popolari. Alle 6 di sera uno sconsolato Cesare Salvi si è sfogato con Antonio Soda: «Fino a due ore fa ero ministro, adesso non lo sono. D'Alema è stato costretto a cambiare e ricambiare. Me ne vado, non ne posso più». Una delusione che ieri sera ha contagiato molti dirigenti della Quercia: il Bottegone ha, infatti, pagato caro l'arrivo a Palazzo Chigi del primo post-comunista. «Qui - si è sfogato a un certo punto del pomeriggio lo stesso presidente incaricato - girano un sacco di marazzoni». Forse proprio per rendere meno magro il bilancio dei diessini potrebbe esserci qualche sorpresa dell'ultimo momento. Almeno tra gli uomini del presidente incaricato qualcuno ci spera. Mentre tra gli ex De, di tutti i credo, questa possibilità è vissuta con qualche timore. «Adesso arriva la notte - sono le parole di solidarietà ai ministri in pectore a cui si è lasciato andare ieri sera il popolare Giampaolo D'Andrea, lasciando piazza del Gesù - e cambia tutto. Povera gente...». Augusto Minzolini Il timore di un popolare «Ma adesso arriva la notte E tutto potrà cambiare...» Dini alza la voce: «Non sono la cenerentola del governo» E Treu finisce ai Trasporti Polemica aperta anche nel Ppi Bianco furibondo con Marini «Mi ha avvertito a cose fatte Non si tratta così il presidente del partito» ! Iti Franco Marini e Gerardo Bianco Il segretario e il presidente del Ppi hanno avuto ieri un duro scontro Nella foto a destra, Cesare Salvi