Dalla Bonino il «ni» più sofferto di Francesco Manacorda

Dalla Bonino il «ni» più sofferto Dalla Bonino il «ni» più sofferto Anche Pannella a Bruxelles: Emma accetta L'ULTIMA TRATTATIVA BRUXELLES DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «Guarda che io non sono mica un'indipendente di sinistra». Mattinata di ieri, sede della Commissione europea. Emma Bonino risponde così a Massimo D'Alema che le ripete la sua offerta: un posto da ministro por le Politiche comunitarie nel nuovo governo. Il messaggio è chiaro: lei non è un cane sciolto, se entrerà nell'i'secutivo lo farà come esponente della Lista Pannella e rinunciando a un ruolo istituzionale ben definito come quello che ha a bruxelles. Parte cosi e vola via tra contatti frenetici e qualche travaglio personale il primo - e forse già ultimo giorno - da «ministro virtuale» di Emma Bonino. Al telefono con D'Alema, poi a Strasburgo due lunghi faccia a faccia con Marco Pannella e ancora telefonate incrociate con D'Alema e Marco Minniti. Solo oggi la risposta ufficiale, che anche se con tutte le cortesie del caso - difficilmente sarà positiva. Ieri mattina, appena diventa pubblica la proposta di D'Alema, la Bonino si trova stretta tra l'opportunità politica di accettare una carica che segnerebbe il disgelo tra Pds e radicali, il problema personale di abbandonare quel posto a Bruxelles che l'ha resa un personaggio conosciuto in tutto il mondo, e non ultimo - il dilemma istituzionale di assumere un ruolo di governo ancora indefinito o invece continuare a lavorare in modo più utile e profìcuo fino alla scadenza, e magari anche per un altro mandato, come commissario nominato dall'Italia. La proposta di D'Alema, spiega la Bonino, le è stata fatta nei giorni scorsi. Del resto è nota la stima che il premier incaricato ha nei suoi confronti: la simpatia è scoppiata proprio un anno fa durante una cena a casa dell'ambasciatore Luigi Guidobono Cavalchini, quando il segretario del Pds fu prodigo di complimenti verso la commissaria nominata dal governo Berlusconi. E stamattina, al telefono, D'Alema le ripete la sua offerta: con l'arrivo della moneta unica, il proseguire del processo di integrazione, la nascita prevista di una Politica estera comune dell'Unione, il nuovo dica- stero dovrebbe assumere un'importanza fondamentale nell'organigramma dell'esecutivo. La Bonino non risponde subito di no, ma esita. Con D'Alema - dicono i suoi più stretti collaboratori - il commissario vuole capire soprattutto come e quanto lei potebbe servire in quel posto rispetto a quello che fa oggi a Bruxelles, quanto lo «strappo» che verrebbe inflitto alla commissione troverebbe la sua giustificazione nel ruolo che avrebbe in Italia. Una valutazione che passa anche dai poteri che le verrebbero attribuiti. E se si parla di poteri il discorso cade naturalmente sul ministero degli Esteri. Il tam-tam che corre frenetico in queste ore tra Roma Bruxelles e Strasburgo, e che trova eco nell'entourage del commissario, fa sapere che Lamberto Dini vede male, malissimo, l'arrivo della Bonino nel posto che nei prossimi anni potrebbe rappresentare il fulcro della politica estera italiana. E sebbene non si registri alcuna reazione ufficiale è facile immaginare che anche l'attuale sottosegretario agli Esteri Piero Fassino, che da Prodi aveva ottenuto proprio la delega per le Politiche comunitarie, ve- drebbe seccamente ridimensionato il suo ruolo se la Bonino diventasse l'ingombrante vicino di casa della Farnesina. Al contrario, nel caso di una rinuncia della Bonino, è proprio Fassino che potrebbe vedersi promosso al rango di rninistro con lo stesso portafoglio rifiutato dal commissario. Alle 14,15 il commissario è sul volo Sabena 975, destinazione Strasburgo. Là, in una camera dell'Hilton, la aspetta Marco Pannella, reduce da una lunga convalescenza e da sei mesi di ritiro forzato dalla politica. Il primo incontro dura quasi un'ora. A Roma, gli uomini vicini al leader radicale assicurano che si è mosso per scongiurare l'ipotesi di una Bonino ministro, ma al telefono Pannella appare tutt'altro che ostile alla «piccola sorpresa, ma positiva, che ci ha fatto D'Alema», ripete che «da parte nostra non c'è nessuna preclusione», e appare raggiante «per il fatto stesso che ci sia stata questa proposta». Ma da qui al «sì» il passo è ancora lungo e nemmeno un nuovo colloquio tra Pannella e Bonino e qualche telefonata con i vertici del Pds sembrano spianare la strada. «Pronto, qui parla il regime», chiama sfottente D'Alema; «Sei il solito presuntuoso», è la replica altrettanto caustica di Pannella. Quello che trapela, mentre ancora in serata non si scioglie la riserva, è un: «Sì, ma» che date le condizioni assomiglia molto a un «no». Sì, all'idea di accettare il rninistero, ma no se dovesse rivelarsi solo una scatola vuota; sì a un ruolo che la Bonino potrebbe svolgere alla perfezione dopo quattro anni passati tra uomini e istituzioni dell'Europa, ma no se il suo dicastero dovesse essere una «dépendance» degli Esteri. La palla - insomma, è il messaggio che arriva - è tornata nel campo del presidente incaricato: sta a lui convincere Dini e offrire al commissario europeo un posto che le consenta di lavorare come ha fatto finora a Bruxelles. E alle otto della sera la Bonino e Pannella escono insieme dagli uffici della commissione a Strasburgo aspettando l'ultimo, sempre più improbabile, rilancio di D'Alema. Francesco Manacorda Oggi la decisione Ma quasi certamente la risposta sarà negativa L'eurocommissaria nominata da Berlusconi piace al neopremier L'eurocommissario Emma Bonino e, a destra, Marco Pannella