L'ULTIMO ASSEDIO DEMOCRISTIANO di Augusto Minzolini

L'ULTIMO ASSEDIO DEMOCRISTIANO L'ULTIMO ASSEDIO DEMOCRISTIANO ROMA ERA un tempo, quello della prima Repubblica, in cui per spartirsi una poltrona o per assicurarsi un posto in più i democristiani nelle notti dei lunghi coltelli davano vita ad una lunga sarabanda di riunioni, di incontri riservati. Per pudore, però, lo scontro si svolgeva in segreto, nei palazzi della politica trasformati in sacrestie da dove trapelava poco o nulla. E quando bisognava portare la protesta all'esterno si aveva l'accortezza di non parlare di poltrone ma di un punto programmatico non risolto che trovava una soluzione solo quando si conquistava una casella nel governo. I democristiani fecero scuola a tutti e alla fine il loro stile diventò una moda anche per socialisti, socialdemocratici, repubblicani e liberali. Ora che, passati i burrascosi anni di Tangentopoli, tornano i partiti, i governi di coalizione e, com'è fisiologico, i bracci di ferro nella scelta dei ministri, quel modo di fare ipocrita ma che salvava la forma è staro messo del tutto da parte. Così quello che doveva essere un giorno tranquillo, quasi una passeggiata, per Massimo D'Alema si è trasformato in una tortura. E pensare che al mattino Marco Minniti si era lasciato andare ad una previsione ottimistica: «Tutto fatto, mettiamo a punto la lista in poche ore e stasera Massimo sale al Quirinale». Invece, alle 22 di ieri Massimo era ancora al Bottegone con qualche capello bianco in più. Augusto Minzolini CONTINUA A PAG. 7 PRIMA COLONNA

Persone citate: Marco Minniti, Massimo D'alema

Luoghi citati: Roma