Walter, un leader anti-partito di Filippo Ceccarelli

Walter, un leader anti-partito Il vicepremier dimenticò persino il nome dei Ds che sta per guidare Walter, un leader anti-partito EROMA così Walter Veltroni si avvia a diventare il segretario del... Alt! Perché la dizione esatta del partito di cui l'ex vicepresidente del Consiglio si appresta a divenire il segretario è: «Democratici di sinistra». La precisazione appare non del tutto superflua se si considera che nell'aprile scorso Veltroni non ricordava il nome del partito che lui stesso aveva contribuito a fondare e su cui D'Alema stava armeggiando da mesi con risultati opinabili, eppure definitivi. In un'intervista lo chiamò infatti - come invece non era più - Pds. Ma per correggere l'errore Veltroni rovinò tutto affidandosi a una locuzione apparentemente neutrale: «il Pds - disse - o come si chiama adesso». Mai lapsus fu più rivelatore di uno stato d'animo; mai dimenticanza apparve più eloquente. Vero è che quel nome così prolungato - Democratici di sinistra - non è che avesse una grande ragione di essere nato (oltretutto in un modo che ancora oggi sembra piuttosto misterioso); né francamente si può dire che avesse avuto un gran successo di pubblico. Ad essere un po' maliziosi - e Veltroni, certe volte, sa esserlo - i Ds erano nati per porre fine all'orrido tormentone della «Cosa 2». E tuttavia quel fantastico «o-come-si-chiama» lasciava trasparire una totale indifferenza e anche un certo distacco - per non dire peggio - rispetto alla nuova creatura. Con il che il vicepresidente del Consiglio del governo Prodi, massimo fautore dell'Ulivo, cioè dell'alleanza di centrosinistra anche nella versione «super» (al di là dei partiti) e nelle sue varie implementazioni internazionali, riformiste, liberal e clintoniane, insomma, con quel lapsus Veltroni si manifestava e si segnalava chiaramente come l'antipartito. Uno che per il passato non si sarebbe mai iscritto al partito togliattiano e per il futuro non avrebbe scom¬ messo una lira sul Pds, Ds o come diavolo avevano deciso di chiamarselo tanto lui aveva ben altri orizzonti entro cui misurare la grande trasformazione. Così, oggi, fa un certo effetto immaginarlo seduto sulla poltrona di D'Alema, o a tenere il rapporto ai segretari di federazione. Guarda com'è slrana la vita (anche pubblica). E magari Veltroni farà anche bene alle Botteghe Oscure, come ha fatto bene a Palazzo Chigi (e ancora meglio ai Beni Culturali). Non è certo un estraneo: «Se c'è uno - ha detto una volta D'Alema che ha fatto una carriera di Palazzo tutta dentro l'apparato è proprio lui». E' stato alla Fgci, all'ufficio stampa, direttore dell'Unità, alla Propaganda, in segreteria, è comparso perfino, sotto falso nome ma come dirigente perfetto, in un romanzo di Enrico Menduni ambientato al Bottegone. Ma questo non significa affatto che tra lui e il partito che va a dirigere ci sia il rapporto più facile e pacifico del mondo. Se non altro per il fatto che nell'estate del 1994 Veltroni si candidò alla segreteria - oltretutto come favorito, avendo vinto la gara inconsulta dei fax - e venne sconfitto da D'Alema (con il 40,4 per cento dei voti). La prese meglio di tanti altri: «Zio Massimo - spiegò alle bambine - ci ha salvato le vacanze». All'Unità gli fecero trovare, per consolazione, una confezione monstre di Nutella, con un bel fiocco rosso. Di quella sconfitta si dispiacquero in tanti, anche Mike Bongiorno che conosce Walter da una vita: «Dovevano farlo segretario - osservò -. E' spiritoso, acuto, capisce di calcio e sta bene in tv». Il quadretto è onestamente un po' limitativo. Ma anche se dimentica il nome del suo partito, certo quelle caratteristiche lì a Palazzo Chigi non le ha mica perse. Filippo Ceccarelli