«Aiutate quel bimbo manesco»

«Aiutate quel bimbo manesco» Chiedono più ore di sostegno per l'alunno che picchia i compagni «Aiutate quel bimbo manesco» Elementare Agazzi, appello delle madri Giovanni, 10 anni, improvvisamente si scatena contro i compagni, picchia, strappa i quaderni, infila la matita nel costato. E' il suo modo di chiedere aiuto, di gridare la disperazione che gli scoppia dentro per motivi agli altri incomprensibili. I compagni un po' sopportano e un po' no. Soprattutto le mamme spaventate si preoccupano e protestano. E' il loro modo di chiedere aiuto. Giovanni ha dovuto lasciare i genitori naturali, vive da un paio d'anni in comunità. Con altri bambini, non sempre gli stessi, perchè loro hanno la fortuna di andare in affidamento o perchè adottati. Lui resta lì in attesa di affetti stabili, del calore di una casa. Carenze cui nessuna comunità può supplire, per quanto attenta e ben organizzata. Una storia triste che si sta vivendo alla elementare Agazzi. Sembra senza via d'uscita, a meno che non si riesca a superare burocrazia, norme scritte o interpretrate, insensibilità ed egoismo. Chi si fa portavoce delle mamme dice: «E' il secondo anno che sopportiamo. Adesso vorremmo per Giovanni più ore di sostegno perchè l'insegnante possa intrattenerlo quando diventa cattivo. E' un incubo, ogni giorno andando a prendere i nostri bimbi la preoccupazione grande è scoprire se sono stati picchiati». Giovanni non si scatena tutti i giorni, ma quando lo fa, mette paura, dicono. «I bambini raccontano che le maestre chiedono di non contraddirlo. Che suggeriscono di ritirare quaderni e libri nello zainetto, quando comincia ad essere irrequieto per evitare danni. Le insegnanti sembrano rassegnate, dopo le proteste di un anno fa. Forse perchè un piccolo miglioramento c'è stato, quel ragazzino non scappa più dalla classe». Che fare? Giuseppina Colucci, la direttrice, racconta la storia di Giovanni con l'angoscia di chi sa di aver dato tutto quanto era in suo potere. «Giovanni ha 12 ore con la sua insegnante di sostegno sulle 30 settimanali di lezione. Così come aveva suggerito l'equipe di neuropsichiatria. E' inserito per quattro ore in gruppi di intervento. Un obiettore di coscienza lo segue due volte la settimana quando pranza in mensa. Di più non si può fare. Ho dieci portatori di handicap di cui due molto gravi e cinque insegnanti e mezzo per il sostegno». Per quel bimbo disperato prova rispetto e pena. «So che vede il padre raramente, sempre in presenza degli educatori. Capita che trascorra il fine settimana accolto in qualche famiglia. Appena arrivato qui, nella primavera '96, era molto tranquillo. Mangiava con la voracità di chi ha fame arretrata. E dormiva. Di comune accordo si era deciso di fargli ripetere l'anno per recuperare & ritardo di crescita. Dopo l'estate è ritornato più solido nel fisico, pur sempre minuto, ma disperato». Con tanta pazienza le maestre sono riuscite a fargli superare un altro anno di scuola. Ma adesso quella violenza improvvisa ritoma. E' l'unica arma che un bambino possiede per chiedere l'amore di una mamma e di un papà, la sicurezza di una casa dove non debba più soffrire fame e degrato, come è stato in passato. Chi può tendergli una mano? Maria Valabrega

Persone citate: Agazzi, Elementare Agazzi, Giuseppina Colucci, Maria Valabrega