Un solitario sull'Olimpo di Enrico Benedetto
Un solitario sull'Olimpo Parigi celebra Moreau Un solitario sull'Olimpo PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Dipinse l'inconscio prima di Freud. E andò a snidarlo proprio nella mitologia greca cui avrebbe attinto il medico viennese. Più la pittura francese tardo '800 scopriva le piccole delizie suburbane, le promenades lungo la Senna dopo il lavoro, la galanteria con i maliziosi rituali open air... e meno Gustave Moreau era figlio del suo tempo. Cercava l'abisso. Libido pagana o evangelica atarassia. Oscillò fra i due seguendo il tragico, doloroso pendolo di un'esistenza irrimediabilmente scissa. In casa, la mamma cui fu devotissimo. E nel pennello Messaline discinte, vogliose, lubriche, che raffigurò in ogni concepibile postura. Dee, ninfe, imperatrici, personificazioni telluriche deU'eterno femmineo. Edipo, non aveva bisogno di immortalarlo nei quadri (e tuttavia, lo fece): abitava in lui. Fu bimbo gracile e solitario, che la quieta esistenza borghese in una mondanissima Parigi non appagò mai. Da grande, raggiunse il metro e 61. Ma continuò a sentirsi piccolo. Per antidoto, scelse la pittura. Simbolica, ridondante, angosciosa. Un Vittoriale in cornice. Moriva cent'anni fa, Gustavo Moreau. Dopo 2 decenni trascorsi a comunicare per scritto con l'inseparabile e ormai sorda «maman». Altre donne, non gliele si conosceva. Salvo un'amica, Alexandrine, liaison enigmatica su cui il biografo inciampa finendo per arrendersi. Le femmine di Moreau, bisogna cercarle sulla tavolozza. Rare Madonne, qualche santa. E una maggioranza di voluttuose tentatrici. Per gli uomini, il discorso è più complesso. Ci sono gli Zeus trionfanti, crudeli e fastosi. O gli eroi, dove già la sofferenza trapela. Infine, gli onnipresenti efebi per cui si direbbe Moreau avesse un debole. Per compagna ebbe la solitudine.' E una frenesia creatrice senza pari. Morendo sessantaduenne, lasciò fra le mura domestiche 1200 pitture, 5000 disegni, 8000 acquarelli^ schizzi, note, memorie. L'alloggio 14 me de la Rochefoucauld - era già nel 1898 un museo virtuale. Vale la pena rivisitarlo oggi, reduci dall'expo al Grand Palais. Il percorso che la mostra privilegia è cronologico. Albori, poi l'inevitabile «viaggio in Italia» con relativa influenza italica su temi e stile. Copiava a tappeto, Moreau. Statue, quadri, polittici. Riproduzioni spesso meccaniche, frettolose, simili al clic del turista che imprigiona nell'obiettivo un capolavoro incompreso ripartendo pago. Se le appendeva nello studio, quelle forme rubate. Istantaneo nell'immortalare le fatiche altrui, ma lentissimo con le proprie. Sui kolossal più onirici e sovraccarichi lavorò per dieci, vent'anni, infarcendoli fino alla saturazione e oltre. Prima che il simbolismo, indi i surrealisti, se ne impossessassero valorizzandone la forza visionaria estrema e il fertile caos interiore, Moreau vide compatire i suoi exploit. I colleghi lo detestavano. Degas si beffò dei suoi décor alla Mille e una Notte, Cézanne li definì «vecchiumi». E' vero, a suo modo Gustave Moreau fu reazionario inguaribile e recidivo. Il progresso non aprì la minima breccia nella sua arte, caleidoscopica quanto regressiva. Enrico Benedetto Gustave Moreau ( 1826-1898) Parigi, Grand Palais Fino al 4 gennaio, chiusura il martedì. Ingresso: 50 ff tranne il lunedi (35ff). Per informazioni tel.(00331)44.13.17.17
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