La gran riunione degli Estensi
La gran riunione degli Estensi A Modena rivive la galleria di capolavori raccolti e poi dispersi tra '500 e 700 La gran riunione degli Estensi Sfilano Tiziano, Veronese, Velàzquez, Bernini: avventurose storie di collezioni, scambi e rapine DMODENA A Ferrara in dono all'Imperatore Rodolfo II a Praga, dal sacco luterano di Praga Idei 1648 a Cristina di Svezia, da Roma al Reggente d'Orleans a Parigi, grande libertino e grande collezionista, infine alla collezione Cook di Richmond lino a tempi recenti: ecco l'avventurosa vicenda del ritratto di Laura Danti, amante e moglie segreta del Duca d'Este Alfonso I, con la mano sinistra, di una bellezza rivaleggiante con Lotto, sulla spalla del moretto, la cui veste a strisce cangianti arancio e argento è uno dei pezzi di pittura fra i supremi nella carriera del Tiziano. Negli inventari di Praga la dama perse l'identità e divenne Una turca con un piccolo moro. E del clima d'arte e di cultura della corte ferrarese è testimone due generazioni dopo l'Arpa Esten se, prodigioso strumento di legno dorato, damascato e dipinto a grottesche manieristiche, creato per l'ultimo Duca ferrarese Alfonso II e la moglie Margherita Gonzaga. Finché nel 1598 il cugino e successore di Alfondo II, Cesare, è costretto da Papa Clemente Vili ad abbandonare gli splendori del castello di Ferrara e del Palazzo dei Diamanti e a rifugiarsi nella piccola e provinciale Modena. Di capolavori e di storie abbonda «Sovrane passioni», l'imperdibile sfilata di dipinti e sculture che ricrea nascite, morti e resurrezioni delle collezioni estensi dal '500 al '700, singolare frutto in qualche modo anche del crollo del muro di Berlino, che ha permesso di abbinare al nucleo fondamentale della Galleria Estense una esemplificazione assai ricca e vasta di quello finito a Dresda nel 1746 con la sciagurata vendita «dei cento quadri» ad Augusto III di Sassonia per 100.000 zecchini d'oro. Non sono tornate le grandi pale del Correggio (d'altronde frutti di ducali rapine nelle chiese delle proprie terre), presente in mostra con il Riposo nella fuga in Egitto, degli Uffizi, «tavola di pittura divina» per il Vasari e ben a ragione, dipinta per S. Francesco a Correggio dove il pittore fu sepolto, portato via da Francesco I d'Este, grande e spregiudicato ricrcatore della qua¬ dreria a Modena, e passato ai Medici a metà '600 in scambio collezionistico con un Andrea del Saito, e con la ombrosa dolcezza della Madonna Campori, patetica memoria rimane la copia de La Notte del veneziano Nogari, inviata per contratto da Dresda a Modena. Ma sono comunque mirabili ritomi da Dresda la Donna con ventaglio di piume di Tiziano, la Cena in Emmaus del Veronese, la Giusti zia di Battista Dossi e la coppia di capolavori mitologici del Garofalo, Minerva e Nettuno e Diana ed Endimione, lacerti dell'originario mecenatismo ferrarese, che ben si incontrano con quelli rimasti a Modena, le due splendide pale d'altare del Dosso incamerate da Francesco I e soprattutto le cinque tavole allegoriche dello stesso Dosso già sul soffitto della camera da letto di Alfonso I nel castello di Ferrara, anch'esse protagoniste di un romanzo d'avventure, fermate in extremis sull'Appennino bolognese già sulla via per Roma e le avide mani collezionistiche del Cardinale Scipione Borghese e recuperate per Modena. Le tavole romboidali sono esposte a muro, ma altri complessi da soffitto sono riproposti in modo ricostruttivo. Così i quindici ottagoni mitologici del giovane Tintoretto, scatenamento fantastico e drammatico in risposta alla «crisi manieristica» del maturo Tiziano, per il soffitto di Cà Pisani di S. Paternian, acquistati a Venezia da Francesco I. Così gli stupendi ovali con Dei dei Carracci agli inizi degli Anni 1590, veneteggianti alla Veronese in Agostino e Annibale, neocorreggeschi in Ludovico, recuperati dallo stesso Duca nel Palazzo dei Diamanti di Ferrara. Francesco I, presente nel ritratto di Velàzquez, dipinto durante un soggiorno del Duca a Madrid nel 1639, e nello stupendo busto del Bernini, commissionato e scolpito a gara con quelli di Carlo I d'Inghilterra e del Cardinale di Richelieu, è il fulcro e il protagonista del collezionismo estense seicentesco, centrato sui grandi bolognesi: ed ecco di ritorno da Dresda ritratti mirabili dei Carracci, quello di Agostino del figlio Antonio, quello del suonatore Mascherotti di Annibale, con lo stupendo dialogo lurninistico fra la testa e il calore ligneo del grande liuto, di Annibale la dolente bellezza classica, anticipatoria di Rem, del San Sebastiano alla colonna e quella trionfante del Genio della fama, quasi un Moreau barocco, di Albani la coppia preziosa di rami con Diana e Atteone e Danza di amorini, di Guido Reni la grande pala di San Prospero a Reggio Emilia, prelevata da Francesco II nella seconda metà del Seicento. Marco Rosei Sopra, «Natura morta allegorica con busto di Francesco I», di J. Boulanger; qui a fianco «Il figliol prodigo» di L. Spada: due opere a «Sovrane passioni» che a Modena presenta le raccolte degli Estensi «Allegoria della giustizia» di Battista Dossi, in mostra a Modena, proveniente da Dresda Sovrane passioni. Le raccolte d'arte della ducale Galleria Estense. Modena, Galleria Estense. Fino al 13 dicembre. Da martedì a domenica 9,30-18,30. Catalogo F. Motta, L. 120.000
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