Leydi, i suoni della differenza di Giorgio Pestelli
Leydi, i suoni della differenza Oggi a Venezia omaggio al grande etnomusicologo che compie 70 anni Leydi, i suoni della differenza Fra culture alte e basse, regionali e universali EVENEZIA A «Leydi Akademie» che si celebra oggi nella Sala Barbantini e nella Sàia Arazzi della Fondazione Cini è davvero un'astutissima trovata per rendere a Roberto Leydi, per i suoi settant'anni, un omaggio tanto dovuto quanto lontano dal sussiego accademico inviso al festeggiato. Fondatore assieme a Diego Carpitella della scienza etnomusicologica in Italia, Leydi non si è mai chiuso in una specialità settoriale: è l'uomo dei «plurali», le «culture», le «avanguardie», le «altre musiche»; lo studioso che più di tutti è stato elemento di raccordo fra musica alta e bassa, vecchia e nuova, regionale e universale; ma, a differenza del calderone attuale che va sotto il nome di «musica globale», ha fondato la sua azione di collegamento sulla consapevolezza delle differenze, lo studio delle particolarità; per lui ogni manifestazione espressiva di una cultura è significativa e determinante, ma deriva il suo valore dalle specifiche radici linguistiche e geografiche su cui si fonda. Piemontese di origine (è nato a Ivrea), ma milanese di formazione e poi bolognese per l'insegnamento universitario, di queste regioni Leydi ha il tratto umano cordiale, curioso e associativo; fin dagli Anni. 60, mentre condensa il suo sapere nel bellissimo manuale La musica dei primitivi (Il Saggiatore), stabilisce subito un sodalizio con i compositori italiani più Ripropostooriginale ddi città» conle voci d il nastro l «Ritratto cui catturò Milano originali e avvertiti della sua generazione; mentre studia Eroi e fuorilegge nella ballata popolare americana o i Canti sociali italiani impiega la sua capacità organizzativa curando spettacoli teatrali con Kezich e Crivelli, e collaborando a opere musicali d'avanguardia. Così l'«Accademia» veneziana di oggi, assieme alla Serenata per 11 strumenti di Maderna e a una pagina di Ligeti, ripresenta il nastro originale di Ritratto di città, prodotto nel 1953 presso lo Studio di fonologia musicale Rai assieme a Maderna e Berio; la città «ritratta» in quella veste sonora è naturalmente Milano, catturata nelle sue voci da quello Studio che per tanti anni è stato uno dei centri più vivi della musica nuova nel dopoguerra; un ritratto vitalistico e ironico, per certi aspetti vicino a certe pagine milanesi di Gadda. L'insegnamento di Leydi, aperto su un arco che estende il concetto di musica dalla ricerca tecnica all'antropologia, alla sociologia e alla storia («di umane, dimenticate istorie», come diceva Ernesto de Martino) resta un punto di riferimento dei più sicuri del nostro panorama di cultura musicale (anzi, scusa Leydi: culture!); e all'accademico festeggiato a Venezia, con i suoi occhiali, barba e immancabile toscano, ci uniamo anche noi fra tanti allievi e ammiratori. Giorgio Pestelli Riproposto il nastro originale del «Ritratto di città» con cui catturò le voci di Milano
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