Qualcosa di nuovo, anzi d'antico: gli orsi
Qualcosa di nuovo, anzi d'antico: gli orsi il caso. Dopo un secolo e mezzo sono tornati sulle Alpi del Bellunese Qualcosa di nuovo, anzi d'antico: gli orsi Tracce inconfondibili sulle nostre montagne DOPO circa un secolo e mezzo ricompaiono gli orsi sulle nostre montagne, e non è più una notizia —I dubbia come quella portata in una piazza del Cadore da un turista spaventato che aveva scambiato il verso d'allarme di un capriolo per il rugghio di un orso. Dalla Slovenia, dove esiste una popolazione censita tra i 350-400 esemplari, dopo aver occupato la Foresta Tarvisiana, alcuni orsi si sono affacciati in provincia di Belluno. La loro presenza era stata accertata ancora nel 1995: le impronte lasciate sul terreno forse potevano far sorgere qualche dubbio nella lettura ma la certezza venne quando si scoprirono degli alberi di sorbo quasi divelti e scorticati dagli unghioni e le bacche divorate; si raccolsero anche escrementi e peli che furono scientificamente analizzati. Allora, a un convegno di seri cacciatori di montagna, ascoltai una prima relazione e si pensò a un animale solitario che si era spinto fuori dal suo territorio. Il fatto così documentato aveva suscitai o stupore, ma ricordo che dentro l'animo di ognuno di noi nasceva un sentimento di gratitudine per l'orso e per l'ambiente che stava ritornando com'era al tempo dei nostri bisnonni. Ora, ottobre 1998, a detta degli esperti, tra l'Isonzo e le Dolomiti bellunesi gli orsi presenti sarebbero almeno una decina. Forse questo numero potrebbe essere un po' esagerato ma anche fossero un paio in meno, il fatto è che ci sono! Non è da pensare, come qualcuno ha voluto affermare, che si stiano espandendo perché la montagna è meno abitata di cinquantanni fa: quando la loro presenza era abbastanza estesa come alla fine del '700, le valli alpine erano abitate più di adesso; agli orsi veniva anche data la caccia e le leggi absburgiche prevedevano un cospicuo premio in denaro a chi li uccideva. Il mio parere è che l'espandersi e l'intensificarsi della presenza degli ungulati sulle nostre Alpi sia di richiamo ai grandi carnivori: vengono abbandonati i pascoli destinati all'alpeggio degli animali domestici e questi pascoli vengono occupati dagli erbivori selvatici. Al seguito degli erbivori arrivano i carnivori. Se grandi difficoltà ci sono per questi grandi e stupendi animali al rioccupare territori già loro, queste sono dovute alle grandi vie di comunicazione; specialmente l'autostrada A23 Tarvisiana e la A22 del Brennero. Già qualche anno fa, in Val Canale, un bell'esemplare di orso venne investito e ucciso da un camion. Da parte dei cacciatori della «Zona Alpi» si è invece convenuto non solo di scrupolosamente rispettare la protezione sancita dalla legge, ma anche di seguire, osservare, segnalare ogni avvistamento e il comportamento al fine di agevolare il loro ritorno in maniera stabile. Come del resto è già avvenuto per lo stambecco; questo sì reintrodotto ormai su tutta la cerchia alpina e ben inse¬ diato con elementi provenienti dal Gran Paradiso. Intanto l'apparizione dell'orso mi viene segnalata da un luogo tra i più belli di tutte le Alpi, intendo tra la fantastica Civetta e il superbo Pelmo, nei pressi di Forsenighe in località Launéde, nel Comune di Forno di Zoldo. A scrivermi questo è uno di quegli emigranti stagionali rientrato dalla Germania: nel piccolo podere di Giuseppe Costantin la visita del simpatico e grosso plantigrado ha lasciato vistosamente le sue tracce: alberi di susine spezzati e sradicati, la frutta tutta divorata, escrementi con noccioli, peli e impronte inconfondibili. In questi giorni, probabilmente sempre lo stesso orso, nei dintorni di Astragal ha fatto una scorpacciata di pere: «E' impressionante ciò che ha fatto. Alberi quasi divelti, foghe e rami strappati». Anche qui escrementi, peli, impronte come suo biglietto da visita. In un trattato sull'orso bruno delle Alpi (Ursus arctos) si legge che «... nei periodi estivi e autunnali i frutti selvatici rappresentano per l'orso una fonte di primaria importanza...»: su ventiquattro campioni di escrementi raccolti e analizzati ben il trenta per cento era rappresentato da resti di mele e pere. Queste accertate e finora rare presenze non devono però creare illusioni e fantasie: l'orso non è animale prolifico e la sua crescita demografica è tra le più lente. La femmina partorisce ogni due anni a partire dal quarto e la mortalità tra i piccoli sembra raggiungere il cinquanta per cento. Si sgrava nel pieno dell'mverno dentro una tana scelta in luoghi asciutti e ben nascosti e per due anni gli orsacchiotti vivono con lei sotto costante protezione. Per loro indole gli orsi sono scontrosi e solitari; il loro avvistamento è molto difficile anche per gli esperti. Anano il silenzio della montagna e dei boschi, si muovono nelle ore crepuscolari e notturne. Per questi loro caratteri sono entrati nella mitologia e nella leggenda; nei popoli antichi erano venerati come intermediari tra gli uomini e gli spiriti. Ma come bene si addice a qualche uomo l'appellativo «Sei un orso!». Mario Rigoni Stern Arrivano dalla Slovenia, secondo gli esperti sarebbero almeno una decina Alberi da frutta spezzati e sradicati, bacche divorate, peli e impronte nei boschi e nei poderi 1 cacciatori, d'accordo nel rispettarli, li seguono e segnalano ogni avvistamento Un esemplare di orso bruno (Ursus arctos) come quelli che tornano a popolare le Dolomiti. A sinistra Mario Rigoni Stern
Persone citate: Giuseppe Costantin, Mario Rigoni Stern
Luoghi citati: Belluno, Comune Di Forno Di Zoldo, Germania, Launéde, Slovenia
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