YEHOSHUA Il mio ponte per la pacA

YEHOSHUA Il mio ponte per la pacA Il ruolo degli intellettuali nel processo di distensione: le riflessioni dello scrittore, mentre Netanyahu e Arafat si confrontano in America YEHOSHUA Il mio ponte per la pacA EIOVEDI' scorso ho partecipato, a Roma, ad una riunione fra intellettuab israeliani e palestinesi patrocinata dall'organizzazione C.A.S.T.O.R.O., affiliata al sindacato F.I.T.U.S.. Il convegno verteva su come la cultura palestinese e quella israeliana possano rappresentare un ponte per la pace tra i due popoli. Malgrado il titolo piuttosto generico e vago, e malgrado io personalmente mi sia chiesto cosa porti un sindacato italiano a occuparsi di una questione internazionale delicata, complessa e tanto dibattuta quale il conflitto israelo-palestinese, l'iniziativa mi appare comunque degna di elogio. E' dall'elezione di Benjamin Netanyahu a primo ministro che, sia fra i palestinesi che fra gli israeliani, prevale un clima di grande stanchezza e di disillusione per tutto ciò che riguarda il processo di pace. Ritengo quindi molto importante che elementi estranei al conflitto, e primi fra questi gli europei, costringano le parti a superare la rassegnazione la prostrazione, spronandole, con idee nuove e stimolanti, a rinnovare un dibattito sul quale pare sia stato ormai detto tutto. Il destino ha voluto che questo convegno si svolgesse nel segno di una ripresa delle trattative così che, mentre da un lato si sono potute evitare querimonie, lamentele e le solite accuse contro il governo Netanyahu per l'arresto del processo di pace, dall'altro le rinnovate speranze di un vicino accordo hanno impresso nuovo slancio negli intellettuab sostenitori della pace, incoraggiandob nel loro compito di preparazione degb animi verso il prossimo stadio, il più difficile, quello dell'accordo finale. Vorrei dunque riassumere qui alcune proposte di riflessione rivolte agli israeliani e ai palestinesi giacche, per quanto mi riguarda, una delle conseguenze più bizzarre di questo annoso conflitto è il fatto che io stesso abbia cominciato ad elaborare strategie per entrambe le parti, quasi che anche i palestinesi fossero ormai parte di me. IL PASSATO Sbaglia chi pensa che si possa sfuggire al passato limitandosi a considerare la situazione presente. Il passato riaffiora in ogni discussione e dibattito e se voghamo che la pace venga rafforzata e consolidata è necessario che gli intellettuab di entrambe le parti si sforzino di capire meglio la parte avversaria evidenziando la legittimità etica delle sue azioni, ove ve ne sia la necessità. I palestinesi sono disposti ad accettare l'esistenza di Israele senza però ammettere l'opportunità della sua creazione. Qui occorre svolgere un serio lavoro di chiarificazione al fine di convincere i palestinesi che gli ebrei avevano il diritto (non solo da un punto di vista storico bensì esistenziale) di trovare nel mondo un pezzo di terra sul quale poter costruire una vita normale. L'esistenza anomala di un popolo disperso in varie nazioni non era solo un problema euro- peo ma globale e i palestinesi, in quanto membri del consorzio umano, erano, e sono, tenuti a prendere parte alla sua soluzione. Non si può negare che il prezzo pagato da loro - la perdita di parte dei propri territori - sia stato molto alto e dunque hanno diritto ad un risarcimento adeguato e generoso da parte degli ebrei e del mondo intero. Tuttavia essi devono anche rendersi conto che la creazione dello Stato ebraico fu legittima e necessaria per la sopravvivenza di questo popolo. Gli israebani, da parte loro, devono capire che la reazione palestinese in seguito alla presa di possesso di porzioni di territorio nella loro patria, almeno fino all'Olocausto, fu naturale. Su questo punto i nuovi storici israebani si impegnano nel convincere l'opinioneubbbca israebana che ndenti la seconda palestinesi si coavrebbe fatto qualsiasi altro popolo. La comprensione della legittimità dell'opposizione palestinese al sionismo, almeno fino all'Olocausto, è estremamente importante al fine di superare i risentimenti del passato che rappresentano tuttora un ostacolo di non poco conto alla disponibilità israebana ad eventuab concessioni. COLONIALISMO Il mondo arabo teme che la pace possa condurre al predominio della cultura occidentale di Israele su quella tradizionale araba. L'esperienza complessa e non febee degb arabi con il coloniahsmo occidentale, che se da un lato b affascinò e b sedusse, dall'altro b sfruttò e b umihò, risvegba in loro una reazione di eccessiva ansia nei confronti di un possibile «coloniahsmo culturale israehano». Nel corso degb anni gb arabi hanno infatti imparato che se uno Stato piccolo e scarsamente popolato quale Israele è in grado di vincerti sui campi di battagba, non vi sarebbe da stupirsi se quebo stesso Stato prevalesse anche da un punto di vista culturale. Ancora oggi la parola «coloniahsmo», per quanto fenomeno scomparso da molti anni, rimane un termine pressoché mitico ai loro occhi, in grado di suscitare violente reazioni in ogni dialogo condotto con il mondo occidentale - atteggiamen- to che ricorda vagamente il comportamento di un adolescente mcoUerito e pieno di rancore nei confronti dei genitori. E' quindi necessario un lavoro particolarmente attento da parte degli intellettuali israebani e palestinesi al fine di dissipare questi timori. Il sionismo non è assolutamente un movimento coloniahsta. Gli ebrei giunsero in Palestina per creare un nuovo Stato impossessandosi di territori arabi senza però l'intenzione di sfruttare coloro che già vi si trovavano o di dominarli culturalmente. Non esiste colonialismo che non comporti lo sfruttamento del lavoro degli indigeni o quello delle risorse naturali del luogo, trasferite poi in qualche nazione-madre europea. Il sionismo, al contrario, non ebbe mai tali mire. Il suo sogno era quebo di fondare una nuova nazione su un territorio libero da arabi senza sfruttamento alcuno e senza nessun trasferimento di ricchezze se non quello degli ebrei sparsi per il mondo verso Israele. Tuttavia, per liberarsi definitivamente dall'idea di «colonialismo» gli ebrei sono tenuti a mostrare una maggiore apertura nei confronti della cultura medioorientale evidenziandone gli elementi presenti nella propria identità. Essi sbaglierebbero nel considerarsi occidentali approdati casualmente, a causa, di persecuzioni anti-semite, sulle coste orientali del Mar Mediterraneo, bensì devono ritenersi figliol pro¬ dighi di ritomo alla loro antica identità. Metà dei residenti ebrei di Israele sono di origine e di cultura sefardita e a loro spetta il compito di valorizzare questa identità senza naturalmente rinunciare ai principi occidentali di libertà e di democrazia conquistate nel corso dell'ultimo secolo. Questo lavoro di «valorizzazione» degli aspetti medio-orientali dell'identità israeliana è estremamente importante al fine di fugare le paure, vere o presunte, dei palestinesi dinanzi ad una possibile prevaricazione culturale israeliana. itivo potrà raele non di egoziare un romesso comprenda e una solu riguardanerusalemme garanzia del tto dei diriti palestinesi uesta città, sacra e importante anche per loro. Gli intellettuali israeliani sostenitori deba pace, che nel corso degb anni hanno svolto un puntigboso lavoro di preparazione affinché i loro concittadini riconoscano ai palestinesi il diritto all'autodeterminazione e ai membri del Olp, loro rappresentanti, quello di condurre i negoziati, devono ora incanalare i loro sforzi nel convincere gli israeliani che i palestinesi hanno diritto ad una rappresentanza autonoma anche a Gerusalemme. LA RELIGIONE L'ortodossia religiosa, israeliana e palestinese, rappresenta negli ultimi anni il più acerrimo nemico al proseguimento del processo di pace e al raggiungimento di un compromesso. Tuttavia la saggezza e la moderazione dei laici di entrambe le parti può evitare che la situazione precipiti, trasformando la questione da politica in religiosa, eventualità che prolungherebbe lo scontro all'infinito. E' necessaria pertanto un'iniziativa intellettuale comune ad ambo le parti che sostenga il coinvolgimento, nei dialoghi per la pace, di esponenti religiosi moderati. La presenza di tali personalità negli incontri bilaterali sarà necessaria per scongiurare il pericolo rappresentato dal fondamentalismo religioso. L'OLOCAUSTO La negazione dell'olocausto da parte eh alcuni portavoce palestinesi e un fenomeno particolarmente doloroso per gli israebani. Occorre quindi che gli intellettuali palestinesi sostenitori della pace facciano ogni sforzo per condannare tali affermazioni. L'olocausto è una tragedia storica realmente accaduta ed essi devono stare bene attenti a non prestare mano, direttamente o indirettamente, alla sua negazione. MINORANZE ETNICHE In Israele è presente una nutrita minoranza etnica palestinese - all'incircà un milione di persone che gode del pieno diritto di cittadinanza pur non avendo ancora raggiunto all'atto pratico una completa parità economica e sociale non i cittadmi ebrei. Ritengo che anche nel futuro Stato palestinese dovrà esserci posto per una minoranza ebraica (oggi nei territori occupati vivono circa centocinquantamila ebrei!. Compito degli intellettuali palestinesi sarà quello di preparare i propri concittadini all'idea che i coloni, a loro cosi invisi, potrebbero, dopo la firma di un accordo di pace definitivo, mostrarsi persino disposti ad accettare la cittadinanza palestinese e ad impegnarsi ad essere fedeli verso la nuova nazione. In tal caso, dunque, non vi sarebbe alcun motivo di scacciarli dalla Palestra. Il chiarimento di questo punto è indispensabile non solo per neutralizzare eventuali ostacoli suba strada del processo di pace ma anche per garantire un pluralismo laico e democratico della nuova nazione che sorgerà. LIBERTA' E DEMOCRAZIA Tra gli intellettuali israeliani sostenitori della pace è in corso un dibattito riguardante l'atteggiamento da tenere nei confronti dei metodi repressivi e dei sistemi di governo, talvolta tirannici, dei rappresentanti dell'Autorità palestinese. E' necessario protestare, come si fa nel caso di ogni violazione dei diritti umani in qualsiasi nazione, oppure, finché lo Stato palestinese rispetterà i propri impegni verso la pace, si dovrà evitare ogni interferenza negli affari intemi della giovane nazione, soprattutto dopo un conflitto tanto lungo e complesso? Personalmente sono del parere che noi israeliani dobbiamo tendere ima mano agli intellettuab palestinesi ed aiutarli neUa lotta per la democrazia e per il rispetto dei diritti umani, tenendo anche presente che mai due Stati democratici sono giunti allo scontro armato. La democrazia rappresenta la garanzia migliore per una pace stabile e duratura. Qumdi, malgrado l'imbarazzo e i problemi che comporterà la condanna deba violazione dei diritti umani nello Stato palestinese, noi siamo tenuti a mantenere un'atteggiamento di coerenza intellettuale nei confronti dei principi di libertà e democrazia che guidano le nostre azioni. Abraham B. Yehoshua Comprendere la legittimità del no palestinese al sionismo, almeno fino all'Olocausto, è importante per superare risentimenti del passato Valorizzare gli aspetti medio-orientali dell'identità israeliana può fugare le paure degli arabi dinanzi al possibile colonialismo culturale dell'Occidente Valoraspetdell'idpuò fudegli al poscultufine di sunte, una poturale i YEHOSHUA Il mio ponte per la pacA

Persone citate: America Yehoshua, Arafat, Benjamin Netanyahu, Netanyahu, Yehoshua

Luoghi citati: Gerusalemme, Israele, Palestina, Roma