«Tre guardiani contro la crisi» di Marco Zatterin

«Tre guardiani contro la crisi» «Tre guardiani contro la crisi» Sylos: Europa, FedeFmi vigilino sui mercati LA RICETTA DELL'ECONOMISTA c è molta incertezza, ma questo non vuol dire che sia tutto un caos insensato». Paolo Sylos Labini parla con grande serenità della crisi dei mercati che i Grandi del pianeta stanno cercando di arginare. Nelle Borse, sostiene il decano degli economisti di sinistra, tutto avviene molto più rapidamente rispetto a un tempo, eppure la velocità di trasmissione delle turbolenze dai listini all'economia reale è diminuita, dunque c'è più tempo per studiare le soluzioni. Questo, nell'era della moneta unica, consente di immaginare un'alleanza fra Banca Centrale Europea, Riserva federale e Fmi che affronti il problema regole, ma anche quello dei capitali necessari per tentare di riequilibrare la situazione. Sì, ammette il professore romano, servono molti soldi, «ma con le prediche non si va da nessuna parte». «La Borsa è ovunque in uno stato di fibrillazione - spiega Sylos Labini - e la metafora cardiaca si adatta bene alle circostanze. Ho avuto di questi problemi personalmente, so che non si capisce come vengono, da dove vengono e come può andare a (inire. Bisogna vedere cosa c'è sotto e certe volte ci vuole tempo. Se esistono fondamenta solide, l'esito della crisi può anche essere positivo. Occorre valutare lo stato di salute delle imprese private e quello dei conti pubblici, l'indebitamento e i profitti che su entrambi i fronti non debbono essere né troppo bassi, né troppo alti». Perché? «Non è vero che se i profitti sono alti vuol dire che va tutto bene. La grandi crisi degli Anni Trenta nacque proprio da un eccesso di profitti: questi crescevano perché aumentava la produttività ed i salari nominali erano stazionari. I prezzi non diminuivano e così le aziende guadagnavano di più. I grandi capitani d'impresa avevano il problema di dove investire questi capitali, che finirono in buona parte in Borsa. I listini salirono alle stelle, ma non poteva durare perché l'economia non era sana. Così fu un disastro. Questa situazione si è ripetuta in modo quasi speculare nel Giappone degli ultimi anni. Si è avuta una crisi da eccesso di profitti». Come se ne esce? ((Adesso si sta ridimensionano tutto, anche se ovviamente il sistema soffre e le ripercussioni sono generali: basti pensare che il Giappone possiede ampie porzioni di debito pubblico americano e ora questa domanda si è indebolita. C'è appunto una situazione di fibrillazione in un contesto di eccessi di emotività nei confronti delle variazioni dei listini che amplifica i movimenti. Se questo è il quadro, nemmeno il profeta Ezechiele potrebbe dire qual è la cura del malanno». Dobbiamo insomma abituarci a dei mercati con alti e bassi più frequenti? «E' anche effetto della globalizzazione. Con un vantaggio: il sistema è più rapido, ma ci sono più tempo e più strumenti per elaborare soluzioni. La crisi del '29 ci mise un anno o poco più prima di intaccare l'economia reale. Ai nostri giorni il distacco può essere maggiore e c'è più tempo per correre ai ripari». Ci si risiamo: in che modo? «La crisi dell'87 è stata fermata agendo sulla leva del rifinanziamento delle banche e dunque delle imprese. La Federai Reserve quadruplicò in breve gli affidamenti alle banche e, nel giro di tre mesi, bloccò i fallimenti e archiviò il pericolo». L'ultimo G7 ha dato due segnali, ha auspicato nuove regole per la finanza globale. E' la strada giusta? «Io credo che, con un'Europa che dal punto di vista monetario (e spero presto anche da quello politico) è unificata, c'è la possibilità di un triangolo con la Federai Reserve e Fondo monetario. Prima della moneta unica eravamo più deboli, bastava un Soros per mettere in ginocchio le nostre banche centrali. Le condizioni sono cambiate, si può dialogare ad alto livello per studiare formule che imitino i contrappesi usati a livello nazionale, valutino i focolai di crisi e permettano di controbilanciarli». Sarà una operazione costosa... «Serve un fondo, sia chiaro, visto che con le prediche non si ottiene nulla. E' naturale che ci sarebbe un costo, magari elevato, ma servirebbe ad evitare danni maggiori. Non ci vuole un genio per pensare questo. Il difficile è poi mettere in pratica gli insegnamenti. Tuttavia è da quelh che bisogna partire». Marco Zatterin L'economista Paolo Sylos Labini

Persone citate: Paolo Sylos Labini, Soros, Sylos, Sylos Labini

Luoghi citati: Europa, Giappone