Il crack di Yasser
Il crack di Yasser Il crack di Yasser Newsweek: casse vuote per speculazioni fallite NEW YORK. Arafat non deve preoccuarsi solo del processo di pace in Medio Oriente: oltre ai grattacapi politici ne ha anche di finanziari. E le questioni potrebbero legarsi, perché risolvendo i problemi al tavolo della pace il numero uno dell'Anp potrebbe ottenere un beneficio anche sull'altro fronte, in forma di aiuti economici occidentali. Stando al settimanale americano «Newsweek», di recente il leader palestinese sarebbe andato incontro a un gravissimo tracollo finanziario. Una fonte ben informata ha detto a Newsweek che, a causa di investimenti all'estero andati a male, Arafat ha perso più del 40 per cento del capitale ricavato dai monopoli per la benzina, il cemento e altri beni di consumo che il presidente dell'Autorità nazionale palestinese controlla a Gaza e in Cisgiordania. Secondo le fonte le perdite ammonterebbero a centinaia di milioni di dollari e l'offerta di aiuti americani in caso di sblocco del processo di pace «potrebbe rappresentare una tentazione». L'economia dei territori su cui l'Anp estende la sua sovranità è precaria: l'attività produttiva vi è assai ridotta e non ci sono risorse naturali. I palestinesi sono per tradizione dotati di iniziativa ma il decollo industriale è frenato dai rischi di instabilità politica (attentati, estorsioni per finanziare la causa da parte di gruppi estremisti islamici eccetera) che scoraggia chi ha capitali all'estero. In queste condizioni, le speranze si legano soprattutto alla pace: sia perché solo una situazione tranquilla può promettere uno sviluppo ordinato, sia perché, in modo più diretto, diversi Paesi si sono impegnati a elargire aiuti per favorire il processo di pace, ma questi aiuti sono condizionati a progressi effettivi sul piano politico. Dopo la firma degli accordi di Oslo, un gruppo di Paesi donatpri si impegnò a versare all'Autorità nazionale palestinese, tramite la Banca mondiale, un totale di 5 miliardi di dollari (ottomila miliardi di lire) nell'arco di cinque anni (fra il 1994 e il '99). In realtà, sono arrivati molti meno soldi. Per due ragioni: i Paesi europei sono stati i soli a stanziare quanto promesso, mentre gli americani e gli stessi arabi hanno lesinato i fondi; e in secondo luogo, la Banca mondiale ha messo come condizione alle erogazioni una contabilità trasparente da parte dell'Anp, tale da garantire un controllo dell'utilizzo dei fondi. Su questo piano, il mini-governo di Arafat ha lasciato molto a desiderare. L'anno scorso, nel mese di agosto, un'indagine condotta dal commissario speciale Saadi Krunz (il «Di Pietro palestinese») ha scoperto un caso di corruzione che ha portato alle dimissioni 16 ministri su 18. Lo stesso Arafat ne è stato sfiorato, benché più per sospetto di disinvoltura finanziaria e cattiva gestione che di disonestà. [e. st.] A sinistra la colazione a Wye Plantation tra Arafat (in primo piano) Clinton la Albright (a destra) e Netanyahu (foto piccola)
Luoghi citati: Cisgiordania, Gaza, Medio Oriente, New York, Oslo
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