Di Pietro: ho detto di no a una poltrona da ministro di Cesare Martinetti

Di Pietro: ho detto di no a una poltrona da ministro «Ma non darò pugnalate nella schiena al leader della Quercia» Di Pietro: ho detto di no a una poltrona da ministro CAMPOBASSO DAL NOSTRO INVIATO Di Pietro non entra nel governo D'Alema. Lo racconta lui davanti alla sua gente con un giro di parole che assomiglia a un indovinello: «Sono già tre volte che rinuncio alla poltrona di ministro. Ma se interrogate la vostra memoria ne conterete solo due...» Qual è la terza? Alla domanda Di Pietro non risponde. Spiega tutto il suo fido Elio Veltri: «La prima volta fu con Berlusconi, la seconda con Dini, la terza ieri, con D'Alema». E che ministero gli ha offerto? «Quello che voleva». No dunque alla «poltrona», ma sì al governo del segretario pidiessino. Sì «condizionato e a termine», dice il senatore del Mugello. D'Alema deve mettere nel suo programma la riforma elettorale e deve realizzarla entro primavera. Se no Di Pietro - fa capire - ritirerà il suo appoggio a questo governo che definisce con una certa irrisione prima «arcobaleno», poi «zabaglione». Lui già annuncia per il futuro (e «prima o poi si dovrà votare e la sinistra sarà costretta a scegliere tra noi e Cossiga») che non farà «patti di desistenza, né inciuci, perché bisogna saper distinguere tra normalità e normalizzazione: il ritorno della de è normalizzazzione». E Di Pietro vede spuntare la coda della vecchia de dalla riunione di ieri nel salotto di casa Dini. Di Pietro «movimentista» e Di Pietro in movimento. Baci, abbracci, manate, pacche sulle spalle, parole sussurrate all'orecchio, sorrisi, scherzi, aliti a confronto. Rotola tra la sua gente in un rapporto prima fisico che politico il senatore Di Pietro qui a Campobasso, prima «Festa» dell'Italia dei valori, il suo «movimento» (dodici deputati e cinque-sei senatori, secondo la valutazione di Federico Orlando), un Ulivo in scala minore e che all'Ulivo vuol però essere fedele nell'obbiettivo di una politica bipolare, con un sistema elettorale maggioritario a doppio turno di collegio: o di qua o di là, o destra o sinistra, che vinca e governi chi prende più voti. Prodi aveva il pullman, Di Pietro un camper, ieri parcheggiato qui nella piazza del municipio e da dove oggi partirà alla conquista della sua Italia minore, quella della «gente che non ha voce». «Cento giorni, cento province», dice il senatore. «E' il camper - dice l'onorevole Willer Bordon - la nostra risposta al governo D'Alema». Questa cosa del governo ha attraversato come una scossa elettrica il gruppo dei dipietristi. Ma Federico Orlando ci spiega che non poteva esistere una candidatura di Di Pietro al governo: «Il «movimento» morirebbe sen¬ za di lui. La democrazia italiana si sta trasformando da sistema dei partiti a sistema di leader: D'Alema, Cossiga, Bertinotti, Berlusconi...Di Pietro» E tutto il circo di questa festa è ritagliato sul «leader» molisano. C'è una mostra di fotografie con Di Pietro ripreso in infinite pose: a tavola, mentre parla, passeggia, al sole, con la giacca, senza giacca, gli occhiali, allegro, serio, arrabbiato. La fattoria Santa Lucia di Montenero di Bisaccia offre le sue grappe, Radio Valentina manda in onda le telefonate di gente che dice di essere «emozionata» per il solo fatto che tra poco ascolterà la voce di Antonio Di Pietro. La sua voce si spande dal palco per una quarantina di minuti. Comizio finale, oratoria a scatti, tagliente, colorita, ma mai in grado di innescare l'ovazione. Applausi: non si va in delirio per la legge elettorale. Di Pietro, accanto al suo camper, invita Prodi a raggiungerlo. L'ex premier era stato invitato a partecipare alla serata. Non è venuto. Di Pietro dice che «gli hanno fatto le scarpe perché voleva costruire l'Ulivo al di fuori e al di sopra dei partiti. Bisognava bloccarlo perché i partiti in questo modo venivano svuotati». In Italia, ha detto il senatore, succede sempre così a quelli che hanno fatto qualcosa di buono: «E' successo anche a me dopo Mani Pulite». Ma «non tutti i mah vengono per nuocere». Prodi farà bene a non accettare incarichi «da notabile», così come il senatore non ha accettato di entrare nel governo. Che venga sul camper: «Ci troverà sulla sua strada». A D'Alema «tanti auguri, perché ne ha bisogno». Da Di Pietro non riceverà mai «coltellate nella schiena», ma critiche «a viso aperto». Sì al governo perché la Finanziaria va approvata e in Europa non possono aspettare che «in Italia la politica cincischi in perdite di tempo». Ma sotto il risorgente sistema dei partiti - avverte Di Pietro - c'è una «bomba a orologeria: il referendum sulla legge elettorale per il quale Di Pietro e il suo movimento hanno raccolto 350 mila firme. In primavera si dovrà votarlo e l'esito è «scontato». Chiude il senatore: «Con chi starà allora D'Alema: con il vecchio o con il nuovo?» Con Cossiga o con Di Pietro? Cesare Martinetti II senatore Antonio Dl Pietro mentre conclude la festa che il suo movimento ha organizzato a Campobasso

Luoghi citati: Campobasso, Europa, Italia, Montenero Di Bisaccia