«L'arbitro falsa la partita»

«L'arbitro falsa la partita» «L'arbitro falsa la partita» i/ Cavaliere: sta giocando per gli altri LE CORRENTI DELLA DESTRA UROMA N regime, dice Domenico Fisichella, la mente sottile e filosofica della destra italiana: un regime è in fabbricazione, se ne vedono i segni, le avvisaglie. E non perché il governo D'Alema-duri o non duri, ma perché gli spazi di libertà si chiuderanno come pori, e alla fine le elezioni resteranno un rito vuoto e ciao democrazia. Questo è stato l'intervento forse più crudo, inquietante e capace di suscitare una reazione emotiva nell'assemblea del Polo delle libertà, nella sala della Regina. Risposte clamorose, iniziative al fulmicotone, nessuna. Tutto molto tranquillo, anche se con toni di voce talvolta alti, ma nessuna secessione, nessuna guerra di Troia annunciata, molte opinioni diverse e anche opposte, ma fra le quali spicca l'idea di unificare i gruppi parlamentari di Forza Italia, An e Ccd. L'aria, era quella della sconfitta con un vento di riscossa. L'intervento più accorato quello del filosofo Lucio Colletti che ha tuonato vibratamente contro l'ipotesi sciagurata di una secessione dal Parlamento, sostenuta ormai soltanto dall'onorevole Buontempo. E poi il partito deh'impeachment del Presidente della Repubblica, che ha la sua Giovanna D'Arco nella onorevole Mussolini e il suo corifeo nell'ex Filippo Mancuso, che ha definito «infame» davanti alle telecamere l'operato di Scalfaro, dopo le rivelazioni (poi smentite) di Cossutta a proposito della necessità di non fare elezioni anticipate per evitare un Presidente di destra. Anche Berlusconi ha attaccato Scalfaro, definito «un arbitro che altera il gioco e il risultato della partita». Il presidente di Forza Italia ha proposto un'inchiesta elettorale nei collegi dei deputati che sono andati con Cossiga, ma non tutti sono stati d'accordo perché una tale azione di guerriglia locale porterebbe fratture e perdite di alleanze locali. Berlusconi vorrebbe due cose: una legge elettorale che vincolasse i deputati al voto ricevuto impedendo emigrazioni e ribaltoni, e la riapertura dell'idea dell'Assemblea Costituente. Intanto, lotta durissima in vista delle amministrative e delle Europee che segneranno il momento della resa dei conti, il momento in cui gli italiani si conteranno, per di più col sistema proporzionale e in cui si vedrà quanto vale davvero la coalizione di governo e quella d'opposizione. Il Cavaliere non appariva molto agitato e anzi tutto il tono generale della discussione è apparso poco urlato. Fini ha attaccato frontalmente Cossiga: è lui, ha detto, che ci vuole chiusi nel castello crociato di cui parla, e quanto a Scalfaro, il segretario di Alleanza Nazionale non ha voluto calcare la mano, come aveva fatto Berlusconi e come avrebbe fatto di lì a poco Alessandra Mussolini, chiedendo la messa in stato d'accusa del Presidente della Repubblica, cosa che ha fatto rabbrividire Pier¬ ferdinando Casini che fra i tre è stato il più prudente e il meno drastico, anche se ha chiesto un'unificazione dei partiti almeno in Parlamento, allo scopo di resistere alla vincente strategia di Cossiga, consistente nel creare una massa d'attrazione al centro che possa seguitare a far smottare la zona liberale e cattolica del Polo. Fini ha spostato la linea di difesa del Polo sulla linea della resistenza al progetto di una nuova legge elettorale, fatta su misura degli otto partiti e partitini che compongono la maggioranza di governo. Quindi, nessun doppio turno e di confluenza: «Ve lo figurate Cossutta che dà ai suoi elettori l'ordine di votare per Cossiga?». Fini ha anche rilanciato il referendum di Segni, un referendum controverso ma che può spezzare il gioco governativo. Tutta la strategia d'attacco del segretario di Alleanza nazionale sembrava diretta a colpire quella di Cossiga, che è diventato l'uomo nero della destra. E secondo Fini non c'è miglior terreno di sfida che quello della Bicamerale, che è sempre stato il cavallo di battaglia dell'ex Presidente della Repubblica e che in questo momento viene abbandonata dall'Udr, perché le riforme istituzionali di cui si parla nell'area governativa sono certamente riforme condotte in Par¬ lamento e non fuori, con una campagna elettorale proporzionale e l'elezione di un'assemblea che riscriva tutta la Costituzione e non soltanto la seconda parte. Casini giocava palesemente in difésa. Prudente, un po' pompiere rispetto alle ali agitate del Polo, ha difeso Scalfaro sostenendo che la colpa anche delle sue discusse dichiarazioni è una conseguenza dell'invasione di campo di Cossiga il quale ha l'atto le consultazioni, ha disfatto un governo, ne ha varato un altro. Scalfaro espropriato non ha avuto margini di manovra e forse gli sono anche saltati un po' i nervi, sembra di capire. Casini non vuole la Costituente, ma un ritorno all'aziono parlamentare. Ha coraggiosamente riconosciuto che i deputati azzurri e i suoi sono potenzialmente vittime della attrazione cossighiana. Filippo Mancuso, ex ministro della Giustizia costretto alle dimissioni nel governo Dini. è senz'altro stato uno dei più radicali, la sua voce siciliana vibrava e il suo bersaglio continuo e diretto era sempre Scalfaro, come per la Mussolini. La nipote del duce ha sferzato i suoi capi, ha detto che erano state promesse iniziative clamorosé*che invece non si vedono, ha fatto la pasionaria e ha chiesto a gran voce che si dissotterri l'ascia di guerra contro il Presidente e che si uniscano i gruppi parlamentari. Questa proposta dell'unione dei gruppi è frequente e viene giustificata come una mossa difensiva, più che offensiva: ima risposta al disegno cossighiano di disossare il Polo portandosi via il centro, con un serrate-le-file sotto un'unica bandiera e nessuna distinzione fra liberali, post missini e cattolici democratici. Le urla di Lucio Colletti hanno fatto fischiare i microfoni. Il filosofo dissidente, che rifiuta di tradire e andarsene, ma sta scomodissimo dentro Forza Italia, ha espresso una critica appassionata e spassionata e quando qualcuno lo ha interrotto, gli ha gridato «grazie al cavolo!»: ha lamentato ima gravissima crisi strategica nel Polo, ima totale mancanza di iniziative, una profonda incapacità a capire per tempo quel che sta succedendo e ad elaborare risposte politiche in Parlamento e non contro il Parlamento e ha rinfacciato a Berlusconi di avere lui per primo annunciato la ime del Polo sostenendo che bisognava andare «oltre il Polo». E ha detto che se il Polo ha perso parlamentari, ciò dipende dalla forza di attrazione del centro cossighiano e non si può scaricare tutta la responsabilità sui deputati che hanno fatto la loro scelta, mentre le responsabilità vanno assunte all'interno. Di Fisichella abbiamo detto all'inizio: un intervento illuminista e freddo, raggelante, una prefigurazione di sintomi e segnali di un regime che avrebbe cominciato una marcia di lenta soppressione delle valvole che regolano alternativa e libertà. Paolo frizzanti Fisichella: sta nascendo un regime. Tutti gli spazi di libertà si ridurranno e le elezioni saranno inuti Fini: dare battaglia ai progetti di riforma elettorale fatti apposta per favorire la maggioranza Colletti: abbiamo perso parlamentari perché il centro esercita una forte attrazione e la colpa è anche nostra Il leader del Ccd difende il Presidente «Era obbligato dalle mosse di Cossiga» Mancuso spara «Un'azione infame»