Riso, produzione decisa dai consumi di Gianfranco Quaglia

Riso, produzione decisa dai consumi Si cambia strategia contro la crisi Riso, produzione decisa dai consumi MILANO. Il futuro del riso italiano si gioca nel Duemila con un'ipotesi che prevede la ripartizione della superficie, ritagliata a misura di consumatori europei e non di produttori. E' questo il messaggio che scaturisce dallo studio commissionato dall'Ente nazionale Risi a Nomisma, il centro studi bolognese fondato da Prodi nel '91 per ricerche sull'economia reale. Una maxi-proposta che dovrebbe dare un contributo sostanziale per uscire dalla grave crisi in cui si dibatte il settore. Già approvato da tutta la filiera risicola (agricoltori e industriali), il progetto sarà sottoposto all'esame del ministero delle Risorse Agricole, poi diventerà base per la riforma del regolamento comunitario. La risicoltura del Terzo Millennio secondo Nomisma parte da un presupposto: la centralità del consumatore come punto di riferimento. E suddivide il riso in due settori: quello «locale» (lo japonica coltivato soprattutto in Italia) e quello «mondiale» (tipo Indica o japonica parboiled). La grande scommessa è il riequilibrio del mercato con un'operazione di restyling sull'ettarato. Giuseppe Ferraris, responsabile del gruppo riso di Confagricoltura: «Si tratta di convertire la quantità di riso locale eccedentario a produzione di riso cosiddetto mondiale». La realizzazione del progetto avverrebbe attraverso lo spostamento di ettari e volumi di produzione. «E' uno studio molto approfondito - dice Piero Garrione, presidente dell'Ente Nazionale Risi - per alleggerire la pesanteza della situazione con l'equilibrio di mercato. Soltanto dopo la presentazione al ministero il progetto Nomisma sarà ufficializzato». Ma nel frattempo filtrano le anticipazioni. Per salvare il set- Piero Garrione tore oppresso da caduta di prezzi e concorrenza, secondo Nomisma la superficie risicola italiana dovrà esere coperta da circa 57.000 ettari di «mondiale» (o Indica, destinata a consumi di riso da contorno e non primi piatti), e 189.000 di japonica. Complessivamente 239.000 ettari. Rispetto alla situazione attuale la superficie di Indica aumenterebbe di 31.500 ettari. Una trasformazione che spinge gli agricoltori ad orientarsi verso nuovi scenari, limitando progressivamente le coltivazioni di riso locale. In questo modo sarebbe risolto il problema delle eccedenze. Secondo gli studi attualmente in Italia sarebbero infatti 180.000 le tonnellate di riso lavorato (equivalente a 50.000 ettari) e tutti derivanti da prodotto locale. La proiezione riguarda anche l'intera area comunitaria (con i partner Spagna, Francia, Grecia e Portogallo). I 433 mila ettari sarebbero così ripartiti: 145 mila a mondiale, 288 mila a locale. Una rivoluzione storica, che cambierebbe lo scenario. Tutto ciò, secondo gli addetti ai lavori, non significa abbandonare il «made in Italy». Anzi, agire su due fronti. E s'infittiscono le iniziative per promuovere la tradizione del cereale coltivato in Italia. Nel Novarese si sta svolgendo la rassegna gastronomica «Riso e Lago»; lunedì 26 ottobre a Costigliole d'Asti l'Italian Culinary Institute for foreigners organizza un convegno su «Riso, tipicità e tradizione italiana», con Stefano Bartezzaghi, Giancarlo Deidda, Edoardo Raspelli, Antonio Santini e Ezio Vizzari. Ea Milano, in serata, sarà presentata la «Guida Gallo 1999 ai migliori risotti del mondo», con Alberto Bevilacqua che ha curato la prefazione. Gianfranco Quaglia Piero Garrione

Luoghi citati: Francia, Grecia, Italia, Milano, Portogallo, Spagna