La scuola dei super manager di Valeria Sacchi
La scuola dei super manager Il caso Columbia La scuola dei super manager VENEZIA Gabriele Galateri DAL NOSTRO INVIATO Biscma mettere in conto di spendere i DO mila dollari, ma alla fine del biennio non è solo assicurato il posto di lavoro e un primo stipendio non inferiore ai 130 mila dollari, ma addirittura la possibilità di scegliere tra un ventaglio di proposte. E' il traguardo che attende i 600 che, dopo severissima selezione, accedono ogni anno alla Columbia Business School. Giovani che Filippo Cuneo, presidente di Bain Cuneo (uno degli importanti canali di sbocco post Master) definisce «atleti del business». Atleti frutto di una formazione «molto competitiva», come sottolinea l'amministratore delegato di IfiIfil Gabriele Galateri di Genola (anche lui un «ex» Columbia boy), nella quale «lo studente è il cliente della scuola e l'intero processo di educazione è frutto della cooperazione tra l'università, lo studente e le aziende che assumeranno i laureati». Anzi, proprio dalle società-sbocco vengono molti dei capitali che sostengono la Cbs. Goldman Sachs, Merrill Lynch e Morgan Stanley, che insieme assorbono dal 25 al 30% dei neolaureati, hanno finanziato la nuova ala del campus. E la «caccia al talento in formazione» è tale che, come racconta un altro «ex», Paolo Scaroni numero uno del gruppo Pilkington, Morgan Stanley lo scorso anno riuscì a conoscere prima che i corsi avessero inizio i nomi dei prescelti, e offrì a quattro di loro uno stage pre-universitario. In questi giorni 300 di questi «talenti» sono riuniti a Venezia per il tradizionale meeting fra ex allievi che, quest'anno, si tiene per la prima volta in Italia. Sotto l'egida di Daniele Bodini (American Continental Properties), Carlo Salvatori (Banca Intesa), Massimo Tosato (Schroder), Scaroni, Galateri e il gruppo Benetton. Alla Scuola Grande di San Rocco, tra le tele del Tintoretto, i 300 ascoltano dal sudafricano Meyer Feldberg, rettore di Cbs, come dovrà essere la «scuola di business per il XXI secolo». Un problema non semplice perché l'eccellenza del master presuppone una continua ricerca sulle nuove esigenze dei committenti finali e una costante messa a punto delle materie di insegnamento. Senza contare il problema di coinvolgere nuovi settori. Oggi il 70% dei laureati finisce nell'area finanza e consulenza, solo il 14% in aziende manifatturiere. Un rapporto che va corretto, anche se Scaroni confessa di non essere riuscito, quest'anno, a convincere un solo laureato a entrare in Pilkington. Poi tocca all'ospite d'onore Mario Draghi, direttore generale del Tesoro, chiudere il seminario con la storia recente delle privatizzazioni italiane, ed è una conclusione positiva: «Oggi l'Italia è diventata un luogo molto migliore per investire». Infine, liberi tutti di correre in giro per Venezia fino a lunedì e di ritrovarsi tra amici. Interrogati sull'esperienza alla Columbia, tre giovanissimi «ex» italiani ne parlano entusiasti e forniscono una buona notizia: chi, come loro, non ha i 100 mila dollari per il biennio non si disperi, in Italia le borse di studio per questa specializzazione abbondano. L'unico problema è dove cercarle. Valeria Sacchi Gabriele Galateri
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