L'ultima chance del Falco

L'ultima chance del Falco L'ultima chance del Falco Sharon alla ricerca del riscatto morale IL MINISTRO DEGLI ESTERI CTEL AVIV IRCA un anno e mezzo fa, con un sorriso storto da macho, Ariel Sharon, aggiustandosi addosso la camicia a quadri dopo aver munto per i fotografi una delle più belle mucche che egli stesso alleva nella sua fattoria, si lasciò andare a una birbonata: «Tanto lo sapete che io sono l'unico che può portare i negoziati con i palestinesi a un accordo permanente». Aveva in quei giorni condotto lunghi colloqui con i due uomini più importanti per Arafat e per l'Autonomia Palestinese: Abu Allah e Abu Mazen. Nella sua grande casa avevano gustato cibi di alto livello e riposato; la signora Sharon, come sempre tutta vestita di nero e ingioiellata, aveva sparso la sua grazia di gran signora di campagna e Sharon aveva loro semplicemente offerto uno Stato palestinese; piccolo, isolato, chiuso in una morsa territoriale, ma uno Stato vero. Abu Allah disse ai giornalisti che l'atmosfera era stata buona, ma che naturalmente non c'era e non poteva esserci niente di fatto. Ma era chiaro a tutti, compresi i palestinesi, che, con il beneplacito sotterraneo di Netanyahu, Sharon, il grande falco d'Israele, l'enorme, corpulento settantenne con la macchia della guerra del Libano nella sua biografia, amicone dei coloni, generale nella Guerra dei Sei Giorni, eroe della Guerra del Kippur, si candidava a essere colui che può fare ai palestinesi le concessioni che nessun altro può fare. Il teorema è quello di De Gaulle o di Begin: solo la destra può portare a casa in concreto le concessioni politiche che la sinistra vorrebbe fare. Ed è così che fu Ariel Sharon ad andare a chiedere scusa a re Hussein, sempre dimostrando i suoi ottimi rapporti col mondo arabo quando, nel settembre dell'anno scorso, il Mossad fece l'orribile gaffe di tentare invano sul territorio giordano l'uccisione del leader di Hamas Khaled Mashaal. Il re lo accolse come un vecchio guerriero amico: e di nuovo, ieri mattina, sulla strada verso Wye Plantation, nella sua nuova veste di ministro degli Esteri, Sharon ha visitato Hussein e si è umilmente accoccolato con un sorriso pieno di ammirazione davanti al piccolo re malato, calvo per la chemioterapia, bianco come un lenzuolo. Il re gli ha sorriso e lo ha quasi benedetto: un grande viatico per una trattativa con Arafat. Eppure è stato Sharon quello che per anni, più forte di tutti, ha ripetuto che la Giordania è la Palestina, e che là era la soluzione per lo Stato palestinese. Ed è sempre lui quello che fino a ieri ha seguitato a ripetere di non volere stringere la mano ad Arafat. Ma già i suoi dicono in un orecchio ai giornalisti: «Non vi preoccupate, andrà tutto bene». E infatti i palestinesi mostrano un certo, sorprendente gradimento verso l'uomo che 15 anni fa fu costretto a dimettersi da ministro della Difesa dopo le conclusioni della commissione Kahan, che gli attribuiva forti responsabilità nella grande strage di pale- stinesi di Sabra e Chatyla. Ai guerrieri saldi, e anche eroici (Sharon ha un curriculum di ferite sul suo corpo, e anche di gesta incredibili) il mondo arabo attribuisce sempre onore; e a Sharon di certo si può guardare come a un tipo che sa inventarsi grandi sorprese: i palestinesi le ricordano molto bene in questi giorni. Sharon infatti fu il generale che, accanitamente, sputando il sangue suo e dei suoi carristi ricacciò indietro con una famosa manovra a tenaglia l'esercito egiziano lanciato nel '73, durante la Guerra del Kippur, in una grande offensiva; e che poi, nell'81, con l'accordo di Camp David spinse con tutte le forze per sgomberare la colonia di Yamit nel deserto del Sinai per restituire agli egiziani il loro territorio. Le immagini della resistenza dei coloni coperti di schiuma dalle pompe dell'esercito, e poi trascinati via dalla zona da restituire a Sadat mentre le loro case venivano spianate dai bulldozer, sono fra le più strazianti umanamente della storia di Israele; sono una grande vittoria della ragione politica su quella del sentimento. Sharon non vuole essere per i secoli a venire soltanto un uomo di parte, anche se da molti anni non si pronuncia e non si scrive il suo nome senza chiosarlo con il sostantivo aggettivato «falco». Sharon vuole essere una pietra miliare nella storia di Israele: è uno dei pochi leader nato qui, nella fattoria collettiva di Kfar Malal, e per lui è insopportabile l'idea di passare nella memoria collettiva solo come il perfido responsabile di stragi di palesti ^ ». nesi. Nella sua i tenta di non biografia c'è n gruppo fermamente laico (e tale tuttora Sharon resta) dei quadri nati nell'Hagana, il primo nucleo di autodifesa ebraico che combatté la guerra del '48 dove già a vent'anni egli era comandante di brigata. C'è l'insubordinazione verso i superiori quando, da comandante paracadutista nel '56 si lanciò all'attacco e vinse senza il permesso delle gerarchie. C'è la facoltà di legge, che ne fa un membro dell'elite militare colta. Nella Guerra dei Sei Giorni Sharon fu uno dei generali che restarono segnati dal complesso di superiorità della grande vittoria. Nel periodo deUe battaglie contro le cellule terroristiche della West Bank si accorge che la sua carriera politica, inziata con l'elezione nel '72 alla Knesset, è legata alla simpatia dei coloni di quella zona per i suoi convincimenti politici, per le sue maniere rudi e patriarcali, per il suo modo di esprimersi sempre troppo determinato, per le sue posizioni senz'altro annessioniste. Quando Netanyahu ha voluto convincere i duri di Hebron a votare per lui ha usato Sharon, che andò a promettere ai coloni che l'accordo di Oslo sarebbe stato abbandonato. Netanyahu ha poi cercato di liberarsi di lui, di non concedergli spazio nel governo, ma non ha potuto. A sua volta spaventato dalla forza ella storia per le stragi e Chatyla vente visita sein malato a dato la edizione» di questa figura di Cincinnato che di quando in quando stacca il suo fucile dal chiodo e lascia la fattoria per lanciarsi in lotte secondo lui decisive per la salvezza di Israele, Bibi gli ha mandato emissari nella fattoria di Havat Ha Shimkim a offrirgli un ministero delle Infrastrutture inventato apposta per lui. Il prezzo lo ha fissato Sharon: anche le Ferroanche l'acqua, anche l'elettri » . ^ ». A 70 anni tenta di non restare nella storia soltanto per le stragi di Sabra e Chatyla Commovente visita a re Hussein malato che gli ha dato la sua «benedizione» » A 70 annrestare nsoltantodi SabraCommoa re Husche gli hsua «be

Luoghi citati: Giordania, Israele, Libano, Oslo, Palestina