Al vecchio tiranno il conto della storia

Al vecchio tiranno il conto della storia Al vecchio tiranno il conto della storia Impose la stabilità con il sangue e la repressione : PERSONAGGIO AL POTERE PER 17 ANNI SSCIVOLA in qualche modo l'ombra della Storia, dietro questa notizia dell'arresto di Pinochet. L'arresto, non sorprende: il bisogno diffuso di giustizia che accompagna il nostro tempo di oggi, quando la violenza e le armi che la tv ci racconta quotidianamente da ogni angolo del mondo paiono dominare impunite, questa voglia comune di giustizia può trovare un suo risarcimento immediato anche nel recupero ora di una memoria lontana. Vent'anni fa il Cile era terra di dittatura, e i conti vanno pagati. Churchill un giorno disse che «la storia comunque non perde la memoria»; lui parlava per sé (e per la delusione ricevuta da Attlee), ma sapeva bene che quelle sue parole tagliavano i limiti dell'autobiografia, e valevano per tutti. La storia non perde la memoria. La sorpresa della notizia sta però nel luogo che ne racconta la cronaca. Londra è a diecimila miglia da Santiago, eppure ieri è riuscita a dare quello che nessun politico e nessun giudice, a Santiago, era stato capace di avere. Il Cile di oggi, a viaggiarlo dentro le sue terre che s'allungano sulla costa del Pacifico, ha poco del Paese di venticinque armi fa, quando, nell'alba infreddolita di un settembre di pioggia e nebbia, i militari posero fine all'esperimento controverso di Unidad Popular e portarono a compimento il progetto di Nixon e Kissinger, di bloccare «il contagio comunista». Pinochet prese il potere e lo esercitò con ogni durezza, consegnando poi l'economia nazionale agli esperimenti neoliberisti dei «Chicago boys». Oggi Pinochet è un vecchio generale in disarmo, e il Cile è un Paese governato dalle leggi della democrazia. Ma il nuovo tempo della politica non ha ancora saputo cancellare il peso del passato: il dittatore in pensione si è ritagliato un ruolo essenziale, che condiziona il confronto tra partiti riformisti e partiti conservatori; il timore di una rottura di questo equilibrio delicato frena la libertà del giudizio politico sugli ultimi vent'anni di storia. S'incontra sempre una sorta d'imbarazzato silenzio, lungo le strade del Cile, quando si tenta di parlare di quel passato; e vengono invece messi in rilievo i successi dell'economia nazionale, la sua crescita annuale ininterrotta di un 7 per cento, le ambizioni che lo fanno (anche nella crisi di quest'anno di disastri finanziari) «il dragone d'America Latina». Come se 3 costo che venne pagato in termini di violazione dei diritti umani - la tortura, i morti, i desaparecidos - sia stato comunque ricuperato in termini di sviluppo e di crescita del reddito. L'ipotesi di questo drammatico bilancio turba una metà della società cilena (naturalmente ne soddisfa l'altra metà), ma comunque accompagna i tormenti della coscienza collettiva perché la politica economica dei governi democratici succeduti a Pinochet ha assorbito le linee principali della politica economica della dittatura, li rischio che quest'eredità accende - in una società tuttora spaccata sull'analisi del proprio passato - è che la legittimazione del modello sperimentato dai «boys» del dittatore trascini con sé anche una qualche legittimazione della dittatura come momento necessitato di un Paese lacerato dalla crisi (ma il ministro democristiano ed economista Fo- xley, quando alcuni mesi fa ne parlammo a Santiago, respinse il rischio: «Basta vedere l'accentuazione che i governi di Ailwyn e Frei hanno dato alla spesa sociale, per capire come il nostro modello economico non sia lo stesso di Pinochet»). Un sussulto di ribellione contro il dovere necessitato del conformismo esplose a Santiago a marzo di quest'anno, quando Pinochet fu costretto (ma soltanto dal regolamento) ad abbandonare il ruolo di comandante in capo delle forze armate e passò a occupare lo scanno di senatore a vita. Per la prima volta in forma massiccia e dichiaratamente «politica» fu richiesta la messa in stato di accusa del dittatore senza più uniforme, e dall'aula del Parlamento di Valparaiso la richiesta arrivò fino all'aula del Tribunale; non ebbe seguito, però fu un atto che rompeva la continuità della soggezione agli equilibri di una transizione non completata. Un risultato arrivò comunque un mese fa, l'il settembre, quando l'anniversario del golpe del '73 per la prima volta non venne celebrato come festa nazionale. Nessuna società può sottrarsi al dovere della memoria, una volta che il tempo della dittatura si è chiuso. Nei Paesi del Sud America che uscivano dal tunnel delle Giunte militari, dall'Argentina al Cile all'Uruguay, Paraguay, Ecua¬ dor, il modello spagnolo di transizione alla democrazia è stato studiato con attenzione febbrile: e se i partiti tornati alla luce della vita pubblica apprezzavano, di quel modello, la fluidità indolore del passaggio di sistema, i generali e i colonnelli mettevano invece in risalto la capacità della democrazia madrilena di stendere una copertura sulle responsabilità del passato. Ma le tensioni delle società latinoamericane hanno dimostrato come il modello spagnolo fosse in larga parte inapplicabile, perché troppo recenti erano le ferite inferte alla vita di quei Paesi, e troppo aspro ancora il peso del dolore e delle violenze subite, mentre a Madrid i quarant'anni dalla Cruzada avevano distanziato sufficientemente il tempo delle vendette, dei rancori, del desiderio culturale di una riparazione. L'arresto di Pinochet riapre ora il percorso della memoria, e già in questo spazio tormentato si muove anche l'Argentina (ne è coinvolta pure la nostra giustizia, chiamata a deridere su alcuni desaparecidos con passaporto italiano). Che la notizia arrivi da Londra ha comunque un forte valore simbolico, perché in tempi in cui la globalizzazione pareva assumere mi ruolo esclusivamente economicistico, ora che la mano della giustizia rivela di saper superare anch'essa frontiere e rispetti politici, il villaggio globale appare una realtà più vicina al nostro comune sentire. I vecchi dittatori latinoamericani hanno destini tonnentati, anticipava la letteratura di quei Paesi, con il «Patriarca» di Garcia Marquez, con il «Supremo» di Roa Bastos. Il letto della convalescenza di una clinica londinese continua a raccontare quella stessa storia, e risveglia i fantasmi tormentati di un mondo che chiede, anzitutto, la sanzione della giustizia, prima di dimenticare. Bioy Casares diceva che in quei Paesi «l'oblio corre più leggero della storia». Ma da Londra pare proprio che non sia così. Mimmo Candito Nominato da Allende, stroncò nel 73 l'esperimento socialista di Unidad Popular Ora si spezzerà in Cile quel delicato equilibrio che ha permesso di congelare il passato Wmmm W I WS ■n^HHI H iBlliil MhPhì "mar L'ex dittatore Augusto Pinochet (a sinistra) con i! presidente Salvador Allende Nella foto piccola, il premier britannico Tony Blair