«Scalfaro temeva la destra» Cossutta attacca, poi si pente

«Scalfaro temeva la destra» Cossutta attacca, poi si pente «Scalfaro temeva la destra» Cossutta attacca, poi si pente LA GAFFE SUL COLLE PMILANO 01 smentirà. Ma alle 17,51 il compagno presidente Armando Cossutta ferma i taccuini (e gli orologi). Da mezzora sta parlando a un migliaio di militanti - facce un poco meste, in questa prima assemblea pubblica del neo-partito quando le sue parole cominciano a scalare la sommità del Quirinale: «... E allora abbiamo ascoltato con rispetto le preoccupazioni del presidente della Repubblica Scalfaro quando ci ha detto molto chiaramente che nuove elezioni avrebbero potuto comportare la vittoria delle destre, quella di Fini e quella ancora più pericolosa di Berlusconi...». Silenzio, ancora, «(e Scalfaro ci ha detto) che in quel caso un Parlamento di destra avrebbe finito per eleggere un Presidente di destra, per sette anni... - Cambio di tono, accarezzando la platea - ve lo vedete voi per sette anni un Silvio Berlusconi al Quirinale?». Non c'è applauso, ma silenzio, anche se non si ha la sensazione che la platea abbia inteso per bene il retroscena appena svelato. Ma sottotraccia si percepisce un piccolo sbandamento nel retropalco. Così piima che finisca l'intervento, un paio di colonnelli raggiunge la pattuglia dei cronisti per dire: «Il compagno Cossutta dovrà precisare alcuni passaggi del suo discorso... Lo farà appena finito». Si aspetta. Cossutta conclude tra applausi e ovazioni del salone, dove ondeggia pure una mezza dozzina di bandiere, scattano i flash, si alzano i pugni chiusi, volano le note dell'Internazionale. Lui scende dal palco, vede la ressa dei cronisti, intercetta qualche faccia scura tra i suoi e dice: «Andiamo nella saletta». Entra, si siede. Dunque la precisazione. Scusi, Cossutta, ma cosa le ha detto esattamente il presidente Scalfaro? «Mi ha espresso la sua preoccupazione...». In ordine a cosa? «Che nel caso di elezioni e nel caso di una vittoria della destra, ci sarebbe anche il rischio di avere per sette anni un presidente della Repubblica di destra». Le ha detto esattamente questo? «Sì». E le ha anche fatto il nome di Silvio Berlusconi? «No. Assolutamente no». Ma ugualmente non crede che... Cossutta fa un sorriso gentile, si alza, dice: «Adesso devo andare a salutare i compagni». Gli si chiude la scorta alle spalle, sparisce, ma lasciandosi dietro questo pacco a orologeria che solo facendogli torto diresti; ha innescato con la noncuranza di una distrazione. Ma per natura, educazione politica, carattere e persino consuetudine d'abbigliamento, Cossutta non è uno che lascia spazio alle distrazioni. E' arrivato puntuale, ore 15,30, elegantissimo, qui alla Camera del Lavoro di Milano, tagliando a metà la folta schiera dei militanti in attesa. Militanti dai quarant'anni in su, con i fazzoletti rossi, la bandiera, gli sguardi un poco persi dentro a questo primo scenario del dopo Bertinotti. Pensionati che ti dicono: «Questa è la seconda stangata che prendiamo, la seconda scissione». E un altro: «Vedi 'sta bandiera? La porto in giro da cinquant'anni, è del pei, il partito comunista italiano, perchè io ero, sono e resterò comunista». E Bertinotti? «Bhaaa! Un avventurista». Qui tutti hanno voglia di parlare. Basta chiedere, scusi, ma lei quante volte ha scritto, su un muro o su un volantino, Kossiga con la kappa? «Dieci, cento, mille!», ti dice Giorgio Stanghellini, baschetto con stella rossa, e il vecchio Che Guevara stampato sulla pancia. «E' Bertinotti che ha cambiato la rotta, e ci ha fatto male al cuore... Ce lo ha spezzato... Il dolore di oggi è la rottura con il Paese... Così Bertinotti ha resuscitato dei cadaveri e adesso ci costringe a inghiottire il rospo di Kossiga». Silvano, ex operaio, pensionato: «La vergogna di Bertinotti applaudito in Parlamento dalla destra non ci appartiene. E' un estremista, uno che si è avvitato al suo specchio». Massimo, sindacalista: «Ù lavoro che ci aspetta è enorme, non solo per la presenza ingombrante di Cossiga. Dobbiamo riaggregare quello che Bertinotti ha diviso, ma anche espanderci verso i ceti medi. Fare cose concrete, cambiare il possibile, smetterla di affidarsi alle ideologie...». Renato Franchi, segretario di sezione: «Sinceramente pensavo che Bertinotti avrebbe tirato la corda per poi mollare un minuto prima... \^ JJ Invece l'ha proprio rotta. E' cascato a capofitto verso l'isolamento mettendoci in questa compagnia pazzesca dei Cossiga, dei Buttighone... Sinceramente io ero appena uscito dal pds, stavo per prender la tessera di Rifondazione, ma porca miseria, mi sono fermato un minuto prima...». Manuela, operaia: «A Bertinotti resteranno un po' di militanti, un po' di trinariciuti che sognano di notte lo sciopero. Ma gli elettori saranno con noi. Perchè gli elettori sono i lavoratori e i lavoratori guardano il mutuo, guardano la busta paga, e non gliene frega niente dei talk show tv dove Fausto fa il nano e la ballerina, contemporaneamente. Meno male che c'è il grande Cossutta...». Il quale Cossutta arriva, entra, sale, dice quello che dice («E allora Scalfaro mi ha detto...»), poi scende, conferma il suo pacco a orologeria, lo lascia lì e se ne va. Centododirninuti più tardi, ore 19,43, riappare via Ansa: «Sono stato male interpretato. Volevo dire che... Discutendo con il Presidente ho capito che...». Ma il detonatore ha già fatto il botto. A destra, a sinistra, al centro. E pure lassù, sul Colle. Pino Corrias Nella foto a sinistra Armando Cossutta ieri a Milano durante la manifestazione di fondazione del suo partito Qui accanto il presidente della Repubblica Scalfaro

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