BEATO ANGELICO Il capolavoro rivelato
BEATO ANGELICO Il capolavoro rivelato Un vero gioiello pittorico, fino a ieri segreto, sarà esposto per la prima volta a Torino dal 24 ottobre BEATO ANGELICO Il capolavoro rivelato NTORINO ON mi è mai capitato» è lo spontaneo e stupefatto incipit con cui Federico Zeri, nell'ultimo j video che ce lo mostra ancora acceso di passio: lJJ ne, si tuffa entusiasta entro questo microscopico specchio di pitiura «superlativa», percorrendone a voce l'incantato perimetro. A sottolineare proprio l'eccezionalità di un ritrovamento che porta linfa alla storia della pittura e al percorso ancora controverso di un artista sublime e parco quale Fra Giovanni da Fiesole, non a caso «canonizzato» subito come l'Angelico. Giustamente, presentando questo cristallino gioiello d'intatta devozione che dal 24 ottobre si potrà venerare come una reliquh presso gli Antichi Maestri Pittori di via Andrea Doriasino al 19 dicembro) Luciano Bellosi ripercorre il canmino di un frate-artista che si inventò «pittore clericale, il primo nella storia dell'arte europea, contrapponendosi allo spirito laico di un Brunelleschi, di un Donatello». Ma non c'è mai nulla di retorico, di bigotto, ci non-nato dentro la sua pittura: anche qui la pittura sgorga con l'innocenza di un fiato di preghiera, incanata nei luminescenti colori di minerale chiarezza, c\v si fanno sobrio impaginato liturgico, nella verità unana e umile di un costato che si pietrifica in tenero jaimeggio, o di un perizoma impalpabile che è già moibida, cedevole architettura. E' il miracolo dela misura che c'inghiotte in questa sorta di concertata visione dalla matematica purità masaccesca. Ma sela Donna della Trinità di S. Maria Novella si volta sentante verso di noi, qui tutto «s'immilla» e rinserra in una perfezione di pietra dura. Col Cristo crocefisso a] vertice di questo teatro del silenzio: un povero lcgio che per un istante, quello benedetto della visione,toma carne e calore, a soffrire per i suoi martiri e fors anche per noi, spettatori convogliati ad entrare dd filo nitido della prospettiva. E l'algida architettura brunellescliiana (quella calcinata quinta delle due colonne in pietra serena, che funge da sipario e quei «sottilissimi fili di luce che indicano lo scorcio dei gradini» come scrive benissimo Bellosi) d'un baleno si tramuta in scatola affettuosa d'una confidenza, tabernacolo affabile d'un alto colloquio. D'un Dio crocifisso, che si sopisce e spegne nel contenuto, sanguinante ripetersi dell'agonia, la barba sfatta e sofferente, e dialoga con gli uomini in basso, «anch'io ho patito come te» pare dire a Pietro martire, con quella scritta frammentata che scende in terra quasi un raggio di benevolenza. Ed è proprio questo concentrato solenne di ridotto formato e di massima espressività «stringata», che iolgorò Zeri. Basta aver avuto per pochi attimi questa particola di sereiùtà tra le mani, quasi un neonato del Rinascimento, per accorgersi che non poteva che essere un prodigio di devozione domestica. Un altare rivestito di panno blu, un interno di cappella (con l'annuncio laterale di altri bordini di cappelle e lesene, quasi a suggerire esilmente l'eco rifratto e terrestre di questa parola incarnata). Solide geometrie che si disciolgono in racconto vivo, che scongelano il fotogramma imbalsamato della fede. E se è vero che «il divino sta nel dettaglio», qui tutto è calibrato con sapiente candore. Il profilo del Cristo incastonato in un nero «manto», quel colare del sangue che rivola nei recessi dei muscoli torniti dalla vita e che riverbera come un'elegante coccarda sul manto del martire. Mentre venniglia di compunzione si protende la rilegatura borchiata del Libro, insieme alla gonfia riconoscenza di Tommaso. Ed è magnifico: in quei poclù centimetri di convivenza (che non son mai impietriti in una destrezza da miniatore bensì amplificati nel respiro aereo del freschista) puoi rilevare quei minimi giochi di assestamento delle figure: il diverso sgranarsi dei panneggi, l'interiorità più ferita di Pietro, che si stringe all'orgoglio inusitatamente verde della palma di martire. Marco Vallora Un Cristo crocifisso al vertice di un teatro del silenzio Tutto, nel quadro è calibrato con sapiente candore // dipìnto porta nuovi elementi alla storia della pittura e al percorso di un artista sublime Il quadro del Beato Angelico: è nlto soltanto 21 centimetrma è un autentico capolavoro Il quadro del Beato Angelico: è nlto soltanto 21 centimetri ma è un autentico capolavoro Federico Zeri: si deve a lui l'attribuzione del quadro dipinto dal frate-artista in età giovanile
Persone citate: Bellosi, Brunelleschi, Federico Zeri, Luciano Bellosi, Marco Vallora, Maria Novella
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