«Lavoro, una risorsa per pochi fortunati» di Valeria Sacchi

«Lavoro, una risorsa per pochi fortunati» Il Cardinal Martini: rischio in prospettiva «Lavoro, una risorsa per pochi fortunati» «Avremo una moltitudine di generici» Caliieri: soddisfatto appena il 20% Il cardinale di MiMILANO. Come restituire valore al lavoro dandogli nuova «centralità», come renderlo «soddisfacente», un'occasione per partecipare e realizzarsi. E naturalmente come far crescere le occasioni di occupazione in un mondo in cui la disoccupazione è ormai una delle angoscie dominanti. Questi e altri tomi sono stati ieri al centro del dibattito su «11 lavoro come valore», che ha riunito in Assolombarda intorno al tavolo - moderatore Ferruccio De Bortoli, padroni di casa Benito Benedilli e Michele Perini il commissario Cee Mario Monti, il vicepresidente di Confindustria Carlo Caliieri, il ministro del Lavoro Treu, il segretario della Cgil Cofferati e in chiusura, ospite d'onore, l'Arcivescovo di Milano Carlo Maria Martini. Il lavoro, dunque, come evolve nelle aspettative alla luce di grandi mutamenti come globalizzazione e rivoluzione tecnologica, e lo spettro della disoccupazione che si porta dietro un altro spettro: quello che in prospettiva vedrà un mondo diviso tra una elite ristretta formata da coloro che «hanno in mano il sapere» e la professione, insomma i «pochi fortunati», e la grande moltitudine degli altri: i generici, poco istruiti e a rischio costante di emarginazione. 1 primi potranno vivere il lavoro come valore, ai secondi toccherà un destino di insoddiiazione perenne. E' una tendenza che emerge da ricerche recenti e che addirittura restringe al 20%, come spiega Caliieri, la pattuglia futura dei «pochi fortunati». Le ricette per evitare questo bipolarismo sbilanciato sono note: flessibilità, meno regole e meno rigidità e, come chiede Monti, «flessibilità anche nei mercati dei capi¬ no, Martini tali». Di questo «doppio volto» parla anche Martini. «Mentre cresce il numero di coloro che vedono nel lavoro e nelle condizioni del suo esercizio una prospettiva di crescita della persona - osserva il Cardinale - è ancora molto sentito da noi il dramma del posto del lavoro, il dramma del lavoro che non c'è o che si teme di perdere». Due mondi che di conseguenza vivono «diversamente il valore lavoro». La prima pattuglia, quella che vive dove il «lavoro c'è o lo si trova facilmente», può cercarlo più conforme alle proprie aspirazioni, un mezzo di sviluppo personale; per la secondo il lavoro è ridotto a sopravvivenza e dramma. Ecco allora che Martini si richiama alla parabola del figlici prodigo per tracciare uno dei «valori ultimi» ai quali il lavoro deve tendere: la responsabilità verso il fatto che il lavoro, e di conseguenza il rapporto con le persone, «debbono essere liberanti». E più avanti concluderà che quando il lavoro è libero esso apre lo spazio a una coscienza e a una disponibilità che definisce «gratuità». Un buon lavoratore è colui che «sente la vocazione di farsi maestro dei giovani». Perchè «lo stipendio si gioca sul mercato e sta allo sue leggi, l'attenzione e la passione con cui facciamo un lavoro si sviluppano al di fuori della legge del mercato». Dopo la parabola, i richiami alla Bibbia e al terna della protezione della terra. 11 lavoro, afferma il Cardinale, deve sviluppare le risorse della terra, sprigionarne tutta la ricchezza nascosta, ma sempre nel «rispetto e salvaguardia della bellezza e dell'ordine». Valeria Sacchi Il cardinale di Milano, Martini

Persone citate: Carlo Maria Martini, Ferruccio De Bortoli, Mario Monti, Michele Perini, Milano Carlo

Luoghi citati: Milano