«Non bisogna più costruire» di Enrico Martinet

«Non bisogna più costruire» «Non bisogna più costruire» «Chi fa le leggi non conosce la montagna» LE ACCUSE DI RIGONISTERN MARIO Rigoni Stern non ha dubbi: «Il Sud... Si dice tanto del Sud, e a ragione, ma il profondo Sud è in montagna, la dove si abbandona e si è abbandonati». C'è anche ricchezza, il turismo. La Convenzione delle Alpi parla di limiti da dare, di «stress» della catena alpina. «Sono deluso dalle convenzioni, la montagna e quella che è. E quella vera è fuori mano, senza turismo, con la gente che coltiva campi, alleva bestiame, fa il fieno. Ci sono isole felici, come le regioni autonome, la Valle d'Aosta o il Trentino Alto Adige, ma vi sono aree depresse, dimenticate. Non ci sono fondi, niente denaro, povera economia. Provate ad andare in Val Soana, in Val Formazza o nelle valli del Cuneese». Non crede negli accordi internazionali, nei protocolli? «Convegni ne fanno molti, certo, dalla Carta di Chivasso del 1943 in poi, ma finora non ho visto nulla. Finanziassero le Comunità montane, invece, sarebbe già un passo avanti. Sa che cosa mi ha detto il professor Paul Guychonnet? Magari le avesse la Francia, le Comunità montane. La legge e valida, ma come al solito in Italia tutto viene confuso. C'è perfino una parte del Comune di Roma fra le Comunità montane, forse è meglio chiarire che dovrebbe esserci un limite, che so, 800 metri sul livello del mare. La verità è che chi grida più forte ottiene, e i montanari non sanno gridare». E' soltanto una questione di denaro? «No, certo che no. La montagna si spopola di gente e si popola di case. Sono chiamate "seconde" e rimangono chiuse la maggior parte dell'anno. Portano via terra preziosa e con essa il reddito dei montanari. Basta costruire, bisogna riutilizzare quanto c'è già. Un altro guaio? Il turismo ha portato benessere in molte zone, ma anche la città in montagna, mondi che sono invece in conflitto e la montagna perde. E poi l'Europa...». In che senso? «Nel senso delle nonne sanitarie. Con i piedi al caldo e in città sono state fatte leggi assurde come quelle che obbligano a pastorizzare nelle malghe la panna per fare il burro. Oppure le norme sui rifugi alpini. Sono cose incredibili. La montagna è una realtà sconosciuta». Le Alpi sono il cuore d'Europa, non potrebbero essere loro a contribuire all'u¬ nione? «Certo, ma bisogna saperlo. Le Alpi sono sempre state vie di comunicazione, non hanno fermato i montanari veneti che andavano in terra asburgica, non i valdostani o i piemontesi». E quindi lo «stress»... «Lo "stress" delle Alpi è l'ignoranza con cui sono considerate. Chi è a Strasburgo o a Bruxelles forse ignora la storia alpina, i viaggi degli inglesi del 17001800. Dal punto di vista culturale non sono più conosciute e sono preda delle città». Ci sarebbero soluzioni per l'economia senza ricorrere all'assistenzialismo? «Eccome. Bisogna valorizzare i prodotti montani. La terra un tempo era una ricchezza, oggi non lo è più. Diamo valore al lavoro, tutto qui. Chi produce nelle malghe ha buoni guadagni. Potrebbe averne, meglio dire. Un esempio è Rozzo, paese di 700 abitanti, nell'altipiano di Asiago. Vengono dappertutto a comperare le patate». L'idea è la specializzazione delle colture? «Si. A proposito di patate, ho visto in una valle sperduta della Svizzera un buon esempio. Semi adatti alla montagna dati gratis dal governo di Berna. Ciò significa incentivare, guidare una coltivazione». Se dovesse definire la montagna? «Luci, colori, armonia e aria buona. E invece è intesa, anche dal punto di vista letterario, solo come ambiente ludico». Enrico Martinet 3.-: Sopra, l'immagine di un paesaggio alpino. La quinta conferenza delle Alpi ha definito tre settori di intervento in cui muoversi per difendere la catena montuosa. A sinistra lo scrittore Mario Rigoni Stern

Persone citate: Mario Rigoni Stern, Paul Guychonnet