«La pillola antidialisi è ancora lontana» di R. Cri.
«La pillola antidialisi è ancora lontana» «Il farmaco può rallentare il peggioramento della malattia, ritardando i tempi del ricorso alla terapia» «La pillola antidialisi è ancora lontana» Incoraggianti risultati da Bergamo, ma i nefrologi smorzano MILANO. C'è cautela fra i nefrologi italiani sulla «pillola anti-dialisi», già sperimentata su oltre 300 pazienti. Claudio Ponticelli, presidente della Società Italiana di Nefrologia e primario della divisione di nefrologia del Policlinico di Milano, parla di «notizia molto esagerata», che «rischia di indurre false speranze nei malati». Dopo aver sottolineato che per chi è già in dialisi non esiste alcuna cura perché la funzione renale è definitivamente compromessa, il nefrologo ha aggiunto che anche per chi non è ancora in trattamento «purtroppo la pillola anti-dialisi non esiste». Ponticelli ha ricordato che il medicinale in questione fa parte di una classe di farmaci per l'ipertensione arteriosa, gli «ace-inibitori», i cui effetti sulla «proteinuria», cioè sul passaggio di proteine dal sangue nelle urine, causato dalla infiammazione renale, è noto fin dal 1985. Negli ultimi anni poi si sono susseguiti diversi studi internazionali, fra cui uno italo-franco-tedesco, coordinato dal professor Maschio di Verona e pubblicato sul New England Journal of Medicine, in cui si metteva in evidenza che un farmaco simile era in grado di rallentare il peggioramento della malattia, facendo guadagnare al paziente qualche mese rispetto all'entrata in dialisi. «E questo - ha precisato il medico - riguarda meno della metà dei nefropatici cronici, quelli che hanno proteinuria». L'ultimo studio sull'attività dell'ace-inibitore ramipril, condotto da 14 divisioni italiane di nefrologia per complessivi 352 malati, è stato coordinato dall'Istituto Mario Negri di Bergamo e dal nefrologo Giuseppe Bemuzzi. Secondo Bemuzzi i risultati di questo studio, che oggi sarà pubblicato su «Lancet», dimostrerebbero che il farmaco «può rallentare di 10 volte il danno ai reni e forse addirittura bloccarlo, dopo tre anni di azione del farmaco». Ma Ponticelli frena: «Non ho visto i dati dello studio, ma dubito che questa terapia possa andare molto più in là di un rallentamento della malattia già comunque provato», ha detto. «Molti pazienti telefo¬ neranno chiedendo di avere il "nuovo" farmaco senza sapere che da anni ne è stato loro prescritto uno simile, se non quello stesso». Silvio Garattini, direttore dell'Istituto Mario Negri, ha spiegato che lo studio sull'utilizzo dell'«ace inibitore» (normalmente prescritto per la pressione del sangue ma efficace anche per le malattie renali) non è l'unico in grado di portare a risultati di rilievo. I farmacologi dell'Istituto stanno studiando il miglioramento delle terapie farmacologiche contro il rigetto di organi nei trapiantati. «Lo studio sull'Ace inibitore - ha detto Garattini - è durato molti anni e ha permesso di scoprire in laboratorio che il principio attivo funzionava anche per le malattie renali degli animali. Si tratta di un risultato importante che permetterà a molte persone di non arrivare alla dialisi con grandi vantaggi sanitari ed economici». L'utilizzo del farmaco in un anno non costa, infatti, più di mezzo milione contro i 60/80 milioni annui per i trattamenti di dialisi. [r. cri.]
Persone citate: Claudio Ponticelli, Garattini, Ponticelli, Silvio Garattini
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