Germania, la banda dei sassi-killer ricatta la Mercedes di Emanuele Novazio
Germania, la banda dei sassi-killer ricatta la Mercedes L'incidente su un'autostrada in Renania. L'azienda: «Minaccia seria, faremo di tutto per proteggere i nostri clienti» Germania, la banda dei sassi-killer ricatta la Mercedes Prima auto danneggiata: «Pagate dieci miliardi o la prossima volta uccideremo» BONN DAL NÒSTRO CORRISPONDENTE . «Per questa volta soltanto danni alla carrozzeria della Mercedes, la prossima volta un morto», avverte il foglietto a stampa attaccato al passamano di metallo. La polizia ci crede: dallo stesso ponto affacciato all'autostrada poco fuori Neuss, in Renania, domenica sera qualcuno ha lanciato due sassi contro una Mercedes in transito. Un fortissimo spavento, una frenata che ha lasciato i segni sull'asfalto, un parabrezza qua e là in frantumi ma niente danni ai passeggeri. Il messaggio è tuttavia un ultimatum: se la casa automobilistica di Stoccarda non pagherà 10 milioni di marchi (10 miliardi di lire) secondo modalità da stabilire, dalla prossima volta i sassi saranno più grandi e la mira più accurata. Polizia e azienda, fanno sapere i portavoce, prendono «molto sul serio» una vicenda che ripropone un fenomeno «senza eguali al mondo», come avverte il criminologo Thomas Feltes: ogni anno cpiasi 150 imprese tedesche di ogni dimensione sono vittime di ricattatori, anche se nella maggior parte dei casi le minacce finiscono nel nulla e i colpevoli in carcere. Finora, tuttavia, il contatto che il foglietto attaccato al passamano richiedeva non c'è stato: nonostante la Mercedes, seguendo le istruzioni, abbia pubblicato un'inserzione col numero di telefono al quale far riferimento. «Faremo di tutto per evitare che i nostri clienti possano subire danni», garantisce l'azienda di Stoccarda. Mentre la polizia invita alla prudenza ogni volta che si passa sotto un ponte e, pur lamentando una fuga di notizie che «rischia di compromettere le indagini», chiede collaborazione ai cittadini: «Segnalateci qualsiasi sospetto, avvertiteci se notate presenze dubbie lungo le strade». Non è la prima volta che la «Daimler-Benz» - primo gruppo industriale tedesco - è sotto tiro, sempre per via delle sue auto: in febbraio, un tipografo di Stoccarda è stato condannato a 4 anni e 9 mesi dopo essere stato colto in flagranza di ricatto. Minacciava di sparare a caso sulle Mercedes di passaggio e ammoniva che a meno di 5 milioni di marchi - e di un elicottero a disposizione dopo il pagamento del riscatto - avrebbe «passato settimane a conteggiare quanto una carneficina a colpi di fucile e di bazooka» sarebbe costata, in immagine, al fiore all'occhiello dell'industria automobilistica tedesca. Il «ricattatore col bazooka», in realtà, era armato di una pistola perfettamente in regola con le leggi federali, e di calibro modesto. Come spesso è accaduto: l'improvvisatore primitivo, in¬ cauto, è figura dominante nell'iconografia del ricatto, in Germania almeno. Secondo un modello riassunto al meglio da un ingegnere bavarese di 48 anni arrestato l'anno scorso a Ingolstadt: per settimane aveva avvelenato barattoli di marmellata «Schwartauer», avvertendo però sempre e con ampio anticipo la polizia. Quando l'hanno preso ha confessato di essere in difficoltà economiche: «Mi serviva un milione di marchi, ho pensato che il ricatto era il modo più rapido per ottenerlo», ha spiegato. La stessa dimensione artigianale dell'impresa, con le dovute e rarissime eccezioni, ha segnato centinaia di altri casi: nessuna banda e neppure armi sofisticate, ma individui isolati e incensurati, persone normali. Niente in comune con il cultbandito «Dagobert», che fra il '92 e il '94 ha gabbato la polizia con trappole e: artifici da ma¬ nuale, modellando le proprie gesta sul pennuto disneyano. E' proprio lui, «zio Paperone», il secondo riferimento d'obbligo nell'iconografia del ricatto. Anche il capo della squadra speciali; che lo ha preso in una cabina telefonica, a Berlino, ha riconosciuto il talento dell'ex tecnico delle Ferrovie che si è arricchito per davvero, in carcere, vendendo la sua storia di bandito spregiudicato e colto. Chi c'è, dunque, dietro i sassi contro le Mercedes in transito? Emuli di un mito che al sofisticato «Dagobert» ha garantito fans, denaro e, per due anni, impunità? O improvvisazione e frustrazione, azzardo e scarso senso delle proporzioni, come nel caso del tipografo preso a Stoccarda? Gli psicologi della polizia sono divisi: la scelta del bersaglio - auto di lusso - contrasta con la modalità d'intimidazione. Emanuele Novazio
Persone citate: Thomas Feltes
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