La lunga attesa dei candidato di Augusto Minzolini

La lunga attesa dei candidato La lunga attesa dei candidato Fra dubbi e certezze, poi la chiamata dal Colle ROMA AL capo della segreteria, Nicola La Torre, al portavoce, Fabrizio Rondolino. Dieci huighe ore per aspettare un incarico che non arriva mai e che, alla fine in quella fatidica telefonata poco dopo le 17, la prudenza di Oscar Luigi Scalfaro trasforma in un preincarico, identico nelle parole e nella formula a quello affidato a Romano Prodi qualche giorno fa. Un sospiro di sollievo, l'emozione sul volto che lo rende incapace di parlare. Eppoi la solita frase che gli spunta in bocca quando le luci della ribalta lo imbarazzano: «Andiamo a lavorare». Qualche ora dopo la ripeterà dopo un brindisi spartano con spumante e bicchieri di carta. Brindisi d'addio al Bottegone. Eppure il pre-incarico che potrebbe aprire la strada al primo governo guidato da un post-comunista ha avuto una complessa gestazione. Le bizze di Cossiga e dei suoi, i dubbi di Scalfaro e i problemi dei neo-comunisti di Cossutta lo hanno messo addirittura in forse. Alle prime luci del mattino di ieri le trattative condotte dagli «sherpa» erano bloccate, per non parlare dell'umore di un Capo dello Stato indispettito per quella candidatura che gli aveva rivoluzionato i piani. Non è stato facile per D'Alema. Quell'idea di dare le chiavi della stanza dei bottoni ad un post-comunista ha fatto paura a qualcuno. Appena martedì scorso, quando quell'ipotesi non era neppure nell'aria, il presidente della Cei, cardinale Camillo Ruini, aveva assicurato in una riunione a cui erano presenti esperti di comunicazione come l'ex direttore di Raiuno, Emmanucle Milano: «Scalfaro non darà mai l'incarico a D'Alema». Già, i preti e i comumsti o, meglio, i post-comunisti. Basta questo a spiegare perché Scalfaro ha avuto tanti problemi in questi giorni. Perché i nuovi alleati di D'Alema, quell'Udr che è figlia diretta del ceppo democristiano, ci hanno pensato e ripensato: far fuori il cattolico Prodi per dare il governo all'ex comunista D'Alema non è cosa facile da spiegare ai vescovi. Nel giorno più lungo della sua vita D'Alema ha percepito gli echi di questo drammatico travaglio. Gli hanno raccontato quello che il Presidente aveva detto al mattino ai rappresentanti del gruppo misto. Dopo che Fausto Bertinotti aveva esposto il suo disappunto per un governo che metteva insieme in poclù giorni, con fin troppa disinvoltura, una maggioranza medita, il signore della crisi aveva esclamato: «Giustissimo. Vorrei avere mi registratore, queste sono le mie parole... Ho molte perplessità por il percorso scelto». Voci, notizie riferite!, che hanno messo in allarme lo staff dalemia110. Come quelle che pervenivano dall'Udr. Condizioni sul programma specie sulla scuola, sulla giustizia, sulla bioetica, sulla famiglia. «Se D'Alema lo accetta diventerà - ironizzava Angelo Sanza - come i socialdemocratici che noi democristiani avevamo nei governi di centro». E ancora richieste di ministeri per Carlo Scognamiglio, per mi uomo di Mastella, Cardinale, per un uomo di Buttiglione, Folloni. Docce fredde accompagnato da assicurazioni di un appoggio imanime chi; però non avevano riscontro nella realtà. «Buttiglione - ha raccontato ad un certo momento D'Alema ai suoi - ha votato contro». Eppoi la rivolta del Polo, la minaccia di dimissioni di massa. «Ma mica saranno pazzi?», chiedeva il presidente incaricato «hi pectore» ai suoi. «Lo faranno per impressionare Scalfaro», si rispondeva lui stesso. E probabilmente a ragione, visto che nelle stesse ore il Presidente confidava a Cossiga: «Sono preoccupalo por il Polo». Cossiga, appunto. D'Alema o i suoi collaboratori sono stati sui carboni accesi lino a quando non hanno sentito quoll'iunorale exCapo dello Stato dire la sua hi Tv. Quando il segretario della Quercia lo ha sentito parlare dell'esigenza di creare nel nostro Paese un bipolarismo europeo tra socialisti e po- polari, oggi alleati o domani alternativi, D'Alema ha tirato un sospiro di sollievo, lì' rimasto silenzioso, invece, quando il nuovo alleato ha tirato fuori l'espressione «governo politico di legislatura». «Ho ancora paura - ha confidato a Claudio Burlando, che seguiva i tg accanto a lui - di qualche trappola. Se sento parlare di governo politico di legislatura mi spavento». Eh si, non è una cosa semplice spiegare ai comunisti, agli stessi diessini, che bisogna andare a braccetto per qualche anno con l'uomo di Gladio. Passi Mastella che Cossutta considera «più a sinistra di Dini e Maccanico», ma Cossiga, lì a sinistra, è ancora un piatto indigesto. Per non parlare della freddezza che ha sempre contraddistinto i rapporti tra il vecchio padre putativo, Oscar e il nuovo, Francesco. Così quando, intorno alle 14, Scalfaro ha telefonato al Bottegone, D'Alema quasi si aspettava quel- l'invito alla prudenza: «Dammi qualche ma. vorrei rifletterci un po'. Vorrei capirti so hai davvero i voti...». «Per noi - ò stata la risposta - quello che decidi va bene. Se pensi che è ancora presto, che non è il mio turno, non ci sono problemi. Ti assicuro, però, che se mi dai l'incarico di formare un nuovo governo mi impegnerò seriamente». Altre ore nervose, pione di dubbi. Con quel rebus che incombe: lo darà, o no? Altri problemi. I nervosismi dentro Ri fondazione per le proposti! dell'Udr sulla scuola e sulla famiglia: «Mi sa tanto che questo governo non avrà mai luce...», sentenziava a metà pomeriggio il comunista Rizzo. Le primo defezioni ncll'Udr sottoposta alle lusinghe di Berlusconi, E i problemi di poltrone, quelli che assillano da sempre i de e non solo loro: Walter Veltroni che è disposto a rimanere al governo solo por un ministero importante; Mattarella, la Jervolino e D'Antoni che si litigano la vicepresidenza nel Ppi; i oossighiani che pretendono la Pubblica Istruzione. Roba da uscire pazzi. E Scalfaro che vuole dire la sua su tutto c che, a metà pomeriggio, si impunta sul fatto che più di un pre-incarico non può dare. Neppure il fido Marini fa cambiari! decisione al Presidente. «Un incarico pieno - spiega inutilmente al Colle il segretario del Ppi sarebbe la dimostrazione che un eventuale fallimento di D'Alema aprirebbe la strada alle elezioni». Ma in fondo, un pro-incarico è meglio di moni e. La macchina è partita e il personaggio non è tipo da fermarsi a meta strada. A sera, nel rituale incontro con il presidente della Camera, lo rassicura: «Tra martedì e mercoledì porto al Quirinale la lista dei ministri». Por lui il governo è già fatto. Augusto Minzolini In alto i leader del Polo Sopra Marini e a destra Manconi

Luoghi citati: Brindisi, Milano, Roma