«È finita la guerra fredda» Ecco la chiave della svolta di Paolo Guzzanti

«È finita la guerra fredda» Ecco la chiave della svolta «È finita la guerra fredda» Ecco la chiave della svolta ^ ALEMA (! consapevole di questo benché sia il segretario del maggior partito di coalizione e benché avrebbe meritato Palazzo Chigi subito dopo l'apertura delle urne (se si l'osse trattato del famoso Paese Normale). D'Alema sa dunque, come molto saggiamente ha detto, di essere arrivato alle soglie di Palazzo Chigi per una concatenazione di anomalie: «Io stesso sono consapevole della situazione eccezionale», ha detto, mostrando un rispetto per le turbe del Polo che è comunque importante, anche se rispondesse soltanto a necessità tattiche, il che non è affatto detto. Ora, non resta che aspettare che ri realizzi la famosa profezia di Nanni Moretti, e cioè che D'Alema riesca a fare un governo che dica «qualcosa di sinistra», ma che rappresi:,:^ un punto di svolta e non di trauma nella storia italiana. Con molta intelligenza Massimo D'Alema ha subito dato atto, nel suo bei vestito grigio, della «anomalia» del suo incarico di governo. Ed e stato il suo primo gesto politico dopo quello di omaggio a Romano Prodi, presentato come l'uomo generoso che ha proposto il suo nome. La giornata del 16 ottobre 1998, cinquantacinquesimo anniversario della razzia nazista nel ghetto di Roma e ventesimo del pontificato del Papa polacco, si e dunque conclusa con questa storica novità di un segretario generale del partito comunista che non si chiama e non è più comunista, chiamato a ricoprire il posto di primo ministro. E chiamato, per di più, dallo stesso Francesco Cossiga che Massimo D Alema o anni fa voleva processare per tradimento alla Costituzione. Certo, al Quirinale D'Alema c'è andato alle sei e mezza di sera dopo aver ricevuto la convocazione del presidente Scalfaro. Ma il momento chiave della giornata, e anche il momento politicamente più alto, è stato quello in cui Francesco Cossiga, settimo Presidente della Repubblica italiana, è uscito dal colloquio con Oscar Luigi Scalfaro, ottavo Presidente e suo successore. Il suo discorso è consistito nel dichiarare chiusa la guerra fredda italiana, suturate le lacerazioni e proporre una unità operativa fra i due tronchi politici che domani formeranno i due schieramenti alternativi: quello dei socialisti democratici e quello del moderati libera- li. Nello stesso momento, in via del Plebiscito 102, Berlusconi, Fini e Casini, scuri in volto e negli abiti, convocavano una cupa conferenza stampa in cui si dichiarava l'illegittimità politica dell'incarico a D'Alema, colpevole di essere arrivato a Palazzo Chigi grazie a parecchi deputati eletti nelle liste del Polo. L'adrenalina ieri circolava per Roma nei palazzi e nelle piazze, la notizia dell'imminente incarico al segretario Ds provocava capannelli, discussioni agli angoli delle strade e si formava una piccola folla di operatori televisivi e di curiosi davanti al portone di Botteghe Oscure, come anche davanti al Quirinale transennato in modo da impedire il blocco delle macchine di servizio. Era una bellissima giornata ottobrina, quella di ieri nella capitale italiana. Una delle prime conseguenze del discorso di Cossiga, che ha aperto la strada alla collaborazione effettiva tra comunisti ed ex comunisti di tre famiglie con liberali anche conservatori, oltre ai Verdi e a tutti i cespugli del defunto Ulivo, è stata l'adesione all'Udr di Saverio Vertone, filosofo torinese per lunghi anni comunista, poi eletto in Forza Italia e quindi passato al gruppo misto. Udito il discorso di Cossiga ha apprezzato la qualità dell'apertura a D'Alema e si è trasferito anche lui nel gruppo dell'ex Presidente della Repubblica. Resta un giallo, 0 un motivo di profonda curiosità, stabilire perché il Presidente della Repubblica abbia impiegato cinque ore a convocare il segretario Ds. Secondo molti osservatori non citabili il Presidente avrebbe dovuto superare una lunga fase di perplessità, sia perché la soluzione D'Alema gli sarebbe parsa eccessivamente precipitata e precipitosa rispetto ai tempi, sia per un certo turbamento nei confronti del suo predecessore Cossiga, notoriamente non amato in tempi ormai lontani, il quale in questi giorni gli ha rubato la scena, sia pure fra mille inchini e spagnolismi, conducendo in realtà le vere consultazioni, scogliendo i nodi da sciogliere e garantendo con la sua posizione di padre nobile la congiunzione di forze assolutamente estranee fra loro. Di tutto ciò Massimo D'Alema era e si è dimostrato prudentemente consapevole. Ha risposto in modo meditato anche al filosofo cattolico Buttigliene che clùedeva la famosa parità per le scuole cattoliche, ha avu¬ to parole rispettose per Fausto Bertinotti, che ha ringraziato per i suoi segnali positivi, ma al quale ha detto con garbata durezza che non ha alcuna intenzione di ritirare la Finanziaria che ha provocato la crisi, sia per evitare l'esercizio provvisorio, sia perché «è una buona Finanziaria». Il D'Alema che usciva ieri dal Quirinale era straordinariamente in fonna: calmo, parlava a braccio ma più che altro mostrava la qualità ciceroniana più preziosa e apprezzabile in un politico, specialmente se giovane e circondato da un pubblico molto caloroso: la prudenza, la disponibilità. Avendo visto l'espressione traumatizzata dei tre segretari del Polo, e udito le loro parole cariche di una frustrazione violenta e capace di innescare meccanismi deliranti e suicidi come quelli delle dimissioni in massa («qualcuno si è dimesso dalla I ragione» ha commentato Lucio Col- j letti), possiamo testimoniare il senso di ragionevole sollievo provato nell'udire D'Alema che, invece di celebrare il suo «D Day», teneva a I freno ogni ipotesi di intemperanza e j anzi si dedicava a lanciare segnali di apertura e dialogo, con molta pazienza, con l'aria di chi mostra di sapere da tempo che la politica è l'arte del possibile. Paolo Guzzanti Ma sarà difficile ricomporre in fretta un quadro politico frammentato da troppo tempo Resta il «giallo» sul ritardo di 5 ore per la chiamata al Colle del segretario della Quercia

Luoghi citati: Roma