«Crepuscolo» sospinto do ondato di suono

«Crepuscolo» sospinto do ondato di suono Al Lingotto l'orchestra Rai diretta da Inbal «Crepuscolo» sospinto do ondato di suono TORINO. Non ci sono opere che si adattino meglio di quelle di Wagner all'esecuzione da concerto, e infatti esiste una lunga tradizione al proposito, in Germania e in Italia dove due cicli completi dell'«Anello del Nibelungo» sono già stati eseguiti alla Rai nelle memorabili interpretazioni di Furtwaengler e Sawallisch e quello diretto ora da Eliahu Inbal non sfigura minimamente al confronto. Nel buio dei teatri, con i movimenti di scene e personaggi, 1'«Anello» esprime la sua potenza epicomitologica; nella sala da concerto, centellinato un atto per volta, e ascoltato col libretto sott'occhio, rivela soprattutto la sua complessità psicologica: l'ascoltatore attento si rende pienamente conto del «miniaturismo» wagneriano, segue l'esplorazione stupefacente della musica nei meandri del sentimento e della psiche come mai potrebbe fare in teatro. Non ha quindi tanto senso rimproverare alla Rai una scelta che impedirebbe di percepire l'unità dell'opera: se l'unità è rotta, altre cose vengono fuori con una chiarezza altrimenti assolutamente irrealizzabile. E' necessario però che il direttore d'orchestra agisca come se i personaggi fossero presenti sulla scena. E Inbal ha impresso al Prologo e al Primo atto del «Crepuscolo degli dei», che ha inaugurato al Lingotto la stagione sinfonica della Rai, un'impressionante carica gestuale. Chiudendo gli occhi, nessuno avrebbe pensato di aver davanti dei cantanti in abito da sera: le voci erano infatti sospinte dalle ondate di un'orchestra che le faceva muovere, piegarsi, impennarsi, abbandonarsi come se fossero espressione di un'azione rap¬ ii direttore Eliah Inbal presentata in quel momento. Bisogna dire che la compagnia era ad alto livello, a cominciare dalle tre Nome (Jadwiga Rappé, Dagmar Peckovà e Gabriele Maria Ronge) che hanno reso con intensità la grande scena del prologo: tre voci ben disposte a lasciarsi attrarre dai gorghi cromatici, dalle oscurità fatali che costellano i racconti e le profezie di sventura. Dopo di che il «Crepuscolo» esplode nel duetto luminoso, felice, di Sigfrido e Brunilde, ben cantato da Stig Andersen e Nadine Secunde, seppure queste siano apparse come le voci meno forti della compagnia, molto ben educate ma un po' al di sotto delle esigenze epiche e drammatiche delle rispettive parti. Ottime, invece, le voci scure: la scena cupa e minacciosa di Gunther e Hagen ha avuto in Siegfried Lorenz e Kurt Rydl due interpreti magnifici per forza e oscurità demonica; Gutrune era ben impersonata da Gabriele Maria Ronge mentre Iris Vermillon ha dato il dovuto rilievo al racconto di Waltraute. Molto bene l'Orchestra Sinfonica della Rai diretta da Inbal che ha esaltato il contrasto dei colori, senza disperdersi nei particolari, come talvolta accade di sentire. La magica epopea si è quindi delineata a grandi linee con luci diverse: notturne nella prima scena, primaverili nella seconda conclusa dal viaggio di Sigfrido sul Reno, crepuscolari nella terza, cupa e fiammeggiante nel duetto finale tra Brunilde e l'irriconoscibile Sigfrido. Il successo è stato calorosissimo e ha creato una grande attesa per le serate di sabato e domenica col secondo e terzo atto. Paolo Gallarati ii direttore Eliahu Inbal

Luoghi citati: Germania, Italia, Torino