Vestirsi d'oro per rendersi immortale di Liliana Madeo
Vestirsi d'oro per rendersi immortale Esposto a Roma lo straordinario personaggio scoperto in Kazakhstan negli Anni Settanta Vestirsi d'oro per rendersi immortale Nella magnificenza di un principe-guerriero i miti arcaici della steppa I ROMA L kaftano è rosso, come quello che il giovane principe-guerriero indossava quando fu sepolto nel V secolo a. C. nel grande monumento funebre eretto per lui nella steppa dell'odierno Kazakhstan. Anche gli ornamenti che ricoprono giacca, stivali, pantaloni, cintura, spada, pugnale, scintillano alla pari di quelli - ricami e piastrine d'oro con intarsi di pietre preziose - che per secoli si sono conservati sotto la terra e la neve, sul corpo del misterioso giovane (o una giovane? una sciamana? come ha ipotizzato una studiosa americana). Il manichino, in posizione eretta, alto più di due metri, si scopre in un salone del Palazzo delle Esposizioni dove è approdata la mostra che si intitola «L'uomo d'oro», come appunto è stato chiamato l'anonimo personaggio, con il suo ricco abbigliamento, venuto alla luce negli anni Settanta per caso durante uno sbancamento del terreno. Il manichino, in alluminio anodizzato, non vuole restituire l'e- mozione che deve aver assalito gli archeologi quando scoprirono questa testimonianza del passato che è diventata un po' il simbolo delle culture delle steppe. Quella figura misteriosa mette ordine fra i tanti itinerari che la mostra invita a percorrere, attraverso i seicento reperti esposti, ori, bronzi, ceramiche, statue, usciti per la prima volta dal Kazakhstan, rinvenuti in un territorio tre volte più grande della Francia e che sempre ha fatto da cuscinetto fra Oriente e Occidente. Si copre un arco di tempo di circa duemila anni (dal XV secolo avanti Cristo al VII secolo dopo Cristo), dall'età del bronzo alla vigilia del periodo islamico. Si incontrano le popolazioni nomadi che per secoli tumultuosamente hanno attraversato gli spazi sconfinati delle steppe dalla Mongolia ai Carpazi, dalla Cina occidentale all'Asia Minore, dal Mar Nero alla Siberia orientale. Pastori, guerrieri. Civiltà che sembrano emergere dal nulla, civiltà ad un tratto scomparse, civiltà assimilate dai conquistatori, civiltà capaci di assorbire elementi nuovi immergendoli nella propria tradizione. E - in tutta questa sarabanda di popoli che viaggiano - uno stesso filo corre di secolo in secolo, trasmettendo la stessa identità culturale, «un'omogeneità estesa nel tempo e nello spazio che è fenomeno eccezionale» dice Chiara Silvi Antonini, dell'Università di Roma, nel catalogo Electa. Arrivano per primi - i primi di cui parlano le fonti orali poi diventate scritte - i Cimmeri, «uomini strani e poveri che bevono latte e più di tutto rispettano la giustizia», che abitano un paese «cupo e immerso nella nebbia», secondo le parole di Omero. Invadono il vicino Oriente, si spostano verso le regioni trans-caucasiche dell'Europa centrale, distruggono il regno della Frigia, saccheggiano le colonie greche dell'Asia Minore, poi vinti dagli Assiri, alleatisi con gli Sciti - finisce la loro epopea e spariscono per sempre dallo scenario della storia. E' il VI secolo a. C. Vengono quindi gli Sciti, i Saka, i Massageti, i Sarmatin, gli Unni, i Bulgari, gli Avari, i Turchi. Tutti, fin dai tempi più antichi, costruiscono alti tumuli funerari con gli ornamenti del defunto e gli oggetti della sua gente, in una gran profusione di oro e di raffigurazioni concitate del mondo animale, cervi, cigni, pantere, aquile e - so¬ prattutto - cavalli, cavalli alati, cavalli che rappresentano la divinità del sole. Il cavallo è il grande amico dell'uomo: viene sepolto insieme con il nomade, sacrificato in suo onore, forse col compito di traghettarlo nell'ai di là. Anche nella tomba di Issyk, dove era se¬ polto YUomo d'oro, migliaia di piccole placche d'oro, come raccontano quelle esposte a Roma, illustrano la presenza meombente del mondo animale, il rispetto, il tùnore, la dimestichezza dell'uomo con le forze della natura, il desiderio di appropriarsi della loro potenza. Mito e leggenda, simboli e prodezze estetiche si mescolano. Attraverso questo linguaggio i popoli della steppa trasmettono la loro visione del mondo, la loro concezione della morte e della sopravvivenza. Come fanno i grandi monoliti, stele antropomorfe ad altezza naturale, messi a conclusione della mostra: appartengono all'epoca più tarda del tempo preso in esame; nell'Asia centrale nascono città e castelli, il rapporto tra uomo e uomo prevale su quello fra uomo e animale, l'espansione attraverso la steppa diventa conquista di territori da parte di una stirpe guerriera; i guerrieri immortalano se stessi. Liliana Madeo Un ornamento per cintura in forma di testa di tigre Completamente in oro è databile tra il V e il IV secolo avanti Cristo
Persone citate: Chiara Silvi Antonini, Turchi
Luoghi citati: Asia Minore, Cina, Europa, Francia, Mongolia, Roma, Siberia
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