Ballando la samba con Oreste

Ballando la samba con Oreste Ballando la samba con Oreste Pubblichiamo un racconto del '47 mai entrato in «Atti impuri» 1(7 ottobre 1947) Ieri sera i ragazzi di Versuta, miei amici, vennero due volte a chiamarmi e, non avendomi trovato, partirono senza di me per Rosa. Io ero stato alla stazione di C, ad accompagnare due miei amici, il poeta Menichini e il pittore Zigaina, che erano venuti a trascorrere la domenica con me, cenai in fretta, mi spolverai e scesi nel cortile, dove T. e Alfredo, dimenticati dai compagni, mi attendevano. Partimmo insieme verso la sagra di Rosa. Ero in uno dei miei stati di gioia, allorché mi concreto in un mondo che sembra creato a posta per ac¬ cogliermi: la notte di metallo, una luna i cui liquidi rosa sfacevano il buio, la lunga strada rilevata nel candore della polvere... Parlavo gioiosamente con T., e, poiché di buon umore la mia ossessione non muore ma si ripresenta sotto la forma di una decantata mordacità e gli slanci affettuosi, d'altra parte, quasi per pudore, si tramutano in un linguaggio sfrontato, ci divertimmo un mondo ridendo della semplicità di Alfredo; ed egli non rideva di meno, divertito dal sentirsi paragonare a un angelo (...). Rosa era nel pieno fervore della sagra. Attraversato un ponte, la strada si dirama, e il bivio era appunto il cuore di quella felicità domenicale. Lungo la stradetta a sinistra si trovava la grande piattaforma, dove si stava ormai ballando: delle luci fitte e deboli, illuminavano tutta quella scena con le coppie volteggianti sul tavolato e la folla che si accalcava intorno al recinto per guardare. Nella cristallina umidità della campagna quel rettangolo di luce da cui si sprigionavano i ritmi snodati e velini dell'orchestra, era la perfetta immagine di quella modesta felicità. A destra, lungo la strada che porta in paese, c'era l'osteria brulicante di avventori, molti dei quali, già ubriachi, cantavano. Trovammo subito gli altri ragazzi di Versuta, e non appena intravidi Oreste, quasi amichevole invito, l'orchestra incominciò a suonare una rumba. Lo presi per un braccio - non ancora accorto di me - e lo trascinai verso la piattaforma; ed egli mi seguì senz'altro, felice. Acquistammo i biglietti con una specie di frenesia; colui che era incaricato di ritirarli volle avvertirci che la rumba era quasi finita e che non valeva la pena... Ma io impaziente gridai: «Non importa!», sì che egli, il generoso, non accettò il biglietto e ci concesse gratis la danza. Era più di un mese che io e Oreste, frequentando tutti i balli dei dintorni, ballavamo insieme, all'apertura, quando era ancora difficile trovare la ballerina e alla conclusione, per terminare in tripudio la festa. Ma quello che ci appassionava e riuniva i nostri batticuori era un nuovo passo di danza, la samba, che per molto tempo fummo gli unici a conoscere, la gente, vedendoci, rideva e ci ammirava. Non so dire quali vertici di gioia io e Oreste attingessimo nell'eseguire le figure angeliche di quella danza. A Rosa però il successo non fu pieno, come speravamo, forse perché non si trattava più precisamente di una novità. Nel compiere il giro intorno alla piattaforma, io osservavo la gente, potendolo agevolmente fare - e ciò mi stava molto a cuore - in quanto nei ritmi veloci era Oreste a guidare, e, in quelli lenti, pur guidando io, avevo tutto 0 tempo di spiare la siepe di volti illuminati che ci separava dalla notte. Chi cercavo, non c'era. Alcuni ragazzi seduti sul recinto presso l'orchestra non avevano di seducente che l'età. E poi, com'erano distratti! Si leggeva nei loro occhi la pienezza e la vividità dei loro unici interessi. Ma ecco che mescolato tra la folla - eppure stranamente solo - vidi un fanciullo, che, la prima volta che ballando gli passai davanti, notai appena. Al secondo giro, invece... L'avrei detto straniero, un romano o (fantasia senza ritegni!) un siracusano... Ormai danzavo meno volentieri con Oreste, poiché il mio cuore batteva ai margini di quel tavolato invaso dalla luce su cui ero salito per seguire lo speciale, il filo della mia gioia. Manovrai col buon Oreste. Quando arrivò Bianca glielo gettai tra le braccia, per quanto l'operazione fosse alquanto ostacolata dalla folla, dai bigliettai e dai numerosi ammiratori di Bianca, quando li vidi ballare contro il lenzuolo candido di quella luce che ormai a me era odiosa, potei, emozionato, riprendere il filo, ma quello autentico, della mia gioia domenicale. Pier Paolo Pasolini Nel 1947 Pasolini scrisse il lungo racconto Douce che, con ogni probabilità, progettava di inserire nella raccolta Atti impuri. Ma questo resoconto di un corteggiamento è rimasto inedito, conservato da un testimone unico. Ne pubblichiamo un passo centrale.

Persone citate: Menichini, Oreste Pubblichiamo, Pasolini, Pier Paolo Pasolini, Zigaina