Andreofti: sulla mafia sono inattaccabile

Andreofti: sulla mafia sono inattaccabile Palermo: i pm rinunciano a interrogarlo, lui a sorpresa fa una dichiarazione spontanea Andreofti: sulla mafia sono inattaccabile Ai giudici: «Contro di me molta inesperta fantasia» PALERMO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «La mafia era l'ultimo argomento su cui mi si poteva attaccare». Parole di Giulio Andreotti che ieri ha iniziato la sua lunga autodifesa (durerà, a quanto pare, quattro o cinque udienze) in tribunale a Palermo dov'è imputato di concorso in associazione mafiosa. A proposito del sostegno di Salvo Lima che, ad avviso del pm, fu determinante per l'affermazione nella de in campo nazionale della sua corrente, Andreotti ha rilevato: «Ci vuole molta inesperta fantasia per sostenere che l'appoggio di Lima mi avrebbe tolto dal ghetto laziale». Quando conobbe Lima (il potente politico palermitano poi assassinato dalla mafia che, secondo la Procura, aveva legami mafiosi) Andreotti aderiva alla corrente «Impegno Democratico» in cui figuravano anche altri leader come Mariano Rumor ed Emilio Colombo. Lima invece era fanfaniano. «La Procura stranamente s'è guardata bene dal chia¬ mare in causa il precedente referente romano», ha detto Andreotti aludendo ad Amintore Fanfani. Il senatore ha quindi evidenziato che allora lui era già stato per sette anni sottosegretario a Palazzo Chigi e per nove anni ministro (Finanze, Tesoro, Difesa e Industria). Insomma, un politico tutt'altro che di primo pelo. «La mia origine politica è stata sempre individuata in De Gasperi - ha proseguito -. A Palermo i magistrati vorrebbero ricondurla invece a Lima, ma non ternano né i conti, né il buonsenso». Andreotti ieri ha letto 64 cartelle scritte al computer, pagine che ha indicato come la parte introduttiva della più ampia esposizione che illustrerà nelle prossime udienze, a cominciare da quella di martedì 27. Dopo che i pm hanno rinunciato a interrogarlo, Andreotti ha deciso di rendere «dichiarazioni spontanee». Altre ne aveva già fatto in precedenza durante il processo, ma limitatamente a puntualizzazioni, a qualche colpo di sciabola nel lunghissimo duello con i pm inviati in aula da Gian Carlo Caselli. Ieri Andreotti ha anche accennato alle sue «fortune elettorali» (nel Lazio otteneva più di 400 mila voti ed era il recordman italiano delle «preferenze») e ha ripercorso la storia della de sin dagli anni della clandestinità e poi dal 1947 allorché esordì come sottosegretario nel governo di De Gasperi che - ha voluto precisare - fu «guida indiscussa del movimento democratico cristiano». Andreotti ha parlato di tutto e di tutti: di Nato e Patto Atlantico, Moro e Berlinguer, dello scandalo Lockheed e del crollo di Giovanni Leone, degli anni di piombo del teirorismo e del craxismo. «Pensavo di poter dedicare i miei ultimi anni di vita lavorando serenamente a Palazzo Madama su alcune ricerche storiche - ha anche detto. - E non immaginavo davvero l'imboscata che si stava organizzando, da cui però, per grazia di Dio, non sono stato annientato e sono qui a difendere non la mia verità, ma la verità». Antonio Ravidà

Luoghi citati: Lazio, Lima, Palermo