Che cosa resta dei 900 giorni di Prodi

Che cosa resta dei 900 giorni di Prodi La mortadella, la bicicletta, la grande famiglia: un repertorio che non esclude un ritorno Che cosa resta dei 900 giorni di Prodi QROMA UINDI l'Appennino ascoso, il Pendolino scivoloso, la fortuna spudorata, la cabala del venerdì 17, la lattaia entusiasta della liberalizzazione del commercio, la passeggiata la domenica dopo la messa, la signora Flavia con il velo dal Papa (s'arrabbiò Lidia Menapace) e con il chador dagli iraniani (se la prese il trockista Maitan), la maglia di Indurain regalata da Aznar, la forma di parmigiano donata a Kohl, il culatello per Blair, il castello di Gargonza e perfino quei pantaloncini da ciclista «fasciami su coscioni potenti» come ha scritto Giuliano Ferrara - che la Vestebene Miroglio, incautamente, ha inteso lanciare a «Milano collezioni 1998» come «i prodini»... Materiali per una eventuale fantasmagoria prodiana ormai a rischio. Perché sembra un secolo la, e invece è appena ieri. Si potrà mai dimenticare l'Ulivo? La visita devozionale del presidente del Consiglio a Canneto Sabino, ad esempio, quel corteo di potenti che come in un film, o in un sogno, si ferma a rimirare un colosso di 1500 anni e 15 metri per sette di diametro? Non solo, ma il sottosegretario Parisi e l'onorevole Angius apparivano pure contrariati perché secondo loro ce n'era uno più grande, in Sardegna, che faceva più olive. E quante metafore accanite, allora, quante favole assurde, quanti cortocircuiti fioriti anche sull'olio. A un certo punto, per dire il clima di folklorizzazione spinta, si sparse la voce che ai vertici Prodi regalasse quello proveniente dalla masseria di Di Pietro. Ricordi sempre più lontani, magari prossimi all'oblio. Mode, modelli, comportamenti, identificazioni e rassicurazioni profonde. La famigliona di Prodi, ad esempio. C'era sempre qualche nipote che si sposava o si faceva prete. E sempre il presidente interrompeva la routine politica e correva a quelle cerimonie, così mostrando a lui stesso e agli italiani una precisa gerarchia esistenziale, quali sono le cose che contano nella vita. Le vacanze a Bebbio, lo sport, la bicicletta, il ciclismo, sport volontaristico, socievole ed ecologico (anche con la Digos appresso). Perché sì, certo, la crisi di governo incalza, la memoria si accorcia, la tv non lascia traccia, i leader si bruciano più rapidamente e questi sono tempi compressi e anche abbastanza crudeli. Però, accidenti, un po' fa anche impressione l'illacrimata e velocissima sepoltura del personaggio e dell'immaginario che Prodi ha posto e in qualche modo ha imposto all'attenzione del pubblico per due anni e mezzo. Qualcosa che va al di là del successo politico dell'Ulivo e degli indubitabili meriti del governo. Un complesso di messaggi, indizi, immagini e rappre¬ sentazioni, un potere personalizzato e simbolico che di colpo viene depositato in archivio. Avanti un altro, si passa a D'Alema o a chi per lui. Ma di Prodi, che pure ha ispirato un paio di film, tre-quattro canzoni, decine di epigrammi, centinaia di vignette e decine di migliaia di articoli, ecco, di Prodi cosa resta? La velocità dei tempi di consumo, c'è da dire, è del tutto indipendente dalla sua volontà e invece molto dipendente da un si- stema dei media che rincorre le suggestioni dell'insolito e si smarrisce nelle semplificazioni ai limiti della caricatura. Forse, nella fretta verso la possibile dimenticanza, gioca anche un effetto-saturazione, una certa sindrome di sazietà. Troppo Prodi, forse, o troppo uguale a se stesso. Come la mortadella, del resto, che alla lunga ti fa venire un fegato così. Il cibo, oltretutto, del cui richiamo strategico e seduttivo la politica si sta riappropriando pro¬ prio in questi anni, appare sin dall'inizio una specie di emblema del prodismo. La provenienza emiliana, la stessa faccia sorridente del leader, la sua serena pinguedine suggerivano un benessere alla portata di tutti. Fatto sta che appena divenuto presidente del Consiglio Prodi è stato proclamato quasi all'unanimità dalla gloriosa Accademia italiani) della cucina, fondata da Orio Vergani, il miglior testimonial della gastronomia italiana all'estero. Questa sua dimensione tutto sommato gaudente andava perfettamente d'accordo con le virtù di una cultura economica spiegata a tutti e quindi alla mano, e soprattutto con la rappresentazione di una fede tranquilla, apparentemente campagnola, eppure moderna. Per restare ai riconoscimenti pubblici basti sapere che qualche mese fa un centinaio di creativi sondati da Gentemese l'hanno dichiarato conduttore ideale di programmi religiosi in tv. In altre parole, il Prodi che da bambino, prima di servire messa, rubava il vino al prete (come Chirac, Kohl e Santer) sanziona e garantisce quest'immagine forte che un po' sembra anche il prolungamento meta-politico del mondo de in via di estinzione. Per il resto si può dire tranquillamente che con Prodi, straordinario incassatore, la politica ha trovato una sponda di sicura civiltà: pochi strilli, niente minacce, giusto un yffhcl sfuggitogli alla volta del senatore La Loggia. E diro che l'hanno pizzicato su Nomisma («Che iniziò / con gli scavi archeologici sui misteri di Atlantide» secondo uno sfottò di Gaio Fratini), sulla seduta spiritica di via Gradoli e, sempre in tema mangereccio o comunque agroalimentare, sulla vendila della Cirio-De Rica-Bertolli. Di caratteristico, la stagione prodiana ha riportato in auge una intensa giovialità, di cui è difficile non essere grati al presidente. La sua risala contagiosa, perciò («Dai, Walter, sorridi, tanto una bella avventura come la nostra non l'ha inai vissuta nessuno!»), l'abbraccio forte (fortissimo a Pantani: «Mi raccomando: mangia sempre piadine!»), la pacca sulla spalla e i cori, infine, con spiritual e canti della montagna, della messa, dei partigiani e degli scout. Se l'Italia aveva bisogno di affetto, come si riprometteva, Prodi gliel'ha dato. Di lui rimarranno, probabilmente, anche l'accento emiliano, certe parole {wdagiooo», cassie mehh») quel caratteristico bofonchio che, sempre secondo Ferrara, «riflette al millimetro la nuova Italia» e un congruo numero di foto strepitose. Prodi con cuffietta bianca da scienziato, Prodi con il berrettino e gemelli Ruggeri, Prodi sciatore imbacuccatissimo e Prodi in costume da bagno, telefonino all'orecchio, giornali sotto braccio e scarpe da ginnastica ai piedi. Un repertorio che non esclude affatto un ritorno. Filippo Ceccarelli Pacche sulla spalla e cori scout Se l'Italia aveva bisogno di affetto lui gliel'ha dato Strepitoso in foto: scienziato in cuffietta bianca, sciatore imbacuccatissimo e in costume Qui sopra il pullman elettorale dell'Ulivo a sinistra in alto il premier con la sua bicicletta e, a destra, la moglie Flavia con il chador Accanto il castello di Gargonza e, sotto il premier con la moglie Flavia in costume da bagno durante le vacanze estive

Luoghi citati: Ferrara, Italia, Milano, Sardegna