lo staffetta di Raffaella Silipo
lo staffetta lo staffetta Venti giorni di voci e smentite E pensare che solo ieri si schermiva, con orgogliosa ironia: «Io premier? Figuriamoci, noi siamo figli di un Dio minore...». Quella della candidatura D'Alema a Palazzo Chigi è la curiosa storia di una disinformazione abilissima, di una scalata cauta e attenta a cancellare ogni traccia, di un sogno ardimentoso di cui pochi hanno intuito, e solo a sprazzi, l'entità e soprattutto la tempistica. Il primo, onore al merito, è stato Giuli anone Ferrara, e infatti ieri sera gliel'hanno riconosciuto un po' tutti, dal Tg5 di Mentana al «Pinocchio» di Lerner. Lui, che Massimo lo conosce da ima vita, fin dal 26 settembre scrive sul Foglio: «D'Alema anticipa la sua candidatura a premier». L'ipotesi del cambio al timone, dice Ferrara, «è emersa in ima conversazione con Bertinotti: "E se a Palazzo Chigi andassi io?" "In questo caso si vedrà"». L'affermazione, «pervenuta al Foglio da fonte autorevole», precisa Ferrara, viene subito smentita dallo staff dalemiano, all'epoca in trasferta in Argentina. Il leader ds, a onor del vero, si limita a glissare: «Io premier? - dice alla Stampa il 29 settembre - basta che sia d'accordo la maggioranza dell'Ulivo. Beninteso non escludo questa eventualità... è un problema che riguarda il molo, non il sottoscritto». Poi, il 2 ottobre, l'editoriale della Stampa: «Staffetta dietro l'angolo». «La soluzione che si delinea - vi si legge - è quella di un cambio della guardia a Palazzo Chigi. Dunque, staffetta tra Prodi e D'Alema, premier di sinistra sull'onda del nuovo assetto europeo. Ma occorre che Prodi sia d'accordo». E proprio questo accordo sembra difficile. La domenica dopo, infatti, siamo al 4 ottobre, esce una lunga intervista di Veltroni al Corriere della Sera. «D'Alema premier? - dice il vice Prodi -. Un'aspirazione legittima. Ma questa aspirazione, per essere concretizzata, dovrà essere sanzionata dal voto degli elettori». Praticamente un no. Nemmeno una settimana, e il 9 ottohre arriva la crisi: fra i nomi nel «toto premier» si fa, naturalmente, anche quello di D'Alema. Ma non è fra i papabili, anzi. Tutti parlano del superministro economico Ciampi, semmai del presidente del Senato Mancino. Poi, il reincarico a Prodi sembra smorzare ogni altra ipotesi. Finché ieri Repubblica annuncia: «Crisi, tocca a D'Alema». L'editoriale argomenta: «Spetta al centrosinistra proporre una soluzione l'orto al Capo dello Stato. E la candidatura più rappresentativa è certo quella di D'Alema... Se Prodi se ne assume la responsabilità, salirà a Palazzo Chigi dallo scalone principale». E staffetta fu. Raffaella Silipo
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