LUCA, DOVE VAI? di 1. D.
LUCA, DOVE VAI? LUCA, DOVE VAI? «Carovana», dubbi di un disco difficile LO scriviamo con molta sincerità: Luca Carboni - che martedì riascolteremo al Salone al fianco del suo antico pigmalione Lucio Dalla - ha uno stile, il suo stile, che non è fatto per piacere al primo ascolto. Spieghiamo. Luca lo sa. La sua parlata un po' trascinata, questo ultimo album dove non c'è neppure una canzone con quello che gli addetti ai lavori chiamano «tiro», non lo annoverano fra i cantautori più facili. Lorenzo (Jovanotti, grande amico di Carboni) fa un bello sforzo per farci credere che questo sia uno dei dischi più belli che abbia mai sentito. Non ci crediamo e, forse, non ci crede neanche lui. Carboni ha inciso un disco intitolato «Carovana», che sembra il facile compitino di un uomo/artista a corto di idee. A meno che non siate un fanatico/a del cantautore, provate a mettere il ed nel vostro lettore e, mentre sta suonando, leggete un libro, navigate in Internet, insomma, fate altro. Il risultato di questa «prova» vi darà un'impressione strana. Le canzoni non si assomigliano l'una all'altra... no. Però sono brani che seguono un filo compositivo-melodico-sintattico drammaticamente sottotono. L'autore, in occasione dell'uscita del disco, ci ha detto: «Questo è un lavoro nato e ideato all'insegna dell'essenzialità. Ho prodotto tutto il materiale sonoro a casa mia grazie a un computer con un programma di home-recording mentre gli editing e il resto l'ho fatto in studio con Mauro Malavasi». Ecco, Malavasi. Uno dei produttori italiani per eccellenza. L'uomo che può, a buon diritto, condividere il merito della maggior parte dei successi di Lucio Dalla negli ultimi dieci anni. Nel disco di Carboni ci sono al cune cose carine suonate e arrangiate come si de ve, data la partecipazione di turnisti d.o.c. come Jimmy Villotti, Daniele Dell'Omo, Mauro Patelli, Antonello Giorgi, Bruno Mariani e Michele Vanni ma proprio per la presenza di questi signori ci si poteva aspettare qualcosa di più. In definitiva, massimo rispetto per la cultura assolutamente «non popolare» di Carboni, ma un consiglio: meno filosofia, più ritmo. [1. d.]
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