E LUI SOGNA

E LUI SOGNA E LUI SOGNA E LUI SEGATO alla placenta generosa, racchiuso e trepido, il grumo di cellule sogna. L'embrione partecipa della vita, dunque. Pensieri, nessuno: segni che lo fanno sobbalzare nelle sue tenebre amniotiche e che svegliano, però, intorno a lui, una vita di cui non è consapevole ancora. C'è chi lo vezzeggia, chi lo aspetta con ansia e gli chiede che cosa diventerà, c'è già anche chi lo odia. C'è perfino chi lo teme. Su questo, che non è ancora che se stesso, indefinibile forma di una vita che ignoriamo quasi completamente (possiamo, credo, dire di che è fatto e perché vive, ma «come» esso viva, non so...) abbiamo la possibilità di muoverci anche a guerra o di imporre, pare, di diventare diverso da quel che è. Di più: lo si può rifiutare, ne¬ OGNA garlo, in una parola, vietargli l'accesso ad un'esistenza che sarebbe, infine, il compimento di un viaggio. Chi sa dove può portarci tutto questo nostro sapere. C'è chi guarda con terrore ad un'ingegneria genetica che produrrebbe mostri asserviti a chi sa qual volontà, sempre nefasta; c'è chi immagina un'umanità di eccellenti, fors'anco esentata dal soffrire, certo, partecipe di infinite meraviglie dell'intelletto. Intanto quello che chiamiamo embrione, nell'attesa di dargli il nome di feto per guardarlo con occh: del tutto diversi, cresce e sogna In lui ci sono già infinite vite, ahinoi! Un animaletto ha incontrato un uovo e da lui è passato in questo un patrimonio di vite trapassate: c'è, in quell'embrione (e la sigla, nella sua semplicità, è perfi- no troppo rassicurante) quel Dna che ne fa uno scrigno di tempo. Dunque dobbiamo credere che è una creatura che vive. E certo lo è. Forse ha bisogno, più che di una tutela, dei riguardi che spettano ad una persona; e non è piccolo paradosso che usiamo questa parola, che nacque per la suprema delle finzioni dell'individuo, per indicare - o chiamare? - qualcuno (o qualcosa) che individuo è, ma non ancora persona... Embrione, feto: due parole che vorrebbero indicare realtà umane (lo si può dire?), diverse, ma, forse, è uno di quegli escamotage con i quali cerchiamo di sfuggire a chi sa quali timori, a chi sa che inquietudini. Quel che sappiamo, per certo, è che in quel grumo c'è la stessa vita che difendiamo in noi e che non abbandoneremmo a nessuno. E' sempre più febbrile l'interrogativo che ci dobbiamo porre, necessariamente, considerato quanto ci si stia accanendo in ricerche che su questo sono indirizzate ma chi sa se ne verremo presto a capo. Ci intralcia il sapere e ci ostacola il calcolo della nostra so pravvivenza e anche il desiderio un poco frenetico di diventare sempre più prossimi ad una perfe zione biologica che ci deve confer mare nel nostro dominio sulla natura. Come risponderanno a tante domande i saggi radunati nell'Areopago? Ci lasceranno con mille interrogativi, come quando sono partiti o come quando siamo ri masti ad ascoltarli. La vita continuerà a tormentarci. Pure, sem bra, non è che una cosa semplicis sima. «Un sepalo, un petalo, una spina / in un qualunque mattino d'estate / Un brillio di rugiada, un'ape o due / Una brezza / Un fre mito negli alberi / Ed eccomi, ro sa!». Piero Ferrerò

Persone citate: Pensieri, Piero Ferrerò