Una mostra per i 50 anni di Israele di una NASCITA NAZIONALE di Mirella Appiotti

Una mostra per i 50 anni di Israele di una NASCITA NAZIONALE Una mostra per i 50 anni di Israele di una NASCITA NAZIONALE Giovedì 15 ottobre alle 18 si inaugura all'Archivio di Stato la mostra fotografica «SO anni di Israele. Dal sogno alla realtà», che ripercorre la storia dello Stato di Israele. La rassegna resterà aperta sino al 4 novembre con orario: martedì, mercoledì e venerdì 10-18; giovedì 10-22; sabato e domenica 10. 13/15-18. Ingresso gratuito (dalla piazzetta Mollino). UN Paese che, nato da un'ideologia laica ottocentesca come il sionismo e più tardi sulle ceneri dell'Olocausto, ha messo insieme sulla sua terra d'origine un popolo esiliato duemila anni prima, sterminato per più della metà. E adesso è una democrazia moderna, con un'high-tech formidabile, con banche, ospedali, istituzioni giuridiche e di assistenza pubblica che fanno l'invidia del mondo...». Nessun viatico potrebbe essere più efficace di questa sintesi di Fiamma Nirenstein per chi si accinge a percorrere dal 15 ottobre al 4 novembre i 50 anni di Israele (la mostra itinerante arriva da Trieste dove ha avuto quest'estate una larghissima audience) in una sede «perfetta» secondo Sarah Kaminski, la presidente dell'Associazione Italia-Israele di Torino che con ospiti illustri, Giulio Disegni, Marco Brunazzi, Tibi Schlosser, relatore Alberto Soggin, inaugura la manifestazione, «perché la nostra vicenda ha avuto molte affinità con il vostro Risorgimento». Una mostra che già nel sottotitolo Dal sogno alla realtà ci invita non a un semplice omaggio, ma a «entrare» insieme in una delle avventure più ardue, affascinanti e irripetibili di questo secolo e non solo. Immagmi non «ritoccate», commenti non trionfalistici per una sorta di affresco dove il dramma, le guerre, il terrorismo, la sfida ad una natura avara, si addolcisce spesso in squarci di serenità e di leggerezza, gli «scatti» sui primi concerti rock, sulle maschere nella parata del Purim, sulla corona di una miss Universo, sui grandi musicisti, da Rubinstein a Bernstein a Zubin Mehta che a Gerusalemme come a Tel Aviv, ad Haifa hanno celebrato le vittorie e ricordato i morti. Si parte, come doveroso, da Theodoro Herzl, il vero padre della patria ante litteram che ebbe «l'incredibile visione dello Stato ebraico mentre gli ebrei non possedevano nulla» e che nel 1897 aprì a Basilea il primo congresso sionista sulle note della Hatikva, l'inno della speranza (nel maggio scorso risuonato per tutta Israele). Un contadino a cavallo davanti a una bianca tendopoli evoca la nascita del kibbuz Ein Harod nel 1921 nella valle di Jezreel, che tuttavia era stato preceduto dall'ormai «mitico» Degania; del '25 è la nascita dell'Università ebrai¬ ca sul Monte Scopus a Gerusalemme, del '47 le immagini dell'Exodus, la tragica nave con 4554 profughi diretti «a casa», catturati dagli inglesi e riportati in Europa. Una sola foto, la più atrocemente celebre, quella del bimbo con il berrettino a visiera e le braccia alzate, ci riporta al '43, al ghetto di Varsavia e quindi alla Shoah; non c'è davvero bisogno di più di questo per «non dimenticare». E si arriva a quel 14 maggio '48 (30 aprile per il calendario ebraico), il giorno in cui l'alto commissario britannico sale sulla corvetta che, staccando gli ormeggi, segna la fine del potere inglese mentre gli Stati arabi sferrrano l'attacco al nuovo Stato. Israele inizia la Guerra d'Indipendenza, la prima di tante battaglie che saranno via via la campagna dei Sinai nel '56; undici anni dopo la Guerra dei Sei Giorni; nel '73 la risposta all'aggressione dello Yom Kippur di Egitto e Siria e, non meno terribile, la Guerra del Golfo vissuta dagli israeliani nel ruolo di testimoni-bersaglio. Ma intanto il Paese caparbiamente cresce, lotta contro la povertà, organizza un assetto sociale solidissimo (pur in mezzo a contraddizioni) dovendo comunque tragicamente convivere con attentati e stragi in continua escalation sino all'assassinio di Rabin che rende il cammino verso la pace sempre più difficile. «Un viaggio nei nostri 50 anni che per il pubblico torinese - aggiunge la Kaminski più che una scoperta sarà soprattutto una verifica. Da sempre ma in special modo negli ultimi dieci anni a Torino si è fatto un notevole lavoro di informazione e di studio sull'ebraismo. E questo è un importante punto di partenza anche per rileggere la storia con obiettività». Mirella Appiotti L'arrivo nel porlo di Haifa di un gruppo di immigrati dal Marocco negli Anni Sessanta Una mostra per i 50 anni di Israele di una NASCITA NAZIONALE