La sua utopia per il millennio che viene

La sua utopia per il millennio che viene FOTO STORY DI UN REGNO La sua utopia per il millennio che viene Così immagina la Chiesa nell'età del «pentimento» da vent'anni che Papa Wojtyla sta puntando al Duemila. Lo ha rivelato subito, all'inizio del pontificato, nella sua prima enciclica Redemptor hominis. Quella data per lui è una meta di grande fascino, gravida di significato. Duemila non è soltanto l'anno del Giubileo, il Grande Giubileo, che è a coronamento di duemila anni di storia della Chiesa o della cristianità, l'anno di penitenza per il perdono dei peccati dei cristiani in questo secolo e nel millennio che tramonta. Duemila è anche il secolo che arriva, è il terzo millennio del cristianesimo. Come Mose ha condotto l'antico popolo ebraico, attraverso il Mar Rosso, nella Terra Promessa, così egli vuole far entrare il suo popolo di credenti in quel nuovo spazio di tempo. Il suo è un pontificato che cammina verso il terzo millennio del cristianesimo. Per quella nuova stagione dell'umanità e del popolo cristiano Wojtyla si nutre perfino di utopia. La sua immagine è stata per anni quella di un pontefice condannante, l'uomo che ha dato giudizi furenti e squalificanti su questi anni che viviamo. Ha detto: «Questo secolo ventesimo di falsi profeti e di falsi maestri sarà ricordato come un'epoca di attacchi massicci contro la vita, un'interminabile serie di guerre e un massacro permanente di vite umane in¬ nocenti». Il «millenarismo» che usciva dalla sua parola, dai suoi gridi, era come una specie di terrore etico che egli lanciava sugli uomini della nostra società. Così, con quel volto duro di giudice, è arrivato fino agli anni che si avvicinavano al tramonto del secolo. Poi, con il fluire del tempo verso il Duemila, il suo volto si è come addolcito. Non ha cambiato le sue condanne, ma ora la sua parola, e non solo perché è faticosa per la vecchiaia o per la malattia, vuole diventare rassicurante. Ora egli svolge una specie di «teologia della tenerezza», la tenerezza di Dio che si manifesterà nel Duemila, il tempo del pentimento dell'uomo e il segno del cuore di Dio. La tenerezza e la misericordia di Dio erano l'esperienza del popolo di Israele nel Vecchio Testamento; la bontà e la dolcezza di Gesù sono ora l'esperienza del popolo dei credenti in Cristo. Wojtyla ha espresso questo sentire nella sua lettera apostolica Tertio Millennio Adveniente, con la quale ha inteso preparare il grande Giubileo del 2000. Ha citato il salmo: «Il Signore libererà il povero che invoca e il misero che non trova aiuto e avrà pietà del debole». «C'è sempre all'opera», ha scritto, «con premura materna la mano invisibile della Provvidenza». E ancora: «La Chiesa riconosce sempre co- me propri, davanti a Dio e davanti agli uomini, i figli peccatori». Un giorno, in una parrocchia di Roma, ha parlato della colomba biblica, uscita dall'arca di Noè, alla fine del diluvio, e che rappresentava la rappacificazione di Dio con la terra degli uomini. «Non ci saranno diluvi, cioè castighi di Dio sulla Terra», spiegava Wojtyla, «il mondo ha valore agli occhi di Dio». Egli dà perfino una lettura di fiducia a questa nostra storia tormentata di fine secolo. «Non abbiate paura», dice citando sant'Agostino, «questo non è un mondo vecchio che si conclude, è un mondo nuovo che ha inizio». Ritorna forse in lui, da vecchio, la visione che ebbe un giorno lontano in una sua poesia, dove contemplava la primavera che sorgeva dal gelo, la terra fredda che si avvicinava al Sole di Dio: «La nostra terra si avvicinerà al sole...». La visione che egli ha ora e che vuole trasmettere a tutti è addirittura un trapasso da un secolo ventesimo di acuta secolarizzazione a un rifiorire cristiano nella società. E' la persuasione, ma forse l'utopia, di Karol Wojtyla. «Io sono persuaso», afferma ancora, «che il Duemila renderà nuovamente presente il grande mistero della fede. Siamo incamminati verso questo prossimo evento storico e cristiano. Un cammino che av¬ vicina e umsce». Il Papa che era apparso apocalittico per il secolo ventesimo diventa profeta di speranza per il millennio che sta per venire. Egli serba in sé un progetto ben preciso per il Duemila, quasi un simbolo di questa ritrovata vicinanza a Dio e di questo cammino che unisce gli uomini: salire sul Monte Sinai, anche appoggiato al suo bastone e con il suo passo faticoso, il Monte dove Mose si era scalzato e prostrato davanti al Signore apparso nel roveto ardente; salire non da solo, ma accompagnato da altri credenti in Dio, ebrei e musulmani, e da altri credenti in Cristo, ortodossi e protestanti. Far vedere al mondo, da lassù, quasi l'inizio dell'avverarsi della sua utopia: che tutti gli uomini ritrovino la Terra Promessa, che tutti gli uomini ridiventino Popolo di Dio. E' il sogno dell'ultimo viaggio, nel Duemila, del Pontefice itinerante, del Papa «vagabondo». «Mi hanno chiamato "nuovo Mose"», ha detto, «e come Mose finirò il mio errare in Terrasanta. Finora ho vagabondato per tanti Paesi, ma alla fine devo arrivare là, a quei luoghi santi». «Alla fine», ha ripetuto sorridendo. Domenico Del Rio «Un nuovo vescovo di Roma. Lo hanno chiamato da un Paese lontano... lontano. Non so se posso spiegarmi nella vostra... nostra lingua italiana. Se sbaglio mi corriggerete» «Nell'istante stesso in cui cadevo in piazza San Pietro ho avuto il vivo presentimento che mi sarei salvato... Una mano ha sparato, un'altra ha guidato la pallottola» «Quello che ci siamo detti è un segreto fra me e lui. Gli ho parlato come si parla a un fratello che ho perdonato e gode della mia fiducia» ROMA, 16 ottobre 1978. Il Conclave, iniziato solo due giorni prima, si conclude con una sorpresa: non un papa italiano, ma uno straniero, un polacco. ROMA, 13 maggio 1981. Alle 17,18 Mehmet Ali Agca, 23 anni, turco, condannato a morte per omicidio ed evaso da una prigione militare di Istanbul spara con una Browning calibro 9 due colpi al ventre del Papa, che miracolosamente sopravvive ROMA, 27 dicembre 1983. il Papa ha voluto «completare» il perdono offerto ad Agca subito dopo l'attentato andando a trovarlo nella sua cella a Rebibbia. Il colloquio durerà ventuno minuti; l'inizio e la fine sono stati filmati

Luoghi citati: Israele, Istanbul, Roma