Sen, la rivincita dell'economia reale di Mario Deaglio

Sen, la rivincita dell'economia reale VERDETTO A STOCCOLMA L'Accademia cambia rotta dopo il Premio '97 ai virtuosi dei calcoli astratti e dell'Ltcm Sen, la rivincita dell'economia reale //Nobel all'indiano che ha riscoperto le ragioni del Welfare Con l'assegnazione del Nobel 1998 per l'Economia ad Amartya Sen, l'Accademia reale di Svezia contribuirà certamente a dissolvere le nubi addensatesi sul Nobel 1997.1 premiati di allora, infatti, Robert Merton e Myron Scholes, grandi virtuosi dei calcoli finanziari, sono coinvolti nel collasso finanziario del fondo Long Term Capital Management. Si può dire che Sen rappresenti, per certi versi, l'opposto di Merton e Scholes e di una concezione «arida» dell'economia. Come molti economisti matematici, infatti, Merton e Scholes hanno costruito i loro modelli sull'ipotesi di base che le condizioni politiche e sociali possano essere considerate, entro certi limiti, delle costanti; è stato precisamente il venir meno di quest'ipotesi, con la crisi finanziaria russa, a far fallire i loro calcoli e a dare il via a un disastro finanziario da calcolare. Sen, al contrario, considera queste condizioni come variabili. La sua analisi, che non ha alcuna pretesa previsiva, si colloca ai confini tra l'economia e la filosofia politica e morale. Nato nel 1933 da una famiglia benestante del Bengala, la sua vita di studioso fu segnata da un episodio della sua infanzia. Come raccontò egli stesso in una conferenza a Torino nel 1990, quando gli venne assegnato il Premio Agnelli, aveva 10 anni quando, un mattino, vide un uomo inagrissimo, con gli occhi sbarrati e le guance scavate, aggirarsi nel giardino di casa sua alla ricerca di cibo. Erano i tempi dell'ultima, grande carestia indiana e, vent'anni più tardi, le ricerche del giovane Sen furono in grado di stabilire che, a quei tempi, la disponibilità di cibo nel Bengala non era particolarmente bassa. Mancava, invece, un sistema adeguato di riconoscimento del diritto di base ad accedere a questo cibo. Ebbe così inizio un lungo percorso intellettuale che portò Sen a considerare come intrecciate tra loro le libertà «positive» e «negative» che il pensiero politico e filosofico aveva tenuto rigorosamente separate. In estrema (e inadeguata) sintesi, egli afferma che i valori di libertà non possono essere goduti al di sotto I di certi livelli di benessere e che è essenziale il modo in cui la società stabilisce chi ha titolo a questi livelli. Al normale concetto di benessere come godimento, ed eventuale redistribuzione, di risorse {welfare) tipico dell'analisi economica, egli tende a sostituire quello di well being: uno «star bene» che implica che si prendano in considerazione le specifiche capacità e attitudini degli individui. Gran parte della sua ricerca ha riguardato la definizione e la misura di questo benessere. Sen delinea così una teoria della scelta sociale che lo pone in polemica con l'utilitarismo e con i suoi moderai riscopritori, quali Vickrey (un altro recente premio Nobel) e Harsanyi. «C'è mia componente di paternalismo» ha scritto, «nella pretesa degli utilitaristi di organizzare la società in modo da condurre le persone al risultato dell'utile massimo, invece di lasciar loro maggiore libertà, compresa quella di commettere degli errori». La sua posizione può essere considerata come intermedia tra la dottrina utilitarista e la dottrina fondata sui diritti e lo porta a delineare una particolare teoria della scelta sociale, a considerare i mercati in chiave filosofica e a concludere che «per il mercato, la realtà giustifica una lode moderata, nulla di meno ma non molto di più». In questo quadro si inserisce il suo giudizio sul processo di unificazione europea. Secondo Sen, le priorità dell'Europa devono essere la riduzione della disoccupazione e l'eliminazione della povertà; nei programmi per l'introduzione della moneta unica egli vede prevalentemente dei «piani tecnici», mi passo verso l'attuazione di quel mercato che giustifica solo lodi moderate. La sua vita ò stata quella di moderno «chierico vagante». E' trascorsa in una lunga successione di università, da quelle indiane di Jadaipur, Calcutta e Delhi, a quella inglese di Oxford, a quelle americane di Stanford e Harvard. Tornato in Inghilterra, è da quest'anno «Master» del prestigioso Trinity College nella più che prestigiosa università di Cambridge. Dotato di un ricco patrimonio culturale indù, Amartya Sen (che sposò in prime nozze un'italiana, Eva Colorai, prematuramente scomparsa) sorprende per le sue ardite sintesi. Si muove a suo agio tra i testi in sanscrito del filosofo Kautilya, quelli ebraici del Deuteronomio e quelli inglesi degli economisti recenti. Dopo le complicazioni tecniche degli economisti finanziari, questo premio rappresenta per l'Economia una vera boccata d'ossigeno. Mario Deaglio L'Accademia delle Scienze di Stoccolma ha assegnato ieri il Nobel per l'Economia all'indiano Amartya Sen, docente a Harvard, primo asiatico ad ottenere questo riconoscimento. Qui accanto l'economista indiano Amartya Sen

Luoghi citati: Calcutta, Cambridge, Europa, Inghilterra, Oxford, Stoccolma, Svezia, Torino