Fracci, il tutù come la vita di Luigi Rossi

Fracci, il tutù come la vita Torino, applausi per la prima mondiale di «L'heure exquise», da Beckett Fracci, il tutù come la vita La danzatrice interpreta se stessa perBéjart TORINO. Carla Fracci con Béjart per la seconda volta. L'unico precedente risale al lontano 1977 quando interpretò all'Arena di Verona il famoso «Bolero» che non ha mai più ripetuto. Ieri sera al teatro Carignano, per TorinoDanza, la nostra popolare danzatrice ha creato la novità liberamente desunta da «Giorni felici» di Samuel Beckett che Béjart ha intitolato, altrettanto ironicamente, «L'heure exquise». I due titoli (e l'originale «Oh, les beaux jours!») potrebbero richiamare l'ungarettiana «allegria di naufraglii», un disperato omaggio alla vita e qui, forse, all'arte. Come è noto la protagonista di Beckett si presenta immersa nella sabbia che gradualmente la seppellisce fino al collo. La Fracci restituisce invece un'immagine del tutto ballettistica, è infatti imprigionata in una gigantesco tutù, una sorta di simbolico monumento alla sua carriera ed ai suoi ricordi di danzatrice. La Fracci recita se stessa, proprio come ha voluto il coreografo, che intendeva addirittura conferire al personaggio il suo stesso nome. L'idea di questo balletto è venuta a Béjart ripensando alla prima interprete di Beckett, la grande attrice Madeleine Renaud che inter¬ pretò il personaggio di Winnie a sessantanni, pressappoco l'attuale età di Carla, imprimendo alla sua carriera una significativa svolta, dai classici della Comédie Frangaise alla più audace avanguardia. Il discorso vale solo parzialmente per la Fracci che, nel suo sterminato catalogo esecutivo, non comprende soltanto classici ma anche titoli contemporanei e, soprattutto, opere ispirate al teatro, dal prediletto Shakespeare fino a Pirandello e a Eduardo. Il personaggio maschile che figura accanto alla protagonista avrebbe dovuto essere assunto dallo stesso Béjart, che si è rammaricato di non avere più l'età per sostenerlo. In compenso è stato affidato ad uno dei suoi allievi prediletti, non per nulla anche versatile attore e coreografo, come Micha van Hoecke, pure in questa occasione incisivo caratterizzatore della misteriosa presenza che incombe sulla icona che emerge dall'impianto scenico di Roger Bernard, curatore anche delle arcane luci. A commento della «liturgia», come la definisce l'autore, sono musiche di Webern, Mozart e Mahler, compositori prediletti da sempre dal coreografo francese. E poi rare parole e molti silenzi incantati per tradurre in danza quella che Béjart definisce «la migliore pièce del XX secolo». Grandi applausi per Carla Fracci, che è uscita dal suo guscio beckettiano, ove ha recitato in francese e in italiano, per riprendere la sua vera natura di ballerina in struggenti e lievi danze esaltate da incantevoli braccia. Anche il grottesco mimo Van Hoecke è stato apprezzato dal pubblico, che ha acclamato a lungo Béjart uscito al termine della rappresentazione. Luigi Rossi Carla Fracci e Micha van Hoecke nello spettacolo

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