Hollywood, gara di lacrime di Lorenzo Soria

Hollywood, gara di lacrime Da Connery alla Stone, le star cercano melodrammi con amori, malattie, abbandoni Hollywood, gara di lacrime Risposta ai kolossal catastrofici LOS ANGELES. Come accade ogni anno, con il cadere delle foglie d'autunno Hollywood cambia marcia: finisce la stagione degli «Armageddon» e dei «Godzilla» e inizia quella dei cosiddetti film «seri», di quelle produzioni che ambiscono al riconoscimento dei critici e soprattutto agli Oscar. Ma quest'anno, assieme con la competizione per le statuette, sembra essersene aperta una parallela per il film che fa piangere di più: da Meryl Streep a Brad Pitt, da Julia Roberts a Sharon Stone passando per John Travolta e Robin Williams le stelle del cinema americano saranno impegnate in film che costringeranno lui, lei e anche i bambini a fare largo uso di fazzoletti. Una formula né nuova né originale. Negli Anni 40 e 50 attrici come Joan Crawford, Bette Davis e Olivia de Havilland hanno conquistato i loro Oscar facendo spudoratamente leva sulle emozioni del pubblico. Anche nel turbolento periodo a cavallo tra gli Anni 60 e 70, melodrammi quali «Love Story» e «Come eravamo» hanno trovato la loro nicchia e sono diventati degli enormi successi. K «Titanico, in fondo, che cosa è se non un'altra storia di un grande amore ostacolato da circostanze esterne? Ma non era mai accaduto che di colpo, nell'arco di pochi mesi, uscissero così tanti film tutti assieme che costringono gli spettatori a lasciare le sale con il volto umido e Roger Gould, uno psichiatra che pratica a Los Angeles, offre una spiegazione. «Di cmesti tempi - dice -, gran parte della gente ha troppo da fare per mettersi ad ascoltare i problemi del resto dell'umanità o semplicemente pei' riflettere sulle proprie vite. E una sala cinematografica può essere un veicolo molto sano per sfogare le proprie emozioni». Il primo melodramma della stagione, «One true thing», ha visto Meryl Streep nella parte di una madre con una malattia terminale che riesce finalmente ad aprire un rapporto con la figlia (Renee Zellweger). In testa alle classifiche di questi giorni troviamo «What dreams may come», in cui Robin Williams ama così tanto sua moglie che 0 loro amore trascende il suo passaggio nell'Aldilà. «Forse sarà la fine del millennio, la paura dell'ignoto», commenta il produttore Stephen Si¬ mon. «Certo, il pubblico sembra rispondere molto alle emozioni». Ma passiamo ad altri film. «The Mighty», che ha come co-protaginista Sharon Stone, narra la storia di un 'agazzino nato con una grave malaria congenita e che fa una fine molto poco hollywoodiana: muore. «Beloved», il film tratto dal bestseller di Toni Morrison ambientato negli anni subilo dopo la fine dello schiavismo, ò un altro film che farà sicuramente piangere e Jonathan Demme, il regista, non cerca scuse. «Quando vado al cinema come cinespettatore, pago per le emozioni», sostiene. Una visione che sembrano condividere anche due attori che di solito evocano immagini sessuali e non di lacrime: Brad Pitt e Julia Roberts. In «Meet Joe Black», Pitt sarà nientedimeno che La Morte e An¬ thony Hopkins, co-protaginista, ha spiegato la storia con queste parole: «Che cosa devo dire? Si tratta di un film grande e lacrimoso». In «Stepmom» la Roberts sarà invece la nuova girlfriend di Ed Harris in continua lite con la sua ex moglie, Susan Sarandon, sinché scopre che quest'ultima ha un tumore. Grandi lacrime, dunque, anche se Wendy Finerman, la produttrice, precisa che «non saranno obbligatorie». Infine, con Natale, esce «Dancing about architecture», la storia di una coppia in crisi (Sean Connery e Gena Rowlands) e dei loro amici che discutono di amore, di relazioni e di emozioni. E che, avvertono i produttori, avrà un'altra caratteristica: sarà difficile non piangere. Lorenzo Soria Julia Roberts protagonista di due film lacrimosi, «Stepmom» e «Meet Joe Black»; a sinistra, Sean Connery impegnato con Gena Rowlands nella storia di una coppia in crisi in «Dancing about architecture»

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