L'impero dei Tutsi di Domenico Quirico
L'impero dei Tutsi L'annessione strisciante firmata Ruanda L'impero dei Tutsi POCHE volte il presente si è trasformato in passato più velocemente che in Africa centrale. Per i geografi è ora di rimettere di nuovo mano alle carte: bisogna cambiare nomi, ridisegnare confini, inserire nuovi vocaboli. Il Congo, che ha conservato la sua unità attraverso anni procellosi, sopravvissuto perfino alle unghie rapaci di Mobutu e dei suoi sgherri, non esiste più. Con la caduta di Kindu la parte orientale del Paese (i due Kivu) è nelle mani dei ribelli e dei loro padrini ruandesi, che ora si apprestano a annettere l'altra fetta di quell'enorme boccone minerario costituito dal Katanga. Il disegno di Rigali, che ha irrobustito la «sedicente» e anemica rivolta congolese con il suo rutilante apparato bellico, è evidente: creare una grande zona cuscinetto, uno Stato vassallo affidato a proconsoli scelti tra i banyamulenge, la minoranza di origine ruandese del Kivu, eterna quinta colonna per tutte le invasioni e rivoluzioni. Un Congo tutsi, che avrà la frontiera naturale costituita dal fiume Zaire. All'ex alleato Laurent Kabila verrà concessa la parte Ovest. Per il piccolo Ruanda, sovrappopolato e privo di risorse, piagato dai reciproci massacri interetnici, ma prussianamente convinto della propria superiorità razziale, è l'a- gognato spazio vitale, il coronamento del sogno secolare di un impero dei Grandi laghi. E ancora: il forziere che assicura i mezzi per alimentare la guerra infinita contro i fratelli-nemici hutu. L'attacco a Kinshasa, bloccato dagli alleati di Kabila Angola e Zimbabwe, era una diversione: il vero obiettivo del grande burattinaio, Paul Kagame, uomo forte ruandese, è sempre stato questo. Nelle zone liberate, dietro il fragile paravento di un governo di unità nazionale con alcuni Quisling congolesi, sta nascendo una nuova arnministrazione e soprattutto si sfruttano le enormi ricchezze naturali. Pro¬ prio in questi giorni il governo provvisorio ha annunciato che le scuole apriranno regolarmente; l'esercito ruandese procede con tranquilla discrezione al suo macabro lavoro: la pulizia etnica dei profughi e miliziani hutu superstiti. Paul Kagame ama spesso ripetere che i tutsi, immersi nel mare di un paese popolato per l'85 per cento da hutu, sono come gli ebrei, che, dopo un olocausto, lottano per sopravvivere. E l'ossessione della sicurezza muove la sua ingarbugliata e ombrosa personalità verso passi analoghi a quelli di Israele: creare zone di sicurezza nell'illusione di rimuovere il fantasma del «nemico». Ouella che sta lacerando il Congo non è una guerra civile: è un nuovo capitolo della guerra dei Grandi Laghi che potrà durare decenni e che ha scelto il Congo come campo di battaglia. I vecchi rivoluzionari marxisti degli Anni Sessanta, Kabila, Mugabe, Dos Santos, lottano contro i nuovi despoti modernisti (ma altrettanto spietati) degli Anni Novanta, Kagame e l'ugandese Museveni. Washington ha finora puntato sui giovani lupi. Ma la partita non è ancora finita e forse bisognerà rimescolare il mazzo alla ricerca della carta buona. Domenico Quirico KisongontO \ INGO I KINSHASA Kindu ranni
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