Milosevic in tv: ho salvato la Serbia di Giuseppe Zaccaria

Milosevic in tv: ho salvato la Serbia Sì di Belgrado a una tregua, a una missione di controllo internazionale e a elezioni nel Kosovo Milosevic in tv: ho salvato la Serbia «Non ci saranno raid». Gli albanesi respingono l'accordo PRISTINA DAL NOSTRO INVIATO Nessun bombardamento, nessun rivolgimento, nessuna indipendenza, nessuna soluzione. La gigantesca commedia messa in scena nel nome del Kosovo - e da molti interpretata come vigilia di una terza guerra balcanica -, s'è interrotta ieri mattina con l'ennesimo, storico, fragilissimo accordo. Al telegiornale jugoslavo dell'ora di pranzo Slobodan Milosevic si rivolge alla nazione. Il messaggio è di quelli risolutivi, l'attesa che i serbi vivevano è stata drammatizzata da giorni: «Il pericolo di un intervento militare contro la Jugoslavia è escluso», racconta il «Capo», rilassato e ben pettinato come non mai. All'ultimo momento i colloqui col rude mediatore americano hanno permesso di raggiungere un'intesa: e questa intesa «sarà basata sull'affermazione dell'eguaglianza nazionale fra tutti i cittadini e tutte le comunità etniche nazionali del Kosovo». Il Grande Illusionista spiega al popolo serbo che «gli accordi raggiunti rispondono in pieno agli interessi del nostro Paese, della Serbia e dei cittadini del Kosovo. Adesso il nostro compito è quello di accelerare il processo politico e la ripresa economica». Un quadro esaltante, in apparenza, soprattutto dopo le settimane di incubo vissute dai serbi. Nello stesso momento, dal Presidente Clinton al mediatore Holbrooke, dai vertici della Nato a quelli dell'Osce, i commenti entu siasti sull'accordo si moltiplicano in geometrica progressione. Naturalmente, l'Alleanza Atlantica resta «col dito sul grilletto». Alle proposte di Milosevic la Nato ha risposto congelando l'intervento per 96 ore. Quattro giorni - che scadranno esattamente alle sette del mattino di venerdì prossimo - entro i quali la Jugoslavia dovrà tener fede ai suoi impegni. Gli impegni sono i seguenti: - Cessate il fuoco e ritiro dal Kosovo di tutte le forze speciali. - Invio di una «missione di controllo» internazionale composta da almeno 2000 uomini privi di armi. - Controllo aereo del Kosovo da parte di una forza congiunta russo-occidentale. - Immediata ripresa dei colloqui fra serbi ed albanesi e dei soccorsi umanitari. - Elezioni locali in Kosovo da fissare sotto la supervisione dell'Osce entro l'autunno dell'anno prossimo. Parrebbe il trionfo della diplomazia occidentale, la vittoria dell'ostinazione di Holbrook, in grado non solo di attivare la macchina Nato, ma di disinnescarla con la medesima rapidità. Epperò qualcosa ancora non quadra, e già valutando i primi elementi dell'accordo, emergono scogli su cui l'andamento delle cose sembra potersi incagliare. Anzitutto, parlando di osservatori internazionali, i serbi fanno ricorso ad uno slittamento semantico di qualche significato. In serbo-croato, osservatori si tradurrebbe «posmatraci», ma nell'accordo è scritto invece «verifikatori», che significa qualcos'altro. Traducendo letteralmente ed interpretando di conseguenza, «verifikatori» significa gente pagata dall'Occidente, spedita qui senz'armi ed in grado di muoversi solo di rimessa, senza possibilità di iniziativa, ma esclusivamente su invito di chi li prega di «verificare». Ossia i serbi. Un altro punto risulta completamente oscuro. Questa crisi era nata sull'emergenza umanitaria, sull'immagine di decine di migliaia di profughi rifugiati sulle montagne e destinati a morte si¬ cura con il sopravvenire dell'inverno. Adesso si apre la strada ad «interventi umanitari» che potranno svolgersi solo fra diversi giorni, quando le diverse organizzazioni avranno ripristinato strutture azzerate proprio dal timore di bombardamenti. Ma è il terzo punto a risultare decisivo. Sull'onda delle varie emergenze - molto spesso, incoraggiate - gli albanesi del Kosovo avevano avanzato una serie di richieste dai toni ultimativi. Autonomia, una polizia composta per i nove decimi da albanesi, un ministro degli Esteri, una totale autonomia economica, politica e militare. Ora, tutto questo (sia pure inquadrato in una generica espressione di buona volontà da parte serba) resta delegato ad una «riapertura di trattative» che inevitabilmente si scontrerà con il conflitto tra speranze e illusioni. Ieri, per esempio, commentando l'accordo appena raggiunto, Adem Demaci, portavoce dei guerriglieri dell'«Uck», diceva che l'armata degli albanesi è pronta a rispettare i termini del trattato, ma nello stesso tempo si riserva il «diritto all'autodifesa» e chiede l'amnistia per chiunque sia stato coinvolto, a qualsiasi titolo, in attività guerrigliere. Fra le tante vittime della repressione serba ci sono anche albanesi che hanno ucciso non solo poliziotti ed oppressori, ma anche contadini e padri di famiglia. Sarà molto difficile far digerire alla parte serba un progetto del genere. Demaci sostiene anche di avere ricevuto mandato di «controllare l'applicazione della tregua, l'esecuzione degli accordi e di ogni loro postilla». Pensare che questo anziano signore segnato da una vita in prigione possa diventare arbitro delle cose mette qualche inquietudine. La presidenza del «parlamento» degli albanesi del Kosovo da parie sua ha ribadito che l'indipendenza è «l'unica soluzione possibile» per la provincia aggiungendo che «la questione del Kosovo non può essere risolta nel quadro della giurisdizione serbo-jugoslava». L'accordo, comunque, è questo e da qualsiasi altra parte in queste prime ore viene celebrato come decisivo, anche se la decenza impedisce che si parli di un'altra piccola Dayton. A voler esercitare l'arte del pessimismo - che nelle cose balcaniche risulta essere sempre vincente - pare che non uno dei problemi di fondo sia stato risolto. Tra pochi giorni, si firmerà l'accordo per l'invio della «Forza di controllo» (secondo gli occidentali) e di «verifica» nell'accezione serba. Si spera che al più presto gli aiuti umanitari possano ripartire. Con una sincronicità perfida, proprio ieri il clima balcanico ha cominciato a virare verso l'inverno annunciando entro pochi giorni le grandi nevicate. Questo significa che molto presto i «media» di tutto il mondo saranno invasi da articoli sull'emergenza umanitaria, la gente sepolta sotto la neve, le famiglie albanesi ridotte in stato primitivo e l'importanza degli aiuti internazionali. Il problema centrale - quello dell'indipendenza che i kosovari reclamano, i serbi rifiutano e la comunità internazionale anche resta irrisolta. E' di cniesto che nei Balcani si parlerà per i prossimi anni. Giuseppe Zaccaria Ma già si profilano alcune divergenze nell'interpretazione del diktat di Richard Holbrooke Quattro giorni per appianarle I Besaret aveva solo 5 giorni, è morto di freddo nei boschi di Lanist. Per lui l'accordo tra Holbrooke e Milosevic è arrivato troppo tardi

Persone citate: Adem Demaci, Clinton, Demaci, Holbrooke, Milosevic, Richard Holbrooke, Slobodan Milosevic