Bartoli fa autocritica: «Non ero io il più forte» di Gianni Romeo

Bartoli fa autocritica: «Non ero io il più forte» Il capitano azzurro era il grande favorito del Mondiale ed è stato superprotetto dalla squadra, ma ha fallito: Bartoli fa autocritica: «Non ero io il più forte» «Camenzind ha vinto perché nelfinale volava» MAASTRICH DAL NOSTRO INVIATO Michele Bartoli era il grande favorito del campionato del mondo su strada. Quest'anno ha vinto molto, soprattutto la Coppa del Mondo, che premia il corridore piii completo e regolare della stagione. Tutti guardavano a lui, gli italiani con molte speranze, gli stranieri con molta paura. E' difficile che un favorito, in uno sport legato assai alle circostanze com'è il ciclismo, riesca a rispettare il pronostico. E quando a tre giri dalla fine e entralo insieme a Tali nella fuga buona, quando i due potenziali rivali si sono persino scambiati un abbraccio in corsa quasi a suggellare sotto le telecamere una pace che in gara non era mai venuta meno, in molti hanno pensato che questa volta sarebbe andata nel modo giusto. Gli altri azzurri, in sette addirittura, proteggevano la fuga del loro capitano facendo muro davanti al gruppo, era un autentico catenaccio come è raro vedere nel ciclismo. Ma il superprotetto Bartoli non ha vinto. E' arrivato terzo, come due anni fa a Lugano, anche se ha fatto meglio di un anno fa a San Sebastian (10"). Che cosa è successo, Bartoli? Aspetta un attimo a rispondere, come se volesse riordinare le idee. Si frega le mani, che evidentemente i guanti rossi usati in gara non hanno protetto a sufficienza dal freddo intenso. Poi parla: «Devo cominciare dalla sfortuna. Ma sgombriamo subito il campo, ha vinto il più forte. Non mi piace trovare scuse per giustificare un insuccesso». E allora, dove si è manifestata questa sfortuna? L'uditorio è attento. «Si è manifestata prima con un problema ai freni. Ho dovuto rallentare, inseguire. Poi con una foratura. Ho dovuto fermarmi, cambiare bicicletta, inseguire di nuovo». Cose piuttosto normali in una corsa, no? Risponde ancora, sempre pacato: «Meno normale, più avanti, la caduta. Scendevo agli 80 l'ora dal Bemelerberg, sono stato tamponato da un americano e buttato fuori. Era circa metà ga¬ ra. Potevo farmi davvero male, me la sono cavata con escoriazioni assortite e una gamba dolorante. Ma ho di nuovo dovuto cambiare bici; di nuovo inseguire. Forse quella benzina ini sarebbe poi servita alla fine...». Interviene qualcuno dall'uditorio, e gli suggerisce che forse la sfortuna più grossa è stata quella della foratura di Boogerd, l'olandese, nel finale. Boogerd, l'ha dimostrato poi anche nell'inseguimento, stava andando fortissimo e se non fosse stato appiedato proprio al momento dello scatto di Camenzind avrebbe potuto dare una mano decisiva, per chiude¬ re il buco come si dice in gergo ciclistico. Bartoli e molto onesto, nel rispondere. «Intanto bisognava vedere se poi avrei vinto in volata. E poi devo dire che Camenzind volava davvero, nel finale. Mi è mancata la gamba, non l'aiuto dell'olandese». E Van Petegem, il compagno d'avventura che poi sul traguardo gli ha soffiato la cosiddetta medaglia d'argento, è stato d'aiuto sufficiente? Possibile che in due contro uno non abbiano potuto raggiungere quel diavolo di svizzerotto? All'ultimo passaggio sul Cauberg lo avevano inquadrato nel mirino, erano a meno di cento metri. Che ci dice Bartoli di Van Petegem? Ne dice un gran bene: «Ha fatto il massimo anche lui, mi ha dato regolarmente il cambio. Niente da fare. Dopo 250 chilometri in quelle condizioni ambientali non fa più la differenza essere in due contro uno. Sono le gambe, che fanno la differenza». A proposito di questa coppia, radio corsa dice che Bartoli e Van Petegem si fossero guardati negli occhi, che ci fosse un tacito accordo in caso di volata, e il belga avrebbe aiutato l'italiano. Il quale avrebbe reso il favore mancato cedendo al compagno di viaggio il secondo posto. Citiamo la voce per dovere di... pettegolezzo, ma nessuno ovviamente è stato così indelicato da indagare o chiedere conferme a un Bartoli che non era molto in vena. E adesso, Bartoli? Delusione forte, si ricomincia daccapo? «Delusione forte, sì. Ho lavorato tutta la stagione per questo traguardo che ancora mi mancava. Anzi, mi manca. Ma ho la coscienza a posto, perché ho fatto il possibile. Si, si ricomincia il prossimo anno. Stessi obiettivi, stessa volontà di diventare il numero uno». Gianni Romeo La felicità di Camenzind mentre taglia il traguardo: il nuovo campione del mondo è lui

Luoghi citati: Lugano, San Sebastian