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Casalegno Casalegno «Novembre 77, così l'ho visto morire» Dal romanzo di Giampaolo Pansa Ti condurrò fuori dalla notte (Sperling & Kupfer) anticipiamo una pagina in cui il protagonista Bruno Viotti rievoca l'attentato a Carlo Casalegno. vicedirettore della Stampa. 10N è passato neppure un anno e nel novembre 1977 j ho visto morire a Torino il mio amico Casalegno. La ! verità che non ho mai avu- to il coraggio di scrivere è che, la sera dell'attentato, c'era gente che rideva, in città: li ho incontrati qua e là, ho litigato con loro. Quei sogghigni beffardi dicevano: se l'è cercata, Casalegno, sempre troppo intransigente, incapace di sfumature. E non erano in pochi a pensarla così. Al cancello 2 della Fiat Mirafiori, in corso Tazzoii, tra gli operai che uscivano ho sentito giudizi spietati. Uno mi ha chiesto di scrivere sul taccuino «Dieci, cento, mille Casalegno». Qualche parruccone della sinistra e del sindacato si è offéso per il mio articolo. Strillavano: troppo sensazionalismo! Molti anni dopo ho ricevuto una lettera da una signora che nei giorni di Casalegno studiava in un liceo scientifico di Torino. L'ho mandata a inente: «Ero una ragazzina e stavo seduta nel teatrino d'un liceo per un'assemblea studentesca. Vedevo intorno a me maglioni larghi, barbe incolte e voci forti. Ricordo bene la frase conclusiva di un comunicato approvato dall'assemblea: Casalegno bastardo. Quel proclama mi risuoua ancora nella memoria. Dove mi trovavo? In mezzo a dei ragazzi con qualche anno più di me o fra assassini?». L'anno successivo ho avuto di fronte Aldo Moro, dentro la famosa Renault 4 rossa, ucciso dopo un sequestro durato quasi due mesi. Era il maggio 1978. Moro aveva sessantun anni, e un aspetto pili vecchio della sua età: un'aria sempre estenuata, una voce faticosa da ascoltare, uno sguardo indecifrabile. 1 suoi occhi mi ricordavano quelli del cammello che fissa l'immensità del deserto e sembra non percepire nulla, anche se vede le cose che tu non vedrai mai. Giampaolo Pansa